«Di Maio salvato da un amico nell’Odg»

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-02-01

Il sindacato campano accusa: “Il vicepresidente Falco in rapporti col ministro, suo figlio lavora per lui”

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Il Consiglio di disciplina dell’Ordine dei Giornalisti della Campania nei giorni scorsi ha “assolto” Luigi Di Maio dall’accusa di aver offeso i colleghi con la sua definizione di “infimi sciacalli” nelle sue tante uscite contro la stampa italiana. Vincenzo Iurillo sul Fatto Quotidiano ci racconta oggi che il figlio del vicepresidente dell’Ordine dei giornalisti della Campania Mimmo Falco – quell’Ordine che il M5S vorrebbe eliminare – lavora proprio con Di Maio. La storia che racconta il Fatto parte dal tentativo di Falco di scalare il Sindacato dei giornalisti campano (Sugc) acquistando 150 tessere con 7.500 euro in contanti e un plico di moduli molti dei quali precompilati, secondo la perizia di un grafologo, da un’unica mano e dall’avvocato che ha difeso Di Maio davanti all’Ordine, Maurizo Lojacono:

Anche Lojacono, come Di Maio, è giornalista pubblicista. È iscritto all’ordine dal 16 febbraio 2004, ed è avvocato anche di Falco sin dal 2010, sin da quando era vicepresidente dell’Odg nazionale, in alcune sue iniziative di denuncia. A tirarlo in ballo con una lunga nota al Fatto è stato Claudio Silvestri, segretario del Sugc. Silvestri ricorda che Lojacono è il legale di Falco nei ricorsi contro l’annullamento delle 150 tessere disposto dal Sugc, con la motivazione che le richieste devono essere presentate personalmente o almeno accompagnate da una delega.

SILVESTRI SOTTOLINEA fatti e notizie ricavabili da fonti aperte. Come alcune dichiarazioni di novembre di Falco a Il Mattino con cui ricorda che un giovanissimo Di Maio lo sostenne alle elezioni 2010 dell’Ordine. E spiegando così perché il figlio, Luigi Falco, ora lavora come addetto stampa del ministero del Lavoro retto proprio da Di Maio: “Solo un caso: appena eletto (Di Maio, ndr), un amico mi chiese se c’era qualcuno che potesse seguirlo e io gli proposi mio figlio”.

Secondo Silvestri l’archiviazione di Di Maio è figlia di due errori, uno sostanziale e uno politico. Quello sostanziale: “Per il consiglio di disciplina i pubblicisti possono comportarsi come il dottor Jekyll e il signor Hyde, dimenticare le regole deontologiche quando sono Hyde e ricordarle quando sono Jekyll ”. Quello politico: “Di Maio è un membro del governo che aggredisce con una violenza inaudita il principio costituzionale della libertà di informazione, bisognava tenere la schiena dritta”.

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