I fratelli Bianchi dovranno risarcire la famiglia di Willy Monteiro

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-07-09

Non solo la pena carceraria: Marco e Gabriele Bianchi, insieme a Francesco Belleggia e Mario Pincarelli dovranno risarcire i parenti di Willy

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Nessuna cifra di denaro potrà restituire Willy Monteiro alla sua famiglia, questo è vero. Ma il riconoscimento di un danno è di per sè, insieme alla pena che è stata inflitta ai fratelli Marco e Gabriele Bianchi, insieme a Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, il senso della giustizia. Ecco perché i quattro sono stati condannati anche a risarcire ai parenti di Willy una cifra consistente.

I fratelli Bianchi dovranno risarcire la famiglia di Willy Monteiro

Come ha infatti deciso la corte d’assise di Frosinone, oltre alla condanna che pe rMarco e Gabriele Bianchi consiste nell’ergastolo mentre Francesco Belleggia e Mario Pincarelli dovranno scontare rispettivamente 23 e 21 anni di carcere, i quattro dovranno corrispondere alla famiglia Monteiro Duarte un risarcimento che ammonta a una cifra di 550mila euro. Nel dettaglio ai genitori del ragazzo ucciso andranno versati subito 200mila euro ciascuno, mentre alla sorella spetta immediatamente la cifra di 150mila euro. Successivamente verrà loro corrisposta la restante parte del risarcimento.

Ancora in questi giorni la famiglia di Willy deve sopportare le conseguenze del delitto che ha portato loro via un figlio. Proprio ieri la mamma di Monteiro Duarte ha denunciato come la vicenda sia stata strumentalizzata sui social attraverso una falsa lettera che lei non ha mai scritto al figlio ma è diventata ugualmente virale:

“Nanetto mio adoratissimo, ti chiamo come ti ho sempre chiamato, anche se ormai eri un gigante.
Non riesco ancora a realizzare che non potrò più rivederti, abbracciarti, sentire la tua voce o il suono delicato della tua risata, quando mi parlavi dei tuoi progetti promettendomi che tutto sarebbe andato bene.
Che non saremmo mai più stati poveri, che le nostre vite sarebbero state finalmente felici. Ma la felicità non è una scelta e qualcuno, assetato di una violenza che tu nemmeno immaginavi potesse esistere, ha diviso le nostre strade condannandoci al pianto.
Sono stata fortunata a essere la tua mamma. Non avevo altra felicità che te. Oggi mi sento così fiera ripensando a tutti i sacrifici che ho fatto per renderti quel ragazzo generoso e leale che eri. Lo sei rimasto fino alla fine, fino al tuo ultimo respiro.
Mi riempio di orgoglio perfino ricordando quegli stracci con cui realizzavo i pannolini che non potevamo permetterci o i pentolini arrugginiti nei quali riscaldavo il latte donatoci dalla parrocchia. Quante notti trascorse in piedi perché piangevi e quante notti passate a sussurrarti la ninna nanna per farti addormentare! Gesti compiuti un’infinità di volte: quelli che trasformano una piccola creaturina in un uomo.
Poi, però, arriva qualcuno e, dopo 21 anni di piccoli e grandi sforzi quotidiani, ti porta via. Quando ormai sei uomo. Quando ormai sei sul punto di raccogliere i frutti dei tuoi e dei nostri sacrifici.
Non meritavi, figlio mio, così tanto odio, così tanta follia. Ma io resterò qui ad aspettarti perché sono una mamma. E la mamma ti aspetta sempre, anche quando sa benissimo che non tornerai”.

Da qui l’appello perché termini anche questa strumentalizzazione.

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