Opinioni
Che fine hanno fatto le promesse del governo sulla fecondazione eterologa
Chiara Lalli 23/12/2014
Nonostante la Corte Costituzionale abbia fatto cadere il divieto di fecondazione eterologa, l’accesso è sempre difficoltoso se non impossibile
Mentre la Repubblica di oggi (Cavilli e ritardi così affonda la grande speranza dell’eterologa) elenca quello che non è accaduto dalla sentenza della Corte Costituzionale dello scorso 9 aprile, l’Associazione Luca Coscioni è pronta a denunciare le strutture che non garantiscono la fecondazione eterologa (Eterologa: pronti a denunciare le strutture che non effettuano le tecniche fecondazione assistita per cui sono autorizzate).
«Il 2014 doveva essere l’anno dell’eterologa in Italia. Il verbo è all’imperfetto perché il risultato tanto atteso da molte coppie non è stato raggiunto. Malgrado la sentenza della Corte costituzionale di aprile abbia reso di nuovo possibile il trattamento vietato dalla legge 40, una serie di ostacoli tecnici e politici stanno rendendo vana la decisione dei giudici». Così inizia il pezzo su la Repubblica. Non dimentichiamo che per 10 anni il ricorso a un gamete altrui è stato vietato dalla legge 40, perciò tutti questi ulteriori ritardi devono aggiungersi a quegli anni di divieto anche sulla carta. Oggi è caduto ma gli effetti sono ancora attuali (ne avevo scritto qui o qui).
Intanto il presidente dalla regione Campania, Stefano Caldoro, sembra rispondere in modo vago e inconcludente al question time del 10 dicembre.
Non fa mai maile ricordare che i «giudici della Corte hanno scritto che i rapporti familiari non si basano solo sull’identità biologica e che la cancellazione del divieto non determina alcun vuoto normativo e quindi nessuna esigenza di nuove leggi». Era il 12 settembre quando scrivevo: «Sono passati alcuni mesi – mesi durante i quali le persone che avrebbero bisogno di un gamete devono decidere se aspettare o se continuare a rinunciare oppure andare all’estero come prima. Sarebbe bastato aggiornare le Linee guida tenendo conto della fine del divieto. Si sarebbe dovuto farlo in poco tempo. Durante l’estate il ministro della salute Beatrice Lorenzin ha prima detto “faccio io”, poi ha cambiato idea, poi ha ricambiato idea. Sono passati 5 mesi (più i 10 anni di divieto) e non c’è una risposta istituzionale chiara. Anzi, forse è chiara ed è peggiore dell’ambiguità». Da allora sono passati più di 3 mesi.
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