Attualità
Emanuela Orlandi, Mirella Gregori e le ossa nella Nunziatura Apostolica
Alessandro D'Amato 31/10/2018
Due giorni fa uno scheletro è stato ritrovato sotto il pavimento di una stanza della sede diplomatica del Vaticano. La procura di Roma indaga per omicidio
Due giorni fa uno scheletro è stato ritrovato sotto il pavimento della Nunziatura Apostolica in via Po da operai che stavano effettuando dei lavori di ristrutturazione. Ieri mattina l’autorità giudiziaria vaticana si è rivolta alla procura di Roma, altrimenti non autorizzata a intervenire in territorio straniero, affinché disponga gli accertamenti su quei resti. La prova del DNA potrebbe togliere ogni dubbio sulla possibilità che quello scheletro appartenesse a Emanuela Orlandi o a Mirella Gregori, le due ragazze scomparse a poche settimane di distanza l’una dall’altra nel 1983.
Emanuela Orlandi, Mirella Gregori e le ossa nella Nunziatura Apostolica
Secondo un comunicato diffuso dal Vaticano in serata, durante alcuni lavori di ristrutturazione di un locale annesso alla Nunziatura che si trova a Villa Giorgina, nel quartiere Pinciano, «sono stati rinvenuti alcuni frammenti ossei umani». «Il Corpo della Gendarmeria è prontamente intervenuto sul posto, informando i superiori della Santa Sede che hanno immediatamente informato le autorità italiane per le opportune indagini e la necessaria collaborazione nella vicenda». Al momento sta indagando il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, mentre «la polizia scientifica e la squadra mobile della questura di Roma» sono state incaricate di stabilire «l’età, il sesso e la datazione della morte».
Il parco circostante occupa un’area di 20mila metri quadrati ed è delimitato da un muro di cinta lungo via Po, via Salaria, largo Ponchielli, via Peri e via Caccini. L’edificio non è aperto al pubblico. L’edificio in stile neoclassico fu costruito nel 1920 dall’architetto Clemente Busiri Vici. Il portale dell’ingresso proviene da Villa Doria Pamphilj e riporta l’iscrizione latina “Inter Sidereos Roma Recepta Polos“, tratta dal poema “De reditu suo” di Claudio Rutilio Namaziano del V secolo.
Don Vergari, Emanuela Orlandi e Mirella Gregori
Perché si è pensato ai corpi delle due ragazzine che non hanno dato più segni di esistenza in vita dal giorno della loro scomparsa nel maggio e nel giugno 1983? Repubblica scrive oggi che la sede di via Po è dove fu mandato a lavorare per un periodo monsignor Piero Vergari, l’ex rettore della basilica di Sant’Apollinare, l’unico ecclesiastico indagato per la scomparsa della Orlandi assieme a quattro appartenenti della banda della Magliana nell’ultimo filone di inchiesta sul caso, conclusosi con l’archiviazione di tutte le posizioni nel 2015. Vergari conosceva Enrico De Pedis detto Renatino, indicato da più pentiti della Bandaccia come uno dei capi del sodalizio criminale fondato da Franchino Er Negro alias Franco Giuseppucci, anche se mai condannato in via definitiva per fatti legati alla Magliana. Proprio Vergari aveva perorato la causa della sua sepoltura nella chiesa di Sant’Apollinare, su richiesta della vedova che voleva esaudire una richiesta del marito defunto in un agguato il 2 febbraio 1990 a via del Pellegrino, nei pressi di Campo de’ Fiori.
Rimosso dall’incarico nel 1991, un anno dopo aver perorato la causa dell’«indegna sepoltura» con una lettera al cardinal Poletti in cui descrisse il presunto gangster romano come «grande benefattore», Vergari finì in Nunziatura anni dopo i fatti del 1983. Non avendo la disponibilità della struttura dal 1983 al 1991, Vergari avrebbe dovuto quindi portare i due scheletri in epoca successiva rispetto all’accaduto, e già questo fa comprendere la labilità del collegamento tra le ossa ritrovate e il monsignore. Anni fa vennero fatti esami su ossa ritrovate a Sant’Apollinare (dove c’era un ossario per i frati) dopo che una vox populi piuttosto insistente aveva sostenuto per anni che Emanuela e Mirella fossero state sepolte nella cripta o addirittura nella tomba di De Pedis. Gli accertamenti decretarono che era tutta una bufala.
Da leggere: Orlandi, il video inedito a Chi l’ha visto?
