Il caso Marielle Franco, il clan Bolsonaro e le domande senza risposta

di Francesco Guerra

Pubblicato il 2019-11-04

Con le sue parole, Bolsonaro ha, di fatto, confessato di essere entrato in possesso di prove relative al caso di Marielle Franco e del suo autista

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Il caso di Marielle Franco e del suo autista Anderson Gomes massacrati a colpi di pallottole, il 14 marzo del 2018 continua ad aleggiare pericolosamente sulla testa dell’attuale Presidente Jair Bolsonaro e più in generale su quello che in Brasile si è soliti definire con l’icastica espressione ‘il clan Bolsonaro’, oltre a Jair, i suoi tre figli, i quali non perdono occasione per creare problemi al governo in carica attraverso dichiarazioni e prese di posizioni esacerbate e del tutto fuori da qualsivoglia cornice istituzionale, fosse anche quella di una estrema destra escludente come quella brasiliana. Il caso Marielle è tornato a far parlare di sé dopo che la Globo, pochi giorni fa, ha di nuovo messo nel mirino Bolsonaro e i suoi mai chiariti addentellati con il potere delle milizie paramilitari, che ormai controllano ampie porzioni di Rio de Janeiro, non meno di quanto fanno le varie fazioni criminali sparse per la città.

 

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Il caso Marielle Franco, il clan Bolsonaro e le domande senza risposta

Una vicenda assai contorta questa relativa all’assassinio della povera Marielle e del suo autista, nella quale le uniche certezze sembrano essere quelle legate all’identità di tre componenti del commando, vale a dire gli ex-poliziotti militari Ronnie Lessa e Élcio Queiroz, in stato di arresto e in attesa del processo, e Adriano da Nóbrega, anch’egli ex-poliziotto militare, attualmente latitante, la cui moglie e madre lavorarono nella segreteria politica di uno dei figli di Bolsonaro, Flávio. Contorta per più di un motivo, a partire dal movente, allo stato attuale delle indagini ancora nebuloso, sino alle altissime protezioni di cui il commando si sarebbe beneficiato, se è vero, come è vero, che nel giorno dell’omicidio le telecamere prossime al luogo del massacro “stranamente” non erano funzionanti. Elementi, questi, che sollevano un mare di interrogativi, a cui ancora oggi non solo non si è riusciti a trovare risposta, ma che sembrano ogni giorno di più perdersi nel mare di fango della politica brasiliana, fatta di fake news, tweet ad effetto e lotte fratricide anche all’interno di uno stesso partito, come è il caso del PSL, il partito di Bolsonaro. Ma andiamo con ordine, cercando di capire quello che è successo in questi ultimi giorni.

Il circo mediatico-giudiziario brasiliano, di cui la Globo da decenni è ormai è il principale azionista, si è messo in moto nella serata di martedì, quando il Jornal Nacional ha divulgato la notizia che il Presidente Jair Bolsonaro sarebbe direttamente coinvolto nelle indagini sull’omicidio della deputata di Rio de Janeiro, Marielle Franco, e del suo autista, Anderson Gomes. Il giorno seguente, il Ministero Pubblico di Rio de Janeiro, che si occupa del caso, ha affermato che la deposizione del portiere, il quale aveva raccontato agli inquirenti che Queiroz, uno degli arrestati per la morte di Marielle, aveva chiesto di citofonare presso l’abitazione di Bolsonaro il giorno dell’omicidio, non corrisponde alle registrazioni del sistema di comunicazione in possesso degli stessi inquirenti. A questo punto, l’immarcescibile Globo, mercoledì sera, sempre attraverso il Jornal Nacional, efficiente macchina del fango giornalistica brasiliana, facendo un passo indietro, aveva dichiarato che la perizia, concernente le registrazioni audio del locale dove il portiere lavora, era stata conclusa soltanto nella stessa giornata di mercoledì.
Alla ridda di stranezze intorno a questo caso si è però aggiunta, nella giornata di sabato, la dichiarazione, a dir poco sconcertante, del Presidente Bolsonaro, il quale ha dichiarato di avere preso egli stesso le registrazioni delle telefonate realizzate tra la portineria e le ville del condominio Vivendas da Barra, prima che tali audio fossero adulterati. Bolsonaro, tuttavia, non ha menzionato la data nella quale ritirò, personalmente, le registrazioni in oggetto. I due rappresentanti dell’opposizione alla Camera e al Senato, rispettivamente Alessandro Molon del PSB e Randolfe Rodrigues della Rede annunciarono che depositeranno una denuncia per ostruzione alla giustizia contro Bolsonaro presso la Procura Generale della Repubblica.

marielle franco bolsonaro

La luce sinistra su clan Bolsonaro

Questo perché, con le sue parole, Bolsonaro ha, di fatto, confessato di essere entrato in possesso di prove relative al caso di Marielle Franco e del suo autista. Come se non bastasse, il Presidente ha dichiarato di dirsi certo che l’attuale Governatore di Rio de Janeiro, Wilson Witzel, sarebbe coinvolto in questa operazione architettata contro di lui con l’intento di tirarlo direttamente dentro le indagini sulla morte della deputata. Il lato bislacco di queste accuse mosse nei confronti di Witzel è che questi l’anno passato è stato eletto non solo in quota PSL, lo stesso partito di Bolsonaro, ma, più ancora, sull’onda lunga del bolsonarismo. Siamo, pertanto, dinanzi a due ordini di questioni: la prima riguarda i possibili addentellati, anche solo indiretti, che potrebbero legare il clan Bolsonaro all’omicidio di Marielle Franco e del suo autista, mentre la seconda investe la notte dai lunghi coltelli, che, ormai da settimane, si sta consumando all’interno del PSL con scontri continui tra Bolsonaro e l’attuale leader del PSL alla Camera, il Delegado Waldir, e adesso col governatore di Rio de Janeiro, Witzel. Le due questioni, peraltro, possono anche leggersi come irrelate, postulandosi come veri, eventualmente, tanto i succitati addentellati dei Bolsonaros nel caso Marielle Franco come pure che ad organizzare la “trappola” degli audio sia effettivamente stato Witzel, ovviamente in combutta con gli investigatori e i procuratori che seguono le indagini.

Postulati, dunque, scenari nebulosi e assai poca chiarezza su chi possa avere commissionato il duplice omicidio, su chi eventualmente poteva sapere e su quali possano essere le alte protezioni di cui il gruppo di fuoco miliziano si è beneficiato per compiere un tale massacro. Pur mancando più di una tessera, affinché questo puzzle possa dirsi concluso, con riferimento agli audio della portineria del condominio dove Bolsonaro e il killer a pagamento Ronnie Lessa vivono, viene fatto di chiedersi, perché il presidente Bolsonaro abbia sentito il bisogno di entrare in possesso di materiali sensibili delle indagini prima che, come dice lui stesso, tali audio fossero adulterati? E da chi esattamente sarebbero stati adulterati? Se, come sembra, uno dei membri del commando che uccise Marielle Franco non cercò Bolsonaro tramite la portineria, perché tanta premura da parte del Presidente nei confronti di quelle registrazioni? Domande, che, di nuovo, gettano una luce sinistra sul clan Bolsonaro e sulle sue salde e oscure relazioni col sub-mondo criminale legato alle milizie di Rio de Janeiro. Domande, però, forse, destinate a rimanere, come spesso succede a queste latitudini, senza risposta.

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