Il periplo di Euclide

di Faber Fabbris

Pubblicato il 2016-01-14

Gli incontri di Tsakalotos in Europa. Il nodo della riforma delle pensioni in Grecia. E quello della ristrutturazione del debito della Grecia sul tavolo. Gli spostamenti nei rapporti di forza in Europa (con il Portogallo la Grecia ha un nuovo, seppur minore, alleato) possono aiutare questo processo

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I riflettori sulla Grecia si sono quasi del tutto spenti, o almeno hanno di molto ridotto la loro intensità. Dopo il referendum, le dimissioni del mediatico Varoufakis, l’accordo del 13 luglio, è difficile che le vicende del governo Tsipras emergano oltre i riquadri delle pagine interne dei quotidiani. In realtà, prendono corpo in questi giorni fatti importanti per la Grecia, il governo Tsipras e gli equilibri in Europa. Che i media consensuali passano – opportunamente – sotto silenzio.

Il periplo di Euclide

Le notizie peggiori per Schauble, Dijisselbloem (e le consorterie che rappresentano) vengono da Lisbona. Il nuovo governo portoghese guidato da Antonio Costa ci sta dando dentro: in meno di due mesi sono stati ristabiliti quattro giorni feriali soppressi in omaggio all’austerità; aumentato il salario minimo; reintrodotte le 35 ore settimanali nella funzione pubblica (e i verdi, membri della maggioranza, le hanno chieste anche per il settore privato). Inutile cercare informazioni sui siti di Repubblica o del Corriere: che a qualcuno venisse l’idea che è possibile fare politiche economiche progressiste? Anche in Spagna la muraglia liberista comincia a cedere: sebbene le forze di sinistra non siano maggioritarie in parlamento dopo le elezioni del 20 dicembre, e la situazione catalana complichi orribilmente le cose, la destra è in enormi difficoltà. Pedro Sanchez, capo del PSOE, ha rifiutato finora un governo di ‘grande coalizione’ con la destra, sbarrando di fatto la strada a Rajoy. E persino Renzi, sentendo forse il vento cambiare, fa finta di scalpitare contro l’austerità di Bruxelles. È in questo quadro che si colloca il vasto periplo del ministro delle finanze greco, l’antimediatico Euclide Tsakalotos: dall’8 gennaio è impegnato in una fitta sequenza di incontri con i ministri delle finanze dell’area euro. Venerdì scorso Tsakalotos ha infatti incontrato Padoan (in pressoché assoluto silenzio radio), per proseguire l’indomani verso Lisbona, dove ha incontrato il suo nuovo omologo Mario Centeno.

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Euclide Tsakalotos con il neoministro delle finanze portoghese Mario Centeno

Domenica scorsa il ministro greco ha incontrato a Parigi Michel Sapin, il quale ha confermato il sostegno della Francia al governo greco, soprattutto sulla questione del debito, sul quale invita ad aprire rapidamente il dibattito. Molto più tiepido Sapin si è mostrato sulla ‘estromissione’ del FMI dal programma di ‘assistenza’ alla Grecia, invece auspicato da Tsipras. Per la Grecia la posizione del Fondo è insostenibile, perché se questo è apertamente disponibile alla ristrutturazione del debito, resta inflessibile sull’austerità nella versione più feroce. Lunedì è stato il turno di Alexander Stubb, ministro finlandese delle finanze (destra liberale), che ha lasciato trapelare e martedì apprezzamenti positivi dell’Eurogruppo in vista della prossima ‘revisione’ del programma greco. Non è una informazione da nulla, considerando che la Finlandia è stata tra i “falchi” anti-Tsipras più virulenti. I colloqui probabilmente più sgradevoli per Tsakalotos hanno però avuto luogo il 12 e 13 gennaio, prima ad Amsterdam, con il presidente dell’Eurogruppo (alias portavoce di Wolfgang Schauble) Jeroen Dijisselbloem; poi a Berlino con il vero capo dell’Istituzione.
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Euclide Tsakalotos a Berlino con Wolfgang Schauble

