Elezioni 2018, il fantasma del pareggio

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-03-04

Dalle urne potrebbe uscire un risultato elettorale non tanto a sorpresa ma che potrebbe mettere in seria difficoltà il presidente della Repubblica: quello del pareggio virtuale tra le forze in campo

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Mentre si aprono i seggi un fantasma si aggira per l’Europa: quello dell’ingovernabilità. Dalle urne domani potrebbe uscire un risultato elettorale non tanto a sorpresa ma che potrebbe mettere in seria difficoltà il presidente della Repubblica: quello del pareggio virtuale tra le forze in campo, con nessuno che è in grado di portare a casa la maggioranza né alla Camera né al Senato.

Elezioni 2018, il fantasma del pareggio

Anche i sondaggi pubblicati prima del black out fotografavano una realtà frastagliata, nella quale il centrodestra era vicino ma ancora non aveva raggiunto la maggioranza. Se la situazione dovesse essere rimasta così, e il rush finale della campagna elettorale sembra dimostrarlo, queste urne sarebbero davvero interlocutorie. Il radicamento del centrodestra al Nord e dei grillini al Sud e la rassegnazione del Partito Democratico a essere diventato un partito di centro anche geograficamente, potrebbe portare a uno stallo dove ci sarebbe un sicuro sconfitto (il PD) ma con un numero di seggi tale che sarebbe impossibile costituire un governo stabile senza la sua collaborazione.

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Il sondaggio di Cise per il Sole 24 Ore (16 febbraio 2018)

Allora per formare un nuovo governo potrebbe servire un patto. E un governo di scopo, in grado di governare per un anno, cambiare la legge elettorale in modo di fornirne una che abbia un sicuro vincitore, e poi accompagnare il paese di nuovo alle urne. Anche se, si sa, quando si comincia a governare poi mollare la poltrona è quasi sempre un bel problema anche perché le priorità da affrontare aumentano ogni volta che si va avanti e ciascuno vorrebbe rivendicare per sé i risultati in campagna elettorale.

Un patto tra diavoli

E un patto chi potrebbe siglarlo? Luigi Di Maio è convinto che qualsiasi ipotesi di nuovo governo dovrebbe passare per il MoVimento 5 Stelle. I numeri, teoricamente, non gli danno ragione perché un accordo tra centrosinistra e centrodestra con conventio ad excludendum avrebbe i numeri per navigare tranquillamente tra Camera e Senato. Il problema però è che in questo caso a guadagnare dalla posizione di opposizione del miliardesimo governo “non eletto da nessuno” sarebbe proprio l’escluso. Che da una parte non avrebbe le responsabilità e gli oneri del governo e dall’altra potrebbe continuare la strategia della campagna elettorale permanente che finora ha dato buoni frutti.

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Il sondaggio SWG sul Messaggero (16 febbraio 2018)

Dall’altra parte c’è chi immagina invece un governo tra 5 Stelle, Partito Democratico e Liberi e Uguali, che non avrebbe problemi ad arrivare alla maggioranza ma finirebbe per far guadagnare voti al centrodestra, che rimarrebbe l’unica opposizione in campo con Silvio Berlusconi che potrebbe tornare a correre nelle prossime urne. L’ironia della storia sarebbe che questo è proprio l’esecutivo che immaginava all’epoca Pierluigi Bersani quando il perseguimento di questa linea gli costò la poltrona di segretario del Partito Democratico. E poi chissà avrà il coraggio di sedere al posto di Renzi per dare l’ok a un governo del genere o chissà se sarebbe proprio Renzi, nel caso, ad accettare un governo con i suoi nemici pubblici numeri uno.

La terza ipotesi

La terza ipotesi per uscire dallo stallo è il Patto di Neanderthal tra Di Maio, Salvini e Meloni. Anche qui bisognerebbe superare non poche problematiche con i rispettivi elettorati, oltre che con le personalità di ciascuno dei partiti che hanno escluso alleanze con gli altri. Ma questo non sarebbe un problema nel MoVimento 5 Stelle, dove l’obbedienza al padrone del partito è sempre stata privilegiata rispetto alle preferenze politiche dei singoli deputati. Un po’ meno potrebbe esserlo per Salvini e Meloni, che hanno accusato per settimane di “immigrazionismo incontrollato” i 5 Stelle e adesso dovrebbero farci il governo assieme.

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Il sondaggio di Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera (16 febbraio 2018)

Le vie d’uscita in caso di pareggio a sorpresa sono tutte molto strette e ciascuno dei leader politici sa bene che si troverebbe a dare un vantaggio incommensurabile all’avversario se accetta di portare i suoi a Palazzo Chigi per un governo che dovrebbe durare pochi mesi. L’alternativa del programma condiviso da far votare a tutti per rimanere più tempo al governo e presentare risultati agli elettori è irta di problemi: le cose potrebbero andare comunque male. Di certo c’è chi ha un futuro radioso ormai alle spalle e per lui questa è l’unica possibilità di successo.

Vignetta da: Fotomontaggi politici

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