Giuseppe Matarazzo: il pedofilo ucciso per vendetta
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2018-12-29
Era uscito di cella solo un mese prima: aveva scontato la pena a 11 anni e mezzo per violenze commesse su due ragazzine. Erano due sorelle, minori, e una di loro si tolse la vita nel 2008
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Giuseppe Matarazzo, pastore di 45 anni, è stato ucciso a Frasso Telesino, paese del beneventano, nel luglio scorso. Era uscito di cella solo un mese prima: aveva scontato la pena a 11 anni e mezzo per violenze commesse su due ragazzine. Erano due sorelle, minori, e una di loro si tolse la vita nel 2008. La trovarono impiccata ad un albero, non lontano da casa.
Giuseppe Matarazzo: il pedofilo ucciso per vendetta
Le indagini dei carabinieri, coordinate dal pm Francesco Sansobrino e dal procuratore capo di Benevento Aldo Policastro, ora confermano che si è trattato di un delitto su «commissione». I due arrestati, Generoso Nasta e Giuseppe Massaro, 30 e 55 anni, agirono su input: sicuri di non essere riconosciuti, perché entrambi provenienti da altre cittadine. E tra gli indagati — mancava evidentemente un quadro indiziario tale da consentire la misura cautelare — c’è anche il padre dell’adolescente che pagò la vergogna degli altri con la propria vita. I mandanti, insomma, secondo la ricostruzione fornita anche in conferenza stampa, «sono da individuare nell’ambito familiare di quella minore, rimasta due volte vittima». Ma «uno Stato di diritto non può tollerare la vendetta».
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Nasta è accusato di aver fatto da autista e di aver fornito l’arma del delitto, la 357 Magnum detenuta legalmente (insieme ad un fucile). Massaro avrebbe fornito l’auto, una Croma, e partecipato all’ideazione del piano. Gli inquirenti stanno cercando l’esecutore materiale: e sono certi che anche l’uomo che ha fatto fuoco contro il pastore abbia agito a volto scoperto, forse anche per pronunciare qualcosa, o per guardarlo meglio in faccia.
I manifesti funebri di Giuseppe Matarazzo
Sui manifesti funebri Teresa Matarazzo, sorella di Giuseppe, aveva fatto scrivere a luglio un manifesto funebre in cui denunciava un presunto complotto ai danni del fratello: “E’ morto atrocemente senza alcuna colpa. Infangare la memoria di un uomo rappresentano gli unici rimedi per lavare un presunto onore e o forse alleggerire le proprie colpe”.