Giappone, gli anziani che commettono reati per andare in carcere

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-03-29

Cosa spinge gli anziani giapponesi a commettere piccoli furti nei supermercati? A quanto pare la possibilità di godere di un soggiorno “tutto compreso” in carcere costituisce una valida alternativa al vivere sotto la soglia di povertà

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Il Giappone è uno di quei paesi dove l’età media della popolazione è molto alta e dove ci si aspetta che – in un futuro non troppo lontano – a causa dell’invecchiamento degli abitanti e del basso tasso di natalità il numero di abitanti sia destinato a ridursi drasticamente. I giapponesi che hanno più di 65 anni sono all’incirca il 26% della popolazione complessiva e si stima che nel 2060 gli over sessantacinque saranno addirittura il 40% (ovvero all’incirca 37 milioni di persone). Una delle conseguenze è che nello stesso periodo il paese del sol levante passerà dagli attuali 127 milioni di abitanti a circa 90 milioni. Ma la conseguenza più eclatante, spiega oggi il Financial Times, è che gli anziani risultano essere la fascia di popolazione che commette più crimini.

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Le statistiche che mostrano un aumento dei reati di taccheggio in relazione alla fascia d’età over 65. Fonte Financial Times

Il boom del crimine geriatrico

Un’altra credenza popolare sulla società giapponese è che gli anziani siano tenuti in grande considerazione. A quanto pare non è così, almeno non dal sistema pensionistico. Riguardo al boom di criminali “anziani” non stiamo parlando di vecchi samurai della Yakuza condannati per crimini efferati (in realtà i crimini violenti sono sostanzialmente in calo) ma di normali pensionati che finiscono in galera per taccheggio e altri reati minori. A rivelarlo è una statistica dell’agenzia nazionale di polizia che nei nei primi sei mesi del 2015 ha arrestato o sottoposto ad indagine 23.656 over 65 (un aumento del 10,8% rispetto al 2014), nello stesso periodo nella fascia d’età tra i 14 e i 19 anni sono state indagate solo 19.670 persone con un calo del 15,3% rispetto all’anno precedente. È stata la prima volta in cui dal 1989, anno in cui in Giappone si iniziò a tenere statistiche dei crimini per fascia d’età, gli anziani superano i giovani. Avvisaglie di questo trend erano però state viste già nel 2014 e negli anni precedenti ma è stato nel 2015 che la situazione è esplosa in tutta la sua drammaticità. Si è scoperto infatti che gli anziani taccheggiatori non delinquono unicamente per venire incontro alle necessità della vita quotidiana e per rimpolpare il magro assegno pensionistico. A quanto pare il carcere è visto anche come una soluzione “assistenziale” a buon mercato utile anche per uscire da quella situazione di isolamento e solitudine nella quale è costretto il 40% degli anziani giapponesi. Stando ad alcune statistiche attualmente un ospite su cinque del sistema carcerario giapponese ha più di sessant’anni.

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fonte: http://www.custprd.com/rsch/Crime%20in%20Japan%20-%20Geriatric%20Jailbirds.pdf

Shoplifters of the World, unite and take over

Si tratta di un fenomeno non nuovo, in crescita da almeno un decennio, la cui causa è senza dubbio l’aumento del costo della vita al quale gli anziani giapponesi non riescono a fare fronte unicamente con la propria pensione. Ecco quindi che farsi arrestare e finire in prigione, mantenuti a spese dello stato, sembra a molti una soluzione ideale per uscire da una situazione di povertà o di quasi povertà. Questo naturalmente si traduce in un maggior esborso per l’apparato statale che deve prevedere l’istituzione di centri di detenzione “per anziani” con un’adeguata assistenza sanitaria. È comprensibile quindi che per molti anziani questa possibilità (vitto e alloggio gratis e accesso a cure gratuite) sia vista in modo favorevole, soprattutto se l’alternativa è tentare di tirare avanti da soli con pochissime risorse economiche. Il taccheggio poi è considerato un reato minore che non comporta pene particolarmente severe però dal 2002 ad oggi è aumentato di quarantotto volte il numero di persone che sono state condannate più di sei volte per il furto di beni in un supermercato. Le prigioni rischiano di diventare così uno strumento assistenziale il cui costo va a gravare sul welfare in un modo molto più pesante di quanto un’eventuale riforma del sistema pensionistico possa eventualmente fare. C’è inoltre da rilevare come l’ipotesi del soggiorno in carcere vada anche a “risolvere” un altro dei problemi sociali del Giappone: il suicidio. Anche se non è corretto dire che tutti i suicidi degli over sessanta siano causati da motivi economici, dovendo scegliere tra una – breve (un paio d’anni) – permanenza in prigione e una soluzione più drastica è probabile che il taccheggio e le condanne per reiterazione del reato vengano viste come il proverbiale male minore. Alcuni condannati avrebbero infatti commesso nuovamente il reato una volta usciti di prigione per poter essere incarcerati di nuovo. La cosa davvero preoccupante, ma che in realtà sappiamo tutti molto bene, è che il peggiorare delle condizioni economiche costringe tutti a trovare modalità “creative” per sopravvivere. in Giappone una fetta consistente di pensionati ha scoperto che si vive meglio in carcere che fuori. Fino ad ora il fenomeno è relativamente contenuto nelle cifre (stiamo parlando di qualche migliaio di carcerati) ma essendo in aumento non è impensabile che possa diventare in futuro un problema ben più grave,  non solo per le casse dello stato ma per la società nel suo complesso.

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