Chi ha vinto, chi ha perso: il Pagellone finale dell’Eurovision Contest 2022 di Iacopo Melio

di Iacopo Melio

Pubblicato il 2022-05-15

Dai top ai flop di questa 66esima edizione del contest, senza tralasciare le menzioni speciali.

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È finita anche l’edizione dell’Eurovision Song Contest 2022, tra qualche sorpresa e piccola amarezza che, come sempre, ha sollevato polemiche social pur sempre parte del gioco. A questo proposito… Procediamo con l’ultimo pagellino: ecco i top e i flop di Next Quotidiano, sicuramente le più delicate e divisive, ma ormai stiamo cantando… E cantiamo!

I TRE TOP:

– ALESSANDRO, LAURA E MIKA = A qualcuno saranno risultati scontati, chi invece non li conosceva bene, o non in questa veste, non poteva sapere. E poi, diciamocelo, gli ESC non sono xFactor né MTV o Radio Deejay, e non solo per la vastità del pubblico (che poi, sì, anche quella fa la differenza, se non altro in termini di ansia da prestazione). Cattelan, finalmente, ribadisce che può fare molto più che leggere un gobbo tirando avanti la scaletta di un programma musicale; la Pausini si dimostra disinvolta e familiare sul palco pur senza dover cantare; Mika più espansivo e infinitamente meno impacciato di quanto siamo stati abituati a vederlo con l’italiano, ridotto talvolta a macchietta dai suoi colleghi. Insomma, bravi bravi bravi (inutile dirlo, anche nei loro intermezzi canori)! VOTO = 9

– SAM RYDER = La grande rivelazione di questo Eurovision è lui, con la sua “Space man”. Stiamo parlando di 3,7 milioni di follower su Instagram e ben 12,3 su TikTok, racimolati praticamente tutti in soli due anni, a partire dal primo lockdown a inizio pandemia, ritrovandosi improvvisamente il successo tra le mani facendo quello che, almeno una volta, quasi tutti noi abbiamo fatto per darci speranza, in casa o sui balconi, nel periodo più brutto mai vissuto: cantando. Soltanto che lui, il suo talento, lo ha messo online, e così in breve tempo si è ritrovato da fan dell’Eurovision a parteciparvi, con un gruppo incredibile di fan al seguito. Sam Ryder (ovvero Sam Robinson) non ha vinto per un soffio, ma al di là del suo talento ci ha ricordato che avere sogni non è certo da sciocchi, neanche a 32 anni, perché non è mai troppo tardi per realizzarli davvero, e rivoluzionare la propria vita. Buona lunga carriera Sam. VOTO = 8+

– TORINO = Dal Parco del Valentino dove è stato installato l’Eurovision Village (con spettacoli, talk e performance che hanno coinvolto oltre 200 artisti e personaggi dello spettacolo, ma anche 40 ore di concerti di ogni genere) fino, soprattutto, al PalaOlimpico dove si sono svolte le due semifinali e la gran finale della 66esima edizione dell’ESC, in mezzo ai quattro elementi quasi sempre presenti (grazioso il palco con la piccola cascata d’acqua, per non parlare delle scene curatissime non soltanto sul fronte delle luci ma soprattutto dei fuochi d’artificio in gran quantità – Achille Lauro ne sa qualcosa!): Torino ha fatto da magica cornice a una delle edizioni più curare dell’Eurovision, seppur mantenendo una semplicità di fondo in grado di far risaltare le singole performance. È proprio il caso di dirlo: che spettacolo! VOTO = 8,5

I TRE FLOP:

