Il ministro che minaccia le dimissioni per lo ius soli

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-07-15

L’alfaniano Enrico Costa sostiene che con la nuova legge si darebbe il diritto di voto e quindi si amplierebbe il corpo elettorale. Ma questo succede già oggi con la legge attualmente in vigore. Eppure i numeri per l’approvazione del provvedimento non ci sono

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Enrico Costa, ministro degli Affari Regionali con delega alla famiglia ed esponente degli alfaniani di AP, minaccia le dimissioni se il governo metterà la fiducia sullo ius soli. Costa, in un’intervista rilasciata a Francesco Grignetti per La Stampa, sostiene di essere pronto a lasciare perché «non si può dire sempre signorsì».

Enrico Costa: il ministro che minaccia le dimissioni per lo ius soli

Costa dice che «ci sono principi di fronte ai quali non posso tacere il mio dissenso per quieto vivere». Quali sono questi principi? «Io pongo una questione di metodo. La cittadinanza italiana identifica il popolo, cui secondo la Costituzione appartiene la sovranità. Modificare la composizione della comunità nazionale è una decisione che non va precipitata. Si dice, giustamente, che le leggi elettorali, anche se non sono costituzionali, vanno pur sempre approvate con una larga base parlamentare. Ed è giusto: andiamo a cambiare le regole del gioco. Ora, con lo ius soli, noi andiamo a cambiare addirittura il corpo elettorale». Ma in realtà già oggi la cittadinanza può essere richiesta da chi è nato in Italia e vi è rimasto fino alla maggiore età: con la cittadinanza già si acquisisce il diritto di voto.

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La legge attualmente in vigore e quella in discussione (Il Messaggero, 17 giugno 2017)

L’obiezione del ministro è quindi profondamente illogica, ma nel resto dell’intervista si comprende che questo non è un argomento ma una semplice scusa. Perché Costa poi sostiene anche che «la lunga gestazione ha permesso di migliorare il provvedimento. Un supplemento di riflessione che ci permetta di allargare il consenso parlamentare è indispensabile». In realtà la legge è in discussione da appena sei anni: c’è stato tutto il tempo di porre obiezioni anche inconsistenti come quelle del ministro della Famiglia. Eppure oggi lui chiede un rinvio.

I numeri dello ius soli

Ma la legge è attualmente in pericolo. Quasi l’intera squadra di Ap a Palazzo Madama (tranne sei) voterebbe contro o comunque uscirebbe dall’aula. Stessa linea per gli autonomisti che finora hanno sempre votato con la maggioranza. I numeri, già precari in quel ramo del Parlamento, sul diritto di cittadinanza non ci sono, spiega oggi Carmelo Lopapa su Repubblica. Fabrizio Cicchitto, Ap, che pure sostiene la riforma, invita sulla Stampa alla «ragionevolezza». Ossia al rinvio. «È certamente sbagliata la forzatura sui tempi sull’approvazione dello ius soli. A meno che non ci sia il calcolo di provocare difficoltà al governo, saggezza vuole che il tema venga affrontato prendendosi gli spazi necessari».

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Ius soli temperato e ius culturae: chi ne usufruirà (La Repubblica, 15 giugno 2017)

E mentre il capogruppo PD in Senato Luigi Zanda non si espone, l’ultima parola sulla decisione di mettere la fiducia spetterà a Gentiloni. Che non può mettere a rischio il suo governo. Quindi la legge si allontana. Come la parola di chi l’aveva promessa.

Leggi sull’argomento: Tutte le bufale sullo ius soli

 

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