Economia
Flessibilità, in pensione prima con il prestito dell'azienda
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2015-10-06
Allo studio il meccanismo del “prestito”: assegno anticipato a carico del datore di lavoro, restituito poi a rate dal pensionato. L’ipotesi di paraducadute per gli esodati e la decurtazione del prestito pensionistico
In pensione prima ma con un prestito dell’azienda. Il governo continua a studiare i meccanismi per consentire un’uscita di pensione anticipata rispetto ai parametri stabiliti dalla legge Fornero, e l’ultima ipotesi è quella che permetterebbe ai lavoratori di uscire prima ottenendo dall’azienda in cui lavorano un prestito in attesa dell’assegno previdenziale, da restituire successivamente attraverso l’Inps. Una soluzione che non avrebbe oneri o costi in carico allo Stato, mentre i soldi anticipati dall’azienda sarebbero restituiti dal lavoratore negli anni immediatamente successivi.
In pensione prima con il prestito dell’azienda
La soluzione avrebbe quindi il particolare vantaggio di non avere oneri né per lo Stato né per le imprese, ma di essere tutta a carico del lavoratore; verrebbe utilizzata per svecchiare l’insieme di lavoratori dell’azienda con un metodo meno costoso di quelli previsti dalla legge Fornero. In pratica – spiegano tecnici vicini al dossier, nell’ipotesi che la misura vada nella Legge di Stabilità – azienda e lavoratore dovrebbero trovare un accordo per l’uscita anticipata con costi sia per l’impresa che per il pensionando mentre lo Stato avrebbe solo costi residuali. L’azienda, a fronte della possibilità di aumentare il turn over, svecchiando il personale, infatti, dovrebbe pagare i contributi per la persona che esce in anticipo rispetto all’età di vecchiaia fino al raggiungimento dei requisiti per l’accesso alla pensione. L’impresa pagherebbe anche una quota della pensione ma questa dovrebbe poi essere restituita dal lavoratore, tramite l’Inps, una volta raggiunti i requisiti e andato in pensione con un meccanismo ancora da affinare. Ad esempio, spiega l’ANSA, una persona che matura una pensione di mille euro al mese che dovesse lasciare il lavoro in anticipo di due anni a fronte dell’accordo su un prestito di 800 euro al mese avrebbe un debito con l’azienda di 20.800 euro. Se si ipotizza che la pensione si percepisce per circa 15 anni la decurtazione potrebbe aggirarsi sui 1.400 euro l’anno (poco più di 100 euro al mese sull’assegno ai 1.000). La differenza con il meccanismo previsto dalla legge Fornero sul lavoro per l’uscita anticipata a carico delle aziende è che questa sarebbe meno onerosa per i datori di lavoro. Per le persone che sono state licenziate tra il 2012 e il 2015 e non rientrano quindi tra gli esodati il Governo pensa a un meccanismo di accesso anticipato alla pensione a carico dello Stato ma con una decurtazione ugualmente legata all’importo del prestito pensionistico e al tempo per il quale si percepisce.
Le altre ipotesi
Allo studio c’è poi anche l’ipotesi paracadute per gli esodati:
Accanto a questa novità si valuta un ulteriore intervento sugli esodati, che però potrebbe anche non prendere la forma di una nuova salvaguardia (sarebbe la settima) e limitarsi invece adalcunicorrettiviai“paracadute” già in vigore. Per quanto riguarda le lavoratrici, sul tavolo c’è il prolungamento dell’opzione donna che nella sua forma attuale (in realtà bloccata al 2014) prevede la possibilità di lasciare il lavoro anche a 57 anni con la pensione calcolata con il sistema contributivo, ovvero una decurtazione fino al 30 per cento. La possibilità di una penalizzazione più lieve,pari a circa il 3,5 per cento l’anno,deve fare i conti con i relativi costi a carico del
bilancio dello Stato.
Per le persone che sono state licenziate tra il 2012 e il 2015 e non rientrano quindi tra gli esodati il governo pensa a un meccanismo di accesso anticipato alla pensione a carico dello Stato ma con una decurtazione ugualmente legata all’importo del prestito pensionistico e al tempo per il quale si percepisce. La misura potrebbe affiancarsi alla nuova opzione donna, ovvero alla possibilità per le donne del settore privato (per le quali dal 2016 è previsto un sensibile aumento dell’età di vecchiaia) di uscire dal lavoro tre anni in anticipo a fronte di una decurtazione della pensione legata all’equità attuariale (circa 3,5% ogni anno) e non al ricalcolo interamente contributivo.