– CRISTIANO MALGIOGLIO = A proposito di conduzione, non si può dire lo stesso del gruppo italiano che ha fatto gli onori di casa su RAI1. Sebbene Gabriele Corsi e Carolina Di Domenico siano stati dei bravi speaker, il loro ruolo è stato troppo spesso quello di tenere a bada Malgioglio, quasi frenandolo, visto il suo comportamento a tratti sopra le righe. Badate bene: chi mi conosce sa della mia simpatia per la Zia Malgy, ormai assunta a guru-della-vita con le sue uscite trash, ma in un evento come quello dell’Eurovision ho trovato eccessivi alcuni commenti fuori tema o dettati dai bollenti spiriti o da un cinismo gratuito. Considerazioni che in un altro contesto potevano starci benissimo, mentre in questo caso non hanno fatto altro che distogliere l’attenzione dalla gara, o addirittura infastidire, coprendo dialoghi inglesi anche in punti importanti, senza tradurre come invece sarebbe dovuto accadere. Peccato, davvero, per questo flop che mi duole.

– IL PIETISMO = So già che questo flop farà discutere, ma se c’è una cosa che davvero ha perso, a parer mio, è stata l’oggettività: la vittoria non è stata frutto della bellezza di una canzone, per quanto suggestiva e per quanto il gruppo ad averla portata sia interessante e di valore (di sicuro non il peggiore, ma neanche il migliore in assoluto tra tutti i partecipanti). Ad aver vinto sono state motivazioni lontane dalla gara in questione, come il sentimentalismo e la speranza per una pace imminente, che ognuno ha proiettato addirittura sul testo, attraverso la propria lente distorta (legittimamente, per carità) dalle emozioni del momento: il brano, infatti, dapprima dedicato alla madre del cantante Oleh Psyuk, è subito diventato, dopo il conflitto con la Russia, un inno alla pace e alle radici ucraine. Insomma, in quel “anche nella tempesta”, chi lo ha votato, ci ha visto probabilmente cosa ha voluto vederci, e questo ha reso da subito il trio della Kalush Orchestra dei favoritissimi quando, un anno fa, probabilmente si sarebbero fatte scelte diverse. A voi decidere se sia giusto o sbagliato questo segnale di solidarietà espresso dal voto popolare. Detto ciò: che sia una vittoria di buon auspicio, per una Nazione e per il mondo intero. Forza Ucraina, e viva la pace! Con la speranza che l’anno prossimo, a Mariupol, ci sia la manifestazione migliore di tutte.

– MAHMOOD E BLANCO = Una performance con troppi errori e imprecisioni, soprattutto sul fronte canoro: aggiungiamo poi che Blanco arriva sul palco e sembra un bimbo al Lunapark, con la sua solita immaturità a volte fastidiosa (ancora ricordo l’imbarazzo provato – per lui – quando, subito dopo Sanremo, andò ospite da Fazio e sembrava un ragazzino delle scuole medie con il fratello maggiore che lo teneva sotto controllo, Mahmood). Entrambi più impegnati a fare show in giro per Torino, con i fan, che a partecipare alla gara, probabilmente. C’è da dire che la canzone “Brividi” (la mia preferita a Sanremo 2022, sia chiaro!) inizia ad avere saturato il pubblico, e anche questo potrebbe aver influito sul risultato. Insomma, peccato, si poteva fare molto meglio secondo me, anche se non miracoli, ed è giusto ammetterlo pur andando contro a un comprensibile patriottismo. D’altra parte di Mäneskin ce ne sono pochi, come di pochi è la sportività. O forse davvero “de gustibus”…

MENZIONE SPECIALE AL FAIR PLAY = Sarà, ribadendo la vittoria dell’Ucraina, per il clima di pace e di speranza di cui abbiamo fortemente bisogno, ma quest’edizione dell’Eurovision mi ha quasi commosso: vedere Nazioni che si sfidano attraverso l’arte, che si votano a vicenda creando una classifica a punteggio (espressione pura della competizione), ma in un clima di festa, di etnicità, di costumi e bandiere sventolate, di multilinguismo e tradizioni, è stata una gioia per gli occhi e per il cuore. Un fair play che non è scontato ritrovare altrove, e che celebra ancora una volta il potere della musica e dei grandi artisti. Bello, davvero. Viva l’Eurovision!

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