L’indagine per omicidio e le ossa della Nunziatura
Lunedì gli operai hanno scoperto lo scheletro sotto una delle stanze al piano interrato della sede diplomatica del Vaticano presso lo Stato italiano. Il nunzio Emil Paul Tscherrig, avvisato, si è rivolto all’ispettorato di pubblica sicurezza del Vaticano guidato da Luigi Carnevali. È lui a fare da tramite con la gendarmeria e con i suoi colleghi della polizia. Sul posto arriva il magistrato e dispone che i resti vengano prelevati e messi a disposizione degli specialisti per effettuare le analisi, ma dispone anche un sopralluogo per capire che cosa sia accaduto. Emanuela Orlandi è stata vista l’ultima volta nei pressi di Corso Rinascimento, davanti al Senato e a due passi da Piazza Navona dove ha salutato una compagna del corso di musica nel quale studiava flauto traverso che si svolgeva di fianco a Sant’Apollinare senza prendere l’autobus che l’avrebbe riportata a casa in Vaticano dove abitava il padre, “postino” dello Stato della Santa Sede, e la madre, casalinga. La distanza in automobile tra la zona dove scomparve Emanuela e la Nunziatura si copre in una decina di minuti, oggi, secondo Google Maps.
Dopo l’inchiesta chiusa dal magistrato Adele Rando nei confronti di una serie di cittadini turchi che si erano autoaccusati del sequestro – anche quella pista si rivelò un clamoroso buco nell’acqua – la vicenda di Emanuela Orlandi si è riaperta nel giugno del 2008, quando Sabrina Minardi, ex moglie del calciatore della Lazio Bruno Giordano e amante, secondo il suo racconto, di Enrico De Pedis detto Renatino, accusato di essere un boss della Banda della Magliani, aveva raccontato alla trasmissione Chi l’ha visto? e poi ai magistrati una verità alquanto improbabile: Emanuela Orlandi sarebbe stata prelevata da Renatino De Pedis su ordine di monsignor Marcinkus, all’epoca presidente dello Ior. «Con Renatino, a pranzo da Pippo l’Abruzzese, arrivò Sergio, l’autista, con due sacchi. Andammo in un cantiere, io restai in auto: buttarono tutto dentro una betoniera. Così facciamo scomparire tutte le prove, dissero». In uno di quei sacchi, secondo la superteste, c’era il corpo di Emanuela Orlandi e nell’altro, sostiene la donna, un bambino di 11 anni ucciso per vendetta, Domenico Nicitra, figlio di uno storico esponente della banda. Peccato che invece Nicitra sia scomparso nel 1994 ed Emanuela Orlandi nel 1983.
Emanuela Orlandi e la Banda della Magliana
Il tutto viene raccontato in un libro di Raffaella Notariale, giornalista di Chi l’ha visto?, dove si promette di fare conoscere “La vera storia della Banda della Magliana”. La Minardi chiama in causa anche gli indagati che la procura ha archiviato, ovvero Sergio Virtù, indicato dalla Minardi come “autista di De Pedis”, e di “Ciletto” e “Rufetto” (per altri: “Giggetto”), ovvero Angelo Cassani, Libero Manconi e Gianfranco Cerboni, tre persone che avrebbero avuto a che fare, secondo la Minardi – che all’epoca viveva in un centro recupero per tossicodipendenti – con il famoso sequestro e la successiva morte. La testimonianza della Minardi era stata in un certo senso anticipata da una telefonata anonima a Chi l’ha visto?, che diceva di “andare a cercare nella tomba di De Pedis a Sant’Apollinare” per trovare il corpo della ragazzina: anche questa era una bufala, anche se il seppellimento di Renatino era invece una verità (scoperta anni prima da un articolo del Messaggero: quindi la notizia era di dominio pubblico e non uno scoop). I magistrati fecero riesumare il corpo, che poi fu trasportato in altro loco, e confrontarono il DNA anche con quello di alcune ossa rinvenute nell’ossario della chiesa, senza alcun risultato.
Nell’aprile 2013 è comparso in scena Marco Fassoni Accetti. Artista e fotografo, aveva fatto ritrovare un flauto che secondo lui sarebbe appartenuto ad Emanuela Orlandi. Il flauto viene mostrato il 3 aprile alla trasmissione Chi l’ha visto?, e la Rai informa che «è stato rinvenuto nel luogo indicato sotto una formella raffigurante una stazione della Via Crucis. Era avvolto in alcuni fogli di giornale, uno dei quali del 29/5/’85 con una articolo sul caso Orlandi’.Inciso sullo strumento ‘Fism Rampone e Cazzani Milano’ un numero di matricola che inizia con 36’». Un mese dopo il test del DNA non trova le tracce necessarie per stabilire che il flauto sia quello appartenuto ad Emanuela; Fassoni Accetti viene mandato a processo per calunnia e autocalunnia.
EDIT ORE 16,36: Un primo esame delle ossa trovate nella sede della Nunziatura apostolica di via Po a Roma, su cui si sta indagando, confermerebbe, secondo quanto apprende l’ANSA, che si tratterebbe di un corpo di donna. L’evidenza emergerebbe dall’esame delle ossa del bacino.