Economia
Perché Trump vuole scatenare una guerra commerciale contro l'Unione Europea
Giovanni Drogo 30/03/2017
Dietro l’ipotesi di introdurre dazi punitivi contro alcuni prodotti europei c’è la cosiddetta “guerra del manzo” che vede contrapporsi UE e USA da più di vent’anni. E che oggi arriva a compimento con la mossa del presidente
Cosa significa America First, il motto vincente che ha portato Donald Trump alla Casa Bianca, in concreto? Il Presidente USA sembra seriamente intenzionato a non lasciare che quella parolina magica rimanga un vuoto slogan. Per rimettere l’America al primo posto l’amministrazione USA starebbe studiando l’ipotesi di alzare un nuovo muro, questa volta a livello doganale, per alcuni prodotti di origine europea. Secondo quanto riferisce il Wall Street Journal Trump avrebbe intenzione di imporre dei dazi punitivi come ritorsione per l’atteggiamento di chiusura tenuto da parte dell’Unione Europea per quanto riguarda la possibilità dei produttori di carne bovina made in USA di accedere al mercato europeo.
Il nuovo protezionismo dell’era Donald Trump
Quello con l’Europa, o meglio con alcune selezionate aziende come Vespa, Perrier o i produttori di formaggio Roquefort, è solo uno dei fronti della guerra commerciale che la nuova amministrazione USA sta aprendo in giro per il mondo. L’Europa in un certo senso è in buona compagnia perché anche i prodotti cinesi, dopo che Donald Trump ha affossato il Trans-Pacific Partnership, assieme a quelli canadesi e messicani (Trump ha manifestato l’intenzione di rinegoziare o ritirare il paese dagli accordi commerciali della NAFTA) rischiano di essere fortemente penalizzati sul mercato americano. Come sempre è da vedere se la Casa Bianca sarà in grado di far seguire alle parole e alle intenzioni i fatti, perché se c’è qualcosa che abbiamo imparato in questi primi mesi dell’era Trump è che in diverse occasioni il neopresidente non è riuscito a mantenere quanto promesso in campagna elettorale (o anche solo pochi giorni prima). Uno degli aspetti da tenere in considerazione in questa guerra commerciale che sta iniziando a montare è che anche in seno alla stessa amministrazione statunitense ci sono delle divisioni sul da farsi: ci sono coloro che vorrebbero imporre misure protezionistiche più stringenti in modo da difendere i prodotti americani ed altri che invece sono per un mercato più aperto e libero. Su questo secondo fronte oltre ad esserci molte aziende multinazionali USA sembrano esserci – stando a quanto sostiene il Los Angeles Times – anche gli uomini della Goldman Sachs che sono entrati a far parte del novero dei consiglieri del Presidente e degli uomini del suo gabinetto. Se la Cina resta il nemico principale numero uno per Trump il problema con l’Europa ha un sapore differente e non è tutta farina del sacco del nuovo Presidente USA.
La guerra del manzo all’origine dell’ipotesi di nuovi dazi
A quanto pare all’idea di imporre dazi punitivi che farebbero raddoppiare i prezzi di alcuni prodotti europei è l’ultimo capitolo di una disputa che viene da lontano, esattamente dal 1996 anno in cui USA e Canada inoltrarono il primo complaint ufficiale al WTO e quando l’inquilino della Casa Bianca era Bill Clinton. Il problema – che non è stato risolto durante la presidenza Obama – rappresenta una delle più complicate controversie tra membri del WTO è noto come Beef Hormone Controversity è quello delle importazioni di carne di manzo statunitense in Europa sulla quale l’Unione Europea aveva posto un divieto a causa dell’utilizzo di ormoni della crescita nell’industria dell’allevamento americano. Il settore della produzione di carne dà lavoro a decine di migliaia di americani e il giro d’affari delle esportazioni è pari a circa sei miliardi di dollari l’anno, per cui si tratta di un comparto importante per la bilancia commerciale statunitense. Nel 2008 l’Organizzazione Mondiale del Commercio (il WTO) ovvero l’organismo dove vengono regolati i meccanismo degli scambi commerciali tra paesi aveva stabilito che il divieto imposto dalla UE era illegittimo e che pertanto doveva essere rimosso o rimodulato in modo da consentire agli esportatori americani di poter vendere i loro prodotti nel Vecchio Continente. Nel 2009 USA e UE raggiunsero un accordo che ammorbidiva la posizione europea consentendo una maggiore apertura nei confronti delle carni bovine americane. Un accordo che secondo gli statunitensi non è stato rispettato, proprio a causa del protezionismo europeo, e i produttori di carne lamentano il fatto che le esportazioni verso l’Europa rimangono contenute e di valore ridotto rispetto a quelle verso altri paesi come Messico, Canada o Giappone. A complicare le cose per la UE (e a facilitarle per Donald Trump) c’è una legge varata nel 2015, quindi sotto la presidenza Obama, che rende più facile l’introduzione di dazi punitivi specifici. In base alle regole del WTO infatti gli USA possono introdurre queste barriere doganali che aumentano del 100% il valore delle merci importate solo per un valore pari a 100 milioni di dollari. Non saranno quindi tutti i prodotti europei (o italiani) a subire l’innalzamento delle tariffe doganali ma solo alcuni e sembra che l’idea sia quella di colpire in modo particolare il settore del lusso anche per non far pagare la guerra al consumatore statunitense medio che si troverebbe altrimenti a doverne pagare il costo. Prima dell’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca l’idea delle due parti era quella di risolvere la controversia all’interno degli accordi del TTIP, il trattato di partenariato transatlantico che doveva costituire la nuova era per i rapporti commerciali tra le due sponde dell’Atlantico e una maggiore apertura dei mercati europei e americani ma i cui negoziati sono stati per il momento congelati da parte americana e che potrebbe fare la fine del TTP. Al contrario di quanto deciso con il trattato transpacifico però su quello transatlantico Trump ha tenuto fino ad ora un atteggiamento più conciliante di fatto rimandando ogni decisione per concentrarsi sull’ipotesi di un accordo commerciale per “salvare” il Regno Unito dalla Brexit. La cautela di Trump è dettata anche dalla consapevolezza che gettare a mare sia il TTP che il TTIP potrebbe spingere Cina ed Unione Europea a negoziare un trattato commerciale per superare l’esclusione dal mercato statunitense.