Attualità

Nelle Filippine si spara a chi viola la quarantena (dov’è il vostro De Luca adesso?)

neXtQuotidiano 02/04/2020

Il presidente Rodrigo Duterte ha ordinato alla polizia di sparare ai cittadini che violano le regole della quarantena. Nei giorni scorsi chi ha violato il coprifuoco è stato rinchiuso in gabbie per cani, mentre altri sono stati costretti a sedersi sotto il sole di mezzogiorno

article-post

Il governo delle Filippine ha ordinato a quanti sono autorizzati ad uscire dalle loro abitazioni malgrado il confinamento di indossare le mascherine. L’ordine vale per l’isola di Luzon, dove è concentrata più della metà dei 100 milioni circa di abitanti del paese e dove le restrizioni sono in vigore dal 16 marzo. “Lasciate che ve lo ripeta: se dovete uscire dovete indossare una maschera”, ha dichiarato il funzionario governativo Karlo Nograles. Una protezione che può essere improvvisata, non per forza una maschera medica, ma deve coprire naso e bocca: vanno bene “mascherine riutilizzabili, fai-da-te, fazzoletti o altro” basta che riducano le possibilità di trasmissione del virus.

Nelle Filippine si spara a chi viola la quarantena (dov’è il vostro De Luca adesso?)

Ma c’è di più. Il presidente Rodrigo Duterte ha ordinato alla polizia di sparare ai cittadini che violano le regole della quarantena. La violenta minaccia arrivata dal presidente, riporta il Guardian, segue l’arresto di 21 persone, scese in strada a Quezon City, sull’isola di Luzon, per chiedere aiuto al governo sullo sfondo della crisi provocata dall’epidemia. La polizia ha detto che la protesta non era autorizzata, ma secondo il sito Rapper non è chiaro se tutti i partecipanti stessero manifestando o se qualcuno semplicemente fosse in cerca di cibo. Ci sono preoccupazioni crescenti nel Paese su come le fasce più povere della popolazione potranno sopravvivere al mese di lockdown imposto sull’isola di Luzon, dove si trova anche la capitale Manila. La maggior parte dei 48 milioni di persone che la popolano dipendono da lavori giornalieri, interrotti bruscamente in seguito alla chiusura decisa dalle autorità. Duterte ha invitato i cittadini ad aspettare l’assistenza del governo, spiegando che “anche se in ritardo, arrivera’ e nessuno morira’ di fame”. Il presidente ha avvertito che il rispetto delle misure di quarantena sarà severamente controllato: “I miei ordini alla polizia e ai militari e’ di sparare. Piuttosto che creare problemi, vi mandero’ nella tomba”, ha ammonito Duterte in un discorso trasmesso in tv.

Insomma, nelle Filippine non scherzano: chissà come sarà invidioso il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, che ha consigliato l’uso del lanciafiamme soltanto per chi si azzardava a organizzare feste di laurea. L’ONU ha denunciato le punizioni inflitte da polizia e funzionari locali nelle Filippine, intrappolando chi ha violato il coprifuoco in gabbie per cani, mentre altri sono stati costretti a sedersi sotto il sole di mezzogiorno. In tutto il Paese più di 17 mila persone sono state arrestate per mancato rispetto del confinamento, mentre Human Rights Watch ha denunciato una reazione controproducente visto che sono stati incarcerati in strutture di detenzione sovraffollate. Sia nelle Filippine che in Thailandia sono stati dichiarati stati di emergenza, che affidano ai governi maggiori poteri per un periodo temporaneo, tra cui la capacità di reprimere la condivisione di informazioni false; un termine vago che gli attivisti temono possa essere abusato dai funzionari. Sia in questi contesti che in altri Human Rights Watch ha chiesto che i governi proteggano la libertà di espressione e l’accesso all’informazione, mentre sulle restrizioni dei diritti viene auspicata “trasparenza e rispetto della dignità umana”. Timori riguardano in particolare l’Ungheria dove il parlamento ha riconosciuto pieni poteri al premier nazionalista, Viktor Orbàn, autorizzato a governare con decreti durante lo stato di emergenza dalla durata indeterminata. A Budapest i colpevoli di disinformazione saranno puniti col carcere.

Leggi anche: Le 600mila mascherine sbagliate consegnate «per errore» dalla Protezione Civile

Potrebbe interessarti anche