L’embargo si è embargato: l’Europa non è unita nelle sanzioni alla Russia

di Enzo Boldi

Pubblicato il 2022-05-05

È scontro tra diversi Paesi che si sono divisi sui “privilegi” concessi a Ungheria e Slovacchia nell’embargo al petrolio russo

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C’è chi dice no all’ultimo pacchetto di sanzioni contro la Russia presentato dalla Commissione Europea ai 27 Stati membri. In particolare, il tema che ha diviso l’Unione è quello dell’embargo al petrolio russo, argomento che continua a provocare tensioni all’interno del Vecchio Continente. In origine era la Germania ad aver chiesto una soluzione di tipo differente, parlando delle forniture di gas. Ora ci sono alcuni Paesi dell’Est che stanno contestando alcune dinamiche inserite all’interno dell’ultimo documento presentato da Ursula von der Leyen.

Embargo petrolio russo, quali sono i Paesi UE che dicono no

La disputa, dunque, si è spostata verso la parte orientale del Vecchio Continente. Nella bozza di nuove sanzioni alla Russia, infatti, si parla espressamente di embargo al petrolio proveniente da Mosca e dintorni. E la misura, ancora in fase di valutazione, è stata presentata da Ursula von der Leyen così:

“Elimineremo gradualmente la fornitura russa di petrolio greggio entro sei mesi e di prodotti raffinati entro la fine dell’anno. Pertanto massimizziamo la pressione sulla Russia, riducendo allo stesso tempo al minimo i danni collaterali a noi e ai nostri partner in tutto il mondo. Perché per aiutare l’Ucraina, la nostra stessa economia deve rimanere forte”.

Stop graduale, dunque, ai rifornimenti di petrolio russo per colpire economicamente Mosca e il Cremlino. Ma con alcune eccezioni. La Presidente della Commissione Ue, infatti, ha parlato di sei mesi e della fine del 2022 per tutti i Paesi Europei. Ma nell’accordo, ancora in bozze, ci sono due eccezioni: Ungheria e Slovacchia – due tra i Paesi a essere maggiormente dipendenti di rifornimenti russi – hanno ottenuto una deroga che porterà all’embargo petrolio russo non entro la fine dell’anno in corso, ma nel 2023.

Due eccezioni che hanno acceso la miccia delle polemiche. Come riportano i quotidiani La Repubblica e Il Corriere della Sera, infatti, lo scontro all’interno degli Stati membri vede protagonisti i Paesi dell’area Est dell’Unione Europea. In particolare, i Repubblica Ceca, Bulgaria, Croazia e Romania hanno chiesto di ottenere lo stesso trattamento riservato a Slovacchia e Ungheria, oltre all’istituzione di un meccanismo in grado di sostenere le maggiori spese di importazione da altri Paesi. Chiedono, dunque, un lasso di tempo maggiore prima di bloccare l’importazione di greggio da Mosca e un sostegno economico.

L’effetto domino

Una proposta che, appena partita, ha provocato l’immediata reazione da parte di Budapest. L’Ungheria, infatti, ha fatto sapere di essere pronta a porre il suo veto su tutto il pacchetto di sanzioni (comprese quelle che riguardano l’embargo petrolio russo) se il “privilegio” concesso a lei e alla Slovacchia dovesse essere esteso anche ad altri Paesi. Ma non finisce qui. Perché l’effetto domino coinvolge anche la Grecia. All’interno del documento presentato dalla Commissione Europea, infatti, è presente anche un riferimento al divieto per le navi europee di trasportare il petrolio russo. Un provvedimento che avrebbe una scadenza immediata, non appena tutti i Paesi firmeranno l’accordo che sarà ratificato dall’Unione Europea. Ma il Paese ellenico si sta opponendo. Il motivo? Ragioni economiche e commerciali: se la Grecia, per via di questa sanzione alla russa, non potesse più ospitare navi per il trasporto del petrolio di Mosca, la Russia potrebbe rivolgersi esclusivamente alla Turchia aumentando il suo giro d’affari con Ankara, a discapito di Atene. E anche su questo, dunque, l’Europa è in stallo.

(Foto IPP/imagostock/Golovanov)

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