Don Giulio Mignani, il parroco progressista che ha firmato per il referendum sull’eutanasia

di Massimiliano Cassano

Pubblicato il 2021-12-14

Il parroco di Bonassola (La Spezia) don Giulio Mignani, già famoso per le sue posizioni in controtendenza rispetto al conservatorismo della Chiesa, ha rivelato di aver firmato per il referendum sull’eutanasia legale promosso dall’Associazione Luca Coscioni

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Tra i firmatari del referendum sull’eutanasia legale promosso dall’associazione Luca Coscioni c’è anche don Giulio Mignani, parroco di Bonassola, vicino La Spezia, famoso per le sue posizioni in controtendenza rispetto alla linea conservatrice della Chiesa. Era stato rimproverato formalmente perché solito benedire e mostrare il proprio supporto verso le coppie omosessuali, ed era arrivato a indire una Giornata per il rispetto di ogni spiritualità sottolineando che “nessuno possiede verità assolute”.

Oggi, giorno dopo l’arrivo in Aula alla Camera del testo sul fine vita, ha voluto uscire allo scoperto su un altro argomento “scomodo” negli ambienti ecclesiastici, parlando in una conferenza presso un liceo della zona. “La mia posizione non nasce da una svalutazione della vita – ha detto Don Mignani – ma proprio al contrario: da un suo altissimo rispetto”. “Se un essere umano – ha aggiunto – ha liberamente scelto di mettere fine alla sua vita biologica perché l’esistenza è diventata una prigione e una tortura, chi veramente vuole il suo bene lo deve rispettare. E questo rispetto gli deve essere dato da tutti: Stato e Chiesa compresi”.

Le parole di don Giulio Mignani sull’eutanasia e il caso Dj Fabo

Nel suo lungo ragionamento, portato avanti di fronte a un’assemblea studentesca, il prete ha ricordato il caso di Fabiano Antoniani, noto come “Dj Fabo”, rimasto totalmente paralizzato in seguito a un incidente e “costretto” a porre fine alle sue sofferenze in Svizzera accompagnato materialmente da Marco Cappato. Quest’ultimo si autodenunciò subito dopo, ma il processo a suo carico ha portato a un’assoluzione. “Casi come questo mi hanno condotto a riflettere senza tabù e pregiudizi sull’ipotesi eutanasia – spiega don Giulio Mignani – mi sono infatti chiesto come mi comporterei nel caso fossi affetto da una malattia che implicasse gravi sofferenze, che fosse inguaribile o che prevedesse come esito certo la morte, magari per soffocamento, nel giro di pochi mesi. Se eutanasia vuole dire “buona morte”, penso che sarei confortato dal sapere che è predisposta una legge tale da permettermi, nel caso non riuscissi più a sopportare i miei disagi o una condizione di vita completamente degradata, di morire dignitosamente e senza ulteriori sofferenze. Riconosco infatti che anch’io, come forse altre persone, non ho paura tanto della morte quanto del morire, cioè del modo in cui si arriva alla morte, e avrei dunque piacere di poter decidere in tal senso”.

“Molti obiettano – conclude – che una morte può dirsi buona soltanto quando rispetta i tempi e i modi previsti dalla natura, eventuale sofferenza compresa. Io però mi chiedo se è veramente lecito decidere a tavolino e oggettivamente quando una morte è buona. Per alcune persone determinate conseguenze negative prodotte da una malattia possono essere considerate sopportabili e addirittura di alto valore spirituale. Per altri la medesima situazione può costituire invece una tortura devastante che rende la vita disumana e questo può condurle a preferire che essa sia interrotta in anticipo. Quale di queste morti può essere detta buona? Chi può decidere la bontà di quel momento? A mio avviso, il criterio ultimo deve essere sempre la persona”.

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