La storia del dossier su Marcello De Vito (e qualcosa da ricordare su Virginia Raggi)

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-07-01

Secondo le malelingue del Campidoglio il “dossier” su De Vito è stata la risposta a una delle vicende-bufale in cui la sindaca finì implicata durante la campagna elettorale. Ma qualcosa non torna nella ricostruzione. Loro, intanto, negano tutto

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La storia del seminterrato e dell’accesso agli atti di Marcello De Vito, di cui ha parlato oggi Marco Lillo sul Fatto Quotidiano, si arricchisce di una nuova, divertente puntata. Sulla quale però abbiamo qualcosa da ricordare. Nell’articolo del Fatto si racconta che De Vito “è stato vittima tra dicembre e gennaio scorso, di una campagna orchestrata dai tre ex consiglieri, per farlo fuori”. Una vicenda scrive il Fatto “non confermata dai diretti interessati”. Ma “ricostruita con la testimonianza sotto garanzia di anonimato di chi ha vissuto indirettamente quel momento e ha accettato di mostrare mail e sms”.

Il dossier su Marcello De Vito

Il pezzo del Messaggero dedicato alla vicenda, a firma di Simone Canettieri, è molto parco di particolari ma usa la parola dossier e – al contrario del Fatto – riporta anche un curioso aneddoto: questo dossier sarebbe stato la risposta a una mossa che le malelingue addebitano proprio a De Vito:

Come nelle migliori correnti della Dc la guerra è totale e senza esclusioni di colpi e mischia pubblico a personale. Gira, per esempio, un report (c’è chi lo chiama «dossier» nel M5S) contro Marcello De Vito. Una serie di documenti sull’attività professionale dell’avvocato che sarebbe dovuta uscire prima del voto per togliere a «Marcello» qualsiasi velleità di fare il vicesindaco. Queste carte sarebbero chiuse in un cassetto. Pronte a spuntare fuori. Un ricatto? «Può darsi»,dicono alcuni grillini. E comunque potrebbe già essere pubblico oggi. E sarebbe un altro detonatore in un gruppo che non è ancora entrato come si deve in Comune ma già sembra essere pronto a esplodere.
Altro aneddoto che gira in Campidoglio: questo dossier contro De Vito sarebbe la risposta a una mossa che le solite malelingue gli addebitano, aver spifferato a un giornale on-line il praticantato con lo studio Previti che la Raggi non aveva dichiarato nel curriculum. Un peccato non secondario, soprattutto per gli ortodossi del M5S, uscito guarda caso, il pomeriggio della votazione in rete per scegliere chi sarebbe stato il candidato del M5S in Campidoglio. Una mossa che mandò in ansia colei che sarebbe diventata «sindaca» al punto che fece chiamare le redazioni dei siti per mettere meglio la sua posizione,minacciando querele. Lei lo chiamò «fango». Chi le stava e le sta tuttora molto vicino lo bollò come «fuoco amico». E questo clima di divisione si è respirato nonostante la cavalcata trionfale anche in campagna elettorale. Più volta la Raggi si è lamentata con i suoi di non aver un quartier generale, quello di Ostiense è arrivato solo all’ultimo tratto della corsa, e di non essere aiutata (dalla Lombardi) nella raccolta fondi.

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Proviamo a fare qualche deduzione. Nel pezzo del Messaggero si dice che il dossier parlerebbe dell’attività professionale dell’avvocato. Nell’articolo del Fatto non si specifica quale fosse il nemico del contendere, ma si ospita la risposta dello stesso De Vito sulla questione, nella quale si specifica che l’accesso agli atti un seminterrato di un cittadino di nome F. B. al quartiere Aurelio venne fatta per conto del M5S Regione Lazio:

De Vito usciva frastornato e alle 20 e 30 inviava una mail nella quale spiegava che l’accesso agli atti era frutto di una richiesta proveniente dal M5S della Regione Lazio e allegava la mail dell’avvocato Paolo Morricone, difensore anche di Virginia Raggi (ha scritto lui la diffida al Fatto sull’incarico della Asl di Civitavecchia) che spiegava tutto.
“CIAO A TUTTI, la vicenda scrive De Vito – è stata compiutamente ricostruita. L’accesso agli atti è stato correttamente richiesto per le motivazioni di cui alla mail di Paolo Morricone, nostro avvocato regionale che riporto di seguito (e che allego):
‘in riferimento alla richiesta di accesso agli atti relativo alla (… Ndr) specifico che questa è scaturita da una segnalazione di un privato (che aveva chiesto l’anonimato avendo paura di minacce) egli sosteneva che il proprietario dell’appartamento, poteva aver spinto qualcuno dell’amministrazione per farsi concedere l’agibilità dell’appartamento. La richiesta era necessaria in quanto dalla documentazione si sarebbe si sarebbe potuto vedere se esistevano i presupposti o meno per la concessione dell’abitabilità (…) per una eventuale successiva denuncia’.
E’ tutto molto avvilente, io quanto meno lo vivo cosi – proseguiva De Vito – la vicenda però è anche molto grave. Motivo per cui vi chiedo con gentilezza non solo di valutare ciò che si è verifìcato oggi nei miei confronti alla luce delle pesanti accuse che mi sono state mosse ma anche di considerare insieme le opportune azioni e modalità di gestione della vicenda che, lo ribadisco, è gravissima”.

