Perché il giudice Ranazzi ha assolto Virginia Raggi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-11-11

Le motivazioni della decisione del tribunale di Roma: il nodo delle prove e quello del dolo

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Il Messaggero oggi spiega perché il giudice Roberto Ranazzi ha assolto Virginia Raggi. Ranazzi, giudice moderato che non è iscritto a correnti della magistratura, ha valutato le prove intorno al reato di falso e il concetto di dolo:

La formula scelta è «il fatto non costituisce reato», così come lo definisce il primo comma dell’articolo 530 del Codice di procedura penale. È un’assoluzione con formula piena che, ironia della sorte, potrebbe aggravare la posizione di Raffaele Marra. Sintetizzando all’estremo: il giudice sembra dire che è possibile che Marra abbia compiuto un abuso d’ufficio avvantaggiando il fratello,facendogli avere una promozione.

Ma visto che il sindaco non era cosciente di quel che combinava Marra i casi sono due: o ha detto quel che sapeva, o sapeva che stava dichiarando cose parzialmente diverse della realtà, ma non era cosciente di coprire un accordo ben più grave. Per essere considerato tale, il falso ideologico ha bisogno di un «dolo»: la persona che commette il fatto deve essere cosciente che quel che fa danneggia altri.

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Falso ideologico, punito penalmente, non è ogni dichiarazione falsa fatta in un atto pubblico da un pubblico ufficiale, ma quella in cui si vuole coscientemente dare una rappresentazione distorta dei fatti, generalmente per coprire altri reati. L’intero processo si è giocato proprio su questa consapevolezza e sul valore di due presunti elementi di prova.

Il primo sarebbe una mail in cui l’assessore che aveva preso Renato Marra a capo dipartimento ringraziava il braccio destro della Raggi per avergli segnalato il fratello: la sindaca era stata messa in copia. La sua difesa ha sostenuto che lei non abbia mai letto quel messaggio. Il secondo è la chat con cui la prima cittadina, quando scoppia la polemica, rimprovera il braccio destro di non averla avvertita dell’aumento di stipendio a Renato. Per i pm è la prova che lei sapesse che Raffaele ha gestito praticamente tutte le nomine e l’ha coperto. Ma per il giudice, evidentemente, questa tesi non regge.

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