La risposta dell’Unione Europea ai ricatti di Putin sul gas

di Enzo Boldi

Pubblicato il 2022-04-28

Dopo la sospensione delle forniture di gas a Polonia e Bulgaria, si torna a parlare con forza di embargo. L’ultima mossa del Cremlino potrebbe convincere anche i Paesi che finora hanno alzato un muro ad andare in quella direzione

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Sulla scacchiera affollatissima delle sue minacce, Vladimir Putin ha compiuto la prima mossa sospendendo le forniture energetiche a Polonia e Bulgaria “ree” di non aver voluto pagare il gas in rubli. Una provocazione che ha effetti tangibili sui due Paesi, con lo spettro che questa decisione – in forma analoga – possa essere ampliata anche a tutti gli altri Paesi europei “clienti” – dal punto di vista energetico – di Mosca e di Gazprom. Gli Stati membri, ora, devono necessariamente agire per decidere il da farsi per non rimanere sotto scacco e sotto ricatto del Cremlino. Per questo motivo, oggi più di ieri, si è tornati a parlare apertamente di embargo al gas russo.

Embargo gas russo, le contromosse dell’Unione Europea al ricatto di Putin

Nella giornata di ieri, subito dopo l’annuncio dello stop alle forniture da parte di Gazprom a Bulgaria e Polonia, Ursula von der Leyen – Presidente della Commissione Europea – ha annunciato il coordinamento dei vari Stati membri per trovare una soluzione per fuggire dalla tenaglia energetica (quindi dal ricatto) di Mosca.

“È l’ennesimo tentativo della Russia di utilizzare il gas come strumento di ricatto. Siamo preparati per questo scenario. Siamo in stretto contatto con tutti gli Stati membri. Abbiamo lavorato per garantire forniture alternative e i migliori livelli di stoccaggio possibili in tutta l’Ue. Gli Stati membri hanno messo in atto piani di emergenza proprio per questo scenario e in questo momento è in corso una riunione del gruppo di coordinamento del gas. Stiamo delineando una risposta coordinata dell’Ue. Continueremo inoltre a collaborare con i partner internazionali per garantire flussi alternativi e continuerò a lavorare con i leader europei e mondiali per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico in Europa”.

L’approvvigionamento alternativo diventa, dunque, l’arma nelle mani dei vari Paesi. Un passaggio fondamentale per non ridurre al minimo le scorte ed evitare il rischio di rimanere senza energia e gas. Il passo successivo, seguendo una linea logica, dovrebbe essere quello del definitiva embargo gas russo già paventato due mesi fa, all’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina e della guerra. Un argomento che sembra essere sull’agenda anche del Parlamento europeo, come sottolineato oggi dalla Presidente Roberta Metsola a Il Messaggero:

“Come Parlamento UE vogliamo un embargo immediato di tutte le forniture energetiche controllate dal Cremlino. Non abbiamo paura della Russia: questo è anzitutto il momento di mobilitarci tutti insieme e di sostenere Polonia e Bulgaria e qualsiasi altro Stato membro che Putin dovesse decidere di mettere nel mirino. L’Ue non può essere ricattata”.

Parole ferme e decise che sembrano indicare la strada. L’Italia, dal canto suo, ha già stilato nuovi contratti in Africa per la fornitura di gas alternativo. E anche altri Paesi Europei stanno facendo lo stesso. Perché il tema dell’embargo gas russo è tornato di stretta attualità e le ultime mosse di Putin contro Bulgaria e Polonia potrebbero convincere anche quei governi che, finora, si sono dimostrati scettici verso questa soluzione. In particolare la Germania che, da settimane, ha bloccato qualsiasi tipo di provvedimento sul blocco all’acquisto di risorse energetiche da Mosca. Prima, però, occorre trovare la via dell’indipendenza. Perché se tutti dicessero no al gas russo, Mosca avrebbe seri problemi di liquidità che produrrebbero seri riflessi nel giro di poche settimane.

(Foto IPP/imagostock/Golovanov/Kivrin)

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