Ma allora chi sono i franchi tiratori che hanno affossato il ddl Zan?

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-10-27

Il rimpallo di responsabilità tra Italia Viva che risponde alle accuse, puntando il dito contro alcuni senatori (ignoti) del Partito Democratico e del MoVimento 5 Stelle

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Lo stop al disegno di legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo ha provocato una profonda ferita all’interno dell’ecosistema del Centrosinistra. Perché, dopo la votazione in Senato (con l’approvazione della cosiddetta “tagliola” con voto a scrutinio segreto) è iniziato il rimpallo di responsabilità sui franchi tiratori che hanno affossato il ddl Zan. Un balletto di accuse che coinvolge Italia Viva, Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle. Una battaglia aperta su un fronte che, oramai, si è chiuso (se si deciderà di far tornare in auge questo testo si dovranno attendere almeno sei mesi per la ripartenza dell’iter dalle Commissioni) e che lacera – ancora una volta – i rapporti interni a quella coalizione che sembra essere sempre più fittizia.

Franchi tiratori ddl Zan, ora c’è il rimpallo di responsabilità

Il numero dei franchi tiratori ddl Zan è ancora incerto. Secondo le aspettative della vigilia, infatti, all’appello mancherebbero almeno 16 senatori che – secondo le indicazioni iniziali – avrebbero dovuto votare favorevolmente. Poi è arrivata la mossa del centrodestra, con la “tagliola” e il voto segreto che ha rimescolato le carte.

“Noi ci aspettavamo 140 voti di chi era a favore del ddl – fanno sapere da fonti interne ai dem – e quindi contro la tagliola, ne mancano all’appello almeno 16”

Alla fine, dunque, 154 parlamentari hanno detto sì al blocco della discussione sugli articoli e solamente 131 hanno provato a dire no. Non riuscendo. E il dito è stato puntato immediatamente contro Italia Viva.

Il partito di Matteo Renzi (assente a Palazzo Madama perché impegnato in Arabia Saudita), da tempo aveva chiesto ad Alessandro Zan (primo firmatario del disegno di legge che porta il suo nome) e al Partito Democratico di sedersi a un tavolo anche con il Centrodestra per ridiscutere alcuni principi cardine presenti nel testo (con tanto di presentazione di numerosi emendamenti). Ma la “trattativa” non è mai andata avanti, arrivando fino alla giornata di oggi con il disegno di legge affossato con voto segreto e la “tagliola”. La stessa Italia Viva, però, rispedisce al mittente ogni addebito. Così Teresa Bellanova:

“Come era evidente, alla fine sono mancati i numeri. Nonostante il voto compatto di Italia Viva, 23 franchi tiratori tra Pd, Leu e M5S, affossano il Ddl Zan. Vengono al pettine i nodi di chi a parole dichiarava di essere per la legge, mentre nei fatti era interessato unicamente al consenso. Oggi il Paese ha perso l’occasione di portare a casa una legge di civiltà”.

Secondo il partito di Renzi, dunque, i franchi tiratori ddl Zan sono all’interno dell’ecosistema del centrosinistra. Una posizione sostenuta anche dalle parole della senatrice Maria Elena Boschi.

“Oggi si è verificato quello che abbiamo paventato da mesi, così la cecità e l’ostinazione di pochi ha fatto affossare una legge necessaria al Paese. Noi siamo quelli che hanno portato a casa la legge sulle unioni civili, loro hanno giocato sulla pelle di persone che meritavano una legge, non delle bandierine. Lo dico con amarezza perché fino alla fine ho sperato di sbagliare le previsioni, ma purtroppo è andata come avevamo immaginato. Un vero dispiacere”.

Dal Partito Democratico, invece, continuano a sottolineare l’ambiguità di Italia Viva durante tutto l’arco di questi mesi (fin dalla prima discussione dopo l’approvazione del testo alla Camera dei deputati). Così come sostenuto anche da alcuni esponenti del MoVimento 5 Stelle. Ma anche all’interno dei dem è iniziata l’analisi di questa “sconfitta”. Le parole di Andrea Marcucci, infatti, segnano il passo attorno a questo esito nefasto:

“Sono amareggiato per l’esito del voto del Senato. Per mesi ho messo in guardia in tutti i modi per una gestione fallimentare del provvedimento. Alla positiva apertura del segretario Letta, non è seguita una linea volta a trovare un accordo. Credo che il Pd dovrà interrogarsi a fondo su quanto è avvenuto”.

Sta di fatto che l’interrogativo sui franchi tiratori non offre una risposta certa. Perché, visti i numeri, appare evidente come la decisione di votare a favore della “tagliola” – bloccando il ddl Zan – non sia arrivata da una “voce” univoca. Il coinvolgimento di senatori di diversi partiti (con particolare riferimento a Italia Viva, Pd, M5S) è confermato da quell’equazione fatta alla vigilia che prevedeva un numero molto più elevato di voti favorevoli alla legge (e quindi contrari alla “tagliola”).

Cerno si è astenuto

In attesa di conoscere (ma la risposta potrebbe non arrivare mai) chi ha indossato i panni del franco tiratore oggi in Senato, dalla sponda PD arriva una voce fuori dal coro. Quella del senatore Tommaso Cerno all’adnKronos: “Questo esito sul ddl Zan era ampiamente prevedibile. Io non ho partecipato al voto. D’altronde, non mi hanno ascoltato quando dicevo che il testo era nato vecchio, che andava modificato. Non hanno ascoltato l’unico gay dichiarato del Senato. Non hanno ascoltato nemmeno Letta quando auspicava la condivisione. L’ho detto e ridetto che Zan non è Mosè e quel testo non è quello del dio dei gay. Questo modo di procedere, anche da parte del Pd, senza ascoltare, senza accettare un contributo, è stato omofobo”.

(Foto IPP/Fabio Cimaglia)

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