L’incontro con Schauble

Di cosa si è discusso in questi incontri ? Sul tema dei colloqui poche le informazioni filtrate verso i media. Nessuna conferenza stampa è stata organizzata, probabilmente anche per mantenere un profilo discreto ed eliminare tutti gli elementi estranei al merito delle discussioni. Cerchiamo di capire quali siano gli elementi in ballo. Giovedì 14 si svolgerà a Bruxelles l’Eurogruppo dedicato alla valutazione del ‘programma’ di misure del luglio scorso. E il punto principale è la riforma delle pensioni, per la quale il governo greco ha messo a punto da poco una proposta. Le condizioni della BCE e dell’Eurogruppo erano pesanti e irrazionalmente concepite. L’elemento centrale era la riduzione della spesa pensionistica dell’1% del PIL (indipendentemente dal suo volume e la sua evoluzione, a riprova del carattere incoerente del programma), lo scoraggiamento delle pensioni anticipate, e l’eliminazione di un dispositivo di pensione integrativa (“EKAS”) per le pensioni più basse. Tsipras era riuscito a strappare la possibilità di correggere il bilancio del sistema previdenziale con nuove, maggiori entrate, piuttosto che con nuovi tagli. E su questo punto si ripresenta ai creditori: un aumento dei contributi (+1% a carico del datore di lavoro, +0,5% a carico dei dipendenti) per mantenere le pensioni attuali intatte. Una tassa sulle transizioni bancarie (0,1%) andrebbe a rinforzare le casse della previdenza greca. Il punto è particolarmente importante, perché dall’inizio dei memoranda i montanti delle pensioni sono stati ridotti a ben 11 riprese, e Tsipras sa bene che ulteriori tagli sarebbero inaccettabili politicamente, oltre che economicamente nefasti, deprimendo la domanda interna. Sul sistema di pensioni integrative Tsipras ha accettato la richiesta dei creditori, impegnandosi però a introdurre un sistema equivalente. Per i nuovi pensionati (a partire cioè dal 2017), il sistema cambia architettura: si potrà andare in pensione senza riduzioni delle mensilità a partire da 62 anni di età e 40 anni di contributi. Spariscono i numerosi fondi di settore (perscatori, agricoltori, giornalisti, e molti altri ancora) e viene istituita una pensione su tre livelli: la pensione ‘nazionale’ di 384 euro, erogata a tutti senza condizioni; a questa si aggiunge la frazione ‘contributiva’, calcolata sull’intero arco della vita lavorativa, su un tasso stimato al 55%-60% del salario percepito; e per alcuni casi una pensione supplementare (entro limitate condizioni). Vengono infine introdotte limitazioni al tetto massimo delle pensioni da 3000€ a 2500€ mensili. Insomma Tsipras ha fatto l’impossibile per salvare le pensioni attuali, cercando di correggere alcune distorsioni storiche all’origine di numerose disparità. Per chi andrà in pensione dal 2017 il sistema sarà diverso ed erogherà –allo stato attuale- mensilità mediamente inferiori alle attuali. Un difficile equilibrio tra la difesa di una prestazione sociale che in Grecia funziona da vero e proprio cordone sanitario, e il corto repsiro dei finanziamenti al sistema previdenziale, che riposano su redditi molto bassi.

La ristrutturazione del debito

Alla luce di quanto detto, insomma, se è chiaro che il punto principale dell’Eurogruppo di giovedì verterà sulla riforma pensionistica, è lecito immaginare che Tsakalotos abbia preparato il terreno del debito e della sua indispensabile ristrutturazione. Probabilmente cercando di bilanciare l’indigesto prosieguo delle politiche procicliche con un sostanziale mutamento nell’atteggiamento europeo sul debito. Non è un caso che tra una visita e l’altra Tsakalotos abbia ricevuto una telefonata da Jack Lew, ministro delle finanze statunitense, che al di là dei complimenti di rito, ha fatto capire che il FMI non intende lasciare il programma, ma ha ribadito l’intenzione americana di procedere ad una ristrutturazione del debito. Secondo il giornale di Syriza (Avghi) mentre Tsakalotos e Schauble erano a colloquio, il rappresentante del FMI per l’Europa Paul Tomsen sarebbe stato visto entrare negli uffici del ministero a Berlino. Anche se un incontro diretto tra i tre è stato in seguito smentito, l’agenda di Tomsen conferma la sua presenza oggi al ministero delle finanze tedesco. Probabilmente Tsakalotos sta cercando di trovare un punto di equilibrio vantaggioso per la Grecia, mettendo sul piatto la riforma pensionistica come prova del rispetto degli accordi stipulati. E sfruttando le divergenze fra Washington e Bruxelles: se il Fondo Monetario Internazionale sollecita esplicitamente una ristrutturazione del debito, non intende rinunciare all’ortodossia di bilancio; d’altra parte la Commissione (e la BCE) consentirebbero limitati allentamenti dell’austerità, ma non accettano l’idea di una riduzione –almeno nominale- del debito. Una riduzione del debito (poco importa la formula: allungamento delle maturità; clausola di rimborso indicizzata sulla crescita; più improbabile una riduzione nominale) sarebbe un punto importante per il governo Tsipras, che ha fatto del tema il punto iniziale del suo programma. D’altra parte un reale alleggerimento del debito permetterebbe di allargare i margini della politica di bilancio, consentendo di distogliere risorse dal buco nero del debito e reimmetterle nell’investimento pubblico o in politiche fiscali più espansive. Se Tsakalotos sarà riuscito a spostare il baricentro degli interessi dei suoi creditori, ed ad indurre una inflessione nelle politiche economiche dell’area Euro, comincerà a essere chiaro dopo ll’Eurogruppo di giovedì. C’è da sperare che gli spostamenti nei rapporti di forza in Europa (con il Portogallo la Grecia ha un nuovo, seppur minore, alleato) possano aiutare questo processo.

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