Ecco allora che forse si può ipotizzare che l’accusa nei confronti di De Vito, rintuzzata nella mail del dicembre scorso, potesse essere proprio quella di aver usato prerogative del consigliere per la sua attività professionale. Di qui la smentita di De Vito che provava il contrario, ovvero che era un’iniziativa politica per una richiesta proveniente dai grillini in Regione. Questa però è soltanto un’ipotesi.

Virginia Raggi e lo «scoop» sul dossier Previti

Non è invece un’ipotesi quello che viene raccontato nel proseguo dell’articolo. Si parla infatti di quanto accaduto il 23 febbraio 2016, quando, a urne aperte per le comunarie, un articolo di Affaritaliani «rivelò» un particolare sulla Raggi. Noi ne parlammo diffusamente. L’articolo venne in seguito rimosso dal sito di Affaritaliani:

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L’articolo che parla di un dossier su Virginia Raggi, candidata alle comunarie M5S

Puntuale come un orologio svizzero si avvera la predizione di Alessandro Di Battista. Pochi minuti dopo l’apertura elle votazioni on line per i candidati a Cinque Stelle di Roma e Trieste, arriva il primo dossier.
“Vittima” è la consigliera e candidata Virginia Raggi, volto sempre sorridente della campagna a Cinque Stelle, giovane, con un passato limpido ma un profilo professionale che rimanda direttamente a Forza Italia. Secondo le carte che affaritaliani.it ha ricevuto, la Raggi è una degli avvocati giovani e brillanti dello studio legale Sammarco e Associati, fondato da Pieremilio Sammarco e specializzato in settori che vanno dalle acquisizioni e fusioni industriali e societarie, sino allo sviluppo dei progetti imprenditoriali e all’Itc e Media, settore che vede proprio la Raggi in campo.

All’epoca segnalammo che la storia del dossier era una bufala:

Ora, le carte che affaritaliani ha ricevuto non vengono mostrate, ma ad occhio non sembrerebbero tanto approfondite. Perché che la Raggi lavorasse allo studio Sammarco lo ha detto lei stessa nel curriculum pubblicato sul sito del Comune di Roma nell’anno 2013 (siamo nel 2016, lo ricordiamo ai più distratti).
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D’altro canto nell’articolo di Affaritaliani, nonostante si parli di dossier, non ci sono ulteriori informazioni sul lavoro svolto dalla Raggi nello studio legale Sammarco: che sia (stata) una degli «avvocati giovani e brillanti dello studio legale Sammarco» prima di diventare consigliera a Roma è un dato di fatto risaputo, così come dovrebbe essere risaputo che l’avvocato è un professionista come un medico, e quando lavora le sue convinzioni politiche non sono in gioco.

E la Raggi segnalò il nostro articolo sulla sua pagina Facebook:

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Il post sulla pagina facebook con cui la Raggi segnalò la bufala del dossier sbufalata su neXt

E all’epoca ancora non si sapeva – venne fuori durante la sua conferenza stampa nella sede della Stampa Estera a Roma – che la Raggi aveva svolto il suo praticantato nello studio Previti. Ma quello che è importante segnalare è che la notizia ad Affaritaliani sembrava essere arrivata, molto probabilmente, da uno dei tanti “fuorisciti” dal M5S romano all’epoca (anzi, qualche tempo prima) delle prime comunarie dei 5 Stelle. Ora, è possibile immaginare una catena di comunicazione che va da De Vito ai fuoriusciti e da lì al sito. Ma è un’ipotesi senza riscontri oggettivi. Intanto gli interessati smentiscono: «Non c’è nessun dossier», dice la Raggi a margine di un’iniziativa a Montecitorio. «Il rapporto con Virginia Raggi è ottimo, mai come in questo momento. Siamo al lavoro insieme e sulle scelte principali», le fa eco De Vito in Campidoglio. E viene in mente l’età d’oro (si fa per dire) della Democrazia Cristiana. Anche qui, infatti, sembra proprio che stia arrivando “una brutta corrente”.

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