Il DEF, lo spread e il rischio recessione

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-10-06

Le banche riducono i prestiti a famiglie e imprese, il credit crunch è dietro l’angolo. La ripresa più forte immaginata dal governo non si vede

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Federico Fubini sul Corriere della Sera oggi mette in guardia sul rischio recessione derivato dai primi segnali di rallentamento nell’economia italiana, che potrebbe essere acuito dalle misure promesse nella manovra gialloverde:

Si annunciano risparmi immediati per circa 3,5 miliardi ai ministeri ma, tolto il personale, i loro costi già ora sono di appena 13 miliardi e non sarà facile tagliare oltre l’osso (senza aver nominato un commissario alla spending review). Eliminare gli sgravi fiscali più sostanziosi significa poi scontentare elettori, per esempio nell’autotrasporto o in agricoltura.

Inoltre non si calcola l’ammanco di gettito contributivo e dall’imposta sui redditi che deriva dal pensionamento anticipato di centinaia di migliaia di persone giunte al massimo in busta paga, anche se poi fossero davvero tutte sostituite da giovani a salari molto inferiori. Infine, il livello dei rendimenti del debito pubblico è così alto da far pensare che alla fine gli interessi costeranno almeno due miliardi in più di quanto messo nero su bianco.

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Lo spread negli ultimi giorni (Il Sole 24 Ore, 5 ottobre 2018)

I segnali sono chiarissimi: basta guardare ai prestiti alle famiglie e alle imprese:

Insomma quel deficit al 2,4% nel 2019 suona come una vaga speranza, non un progetto solido. Si promette allora di far tornare i conti con la crescita, ma è probabile? Il crollo del valore dei titoli di Stato da metà maggio in poi ha alzato il costo di finanziamento e eroso il capitale delle banche, che infatti già da giugno si sono ridotti i prestiti alle famiglie (-2%) e alle imprese (-8%). Una stretta al credito è dietro l’angolo. Fra gli osservatori europei c’è chi pensa che queste siano circostanze tipiche di una recessione, non della ripresa più forte che prevede il governo.

Per non parlare poi della sua (teorica) promessa, degna di un ordoliberista tedesco, di ridurrei l deficit nel 2021 proprio quando la crescita frenerà. Insomma i conti non tornano e le tensioni possono avvicinarsi a un punto di rottura. Forse, è quello che qualcuno cercava dall’inizio.

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