La marcia indietro del governo Conte sul “Daspo a vita” per i corrotti

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-09-06

L’avvocato del Popolo non eletto dal Popolo oggi ha spiegato che non ci sarà alcun “DASPO ad aeternum” per corrotti e corruttori come aveva annunciato il vicepremier Di Maio. Il motivo? C’è il rischio che venga giudicato incostituzionale. E anche sull’agente “provocatore” non ci sono novità rivoluzionarie. Sarà un infiltrato sotto copertura, una figura che esiste già

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«Potrete anche patteggiare, ma il DASPO ad aeternum non ve lo toglie nessuno. Marchiati a vita. È un modo, l’unico giusto, per proteggerci da voi. Per proteggere lo Stato, gli imprenditori onesti che da anni chiedevano questa misura e tutti noi cittadini». Così scriveva appena due giorni fa un trionfante Luigi Di Maio annunciando l’arrivo della legge Spazza Corrotti, presentata come «la prima seria misura contro la corruzione che viene discussa in Italia dal dopoguerra ad oggi».

Lo Spazza Corrotti senza il “DASPO ad aeternum” di Di Maio e Bonafede

Il vicepremier del governo degli annunci di cambiamento era veramente euforico. Oggi però è arrivata la doccia fredda di Giuseppe Conte, che in un’intervista a Lucia Annunziata pubblicata sull’Huffington Post ha precisato che il DDL anticorruzione che sarà discusso oggi pomeriggio in Consiglio dei Ministri non prevede l’interdizione a vita dai pubblici uffici e dalla possibilità di  di partecipare a gare pubbliche. Il nuovo testo della Legge Spazzacorrotti prevederà la possibilità di una riabilitazione del corrotto, trascorsi 15 anni. Il DASPO a vita annunciato da Di Maio e Bonafede scompare quindi dall’orizzonte degli eventi.

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Già subito dopo l’annuncio erano cominciati i primi malumori nella maggioranza, con i grillini a ricordare alla Lega che l’idea del DASPO a vita per corrotti e corruttori era presente al punto 15 del contratto di governo dove si parla appunto di «perpetua incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione per un reato di tipo corruttivo contro la Pubblica Amministrazione». Insomma alla Lega il Daspo eterno – valido anche  in caso di patteggiamento o sospensione condizionale della pena e senza possibilità di riabilitazione – deve andare bene per forza.

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Se non fosse che c’è un piccolo problema: il rischio che la legge così com’è stata presentata da Di Maio e Bonafede possa essere giudicata incostituzionale. Perché la pena accessoria del Daspo “a vita” non si estingue con l’estinguersi della pena principale e soprattutto non tiene conto di quanto previsto dall’articolo 27 della Costituzione che stabilisce che le pene «devono tendere alla rieducazione del condannato». A prospettare l’incostituzionalità della norma prevista dal DDL approntato dal ministro Bonafede era stato anche il presidente dell’ANAC Cantone durante un fuorionda con il procuratore Pignatone captato dal Fatto Quotidiano a fine giugno. Il capo dell’Anticorruzione aveva poi ribadito al Fatto.it che «in merito alla bozza che circola sul daspo ai corrotti, ho detto al procuratore di Roma che sono convinto del modo in cui è strutturata la norma, soprattutto rispetto all’aggravamento dell’interdizione, ma evitando di estendere troppo i reati che possono portare a questa pena accessoria perché tale aspetto potrebbe presentare profili di incostituzionalità. Sono concetti che poi, nel pomeriggio, ho ribadito anche al ministro Bonafede nel corso di un incontro privato concordato da tempo». E non solo, come evidenzia Antonio Di Pietro oggi a Repubblica il Daspo potrebbe anche essere completamente inefficace qualora un’azienda corruttrice decidesse di avvalersi di singoli corruttori. In questo modo il titolare dell’azienda potrebbe salvarsi e continuare ad avere rapporti con la Pubblica Amministrazione.

Qual è la novità dell’agente sotto copertura?

Il premier Conte ha anche precisato il ruolo di un altro aspetto del DDL che era stato criticato dalla Lega, quello dell’agente sotto copertura. Il presidente del Consiglio ha spiegato che «Non sarà- un soggetto che provoca il reato per incastrare i corrotti, ma un agente che raccoglie prove nel corso di una indagine… tecnicamente un agente sotto copertura non un agente provocatore». Luigi Di Maio aveva presentato così la “novità” dello Spazza Corrotti:

Prima dell’approvazione di questa legge voi corrotti, ad esempio, potevate contare sul fatto che chi viene a proporvi una mazzetta per truffare un concorso o un appalto sia senza dubbio alcuno un corruttore certificato e che nessuno possa scovarvi. Con lo Spazza Corrotti non sarà più così. Mentre ti propongono la tangente ci potrebbe essere un infiltrato delle forze dell’ordine proprio al tuo fianco perché pensi che faccia parte della combriccola. E invece è lì per arrestarti, un moderno Donnie Brasco. La figura dell’infiltrato, infatti, potrà ora occuparsi anche di corruzione grazie al nostro impegno. Avrete il terrore di accettare quella tangente e quindi magari non lo farete.

Sempre Di Pietro a Repubblica spiega però che non c’è alcuna novità. Se per agente sotto copertura, dice l’ex PM di Mani Pulite «s’intende colui che, quando è stato aperto un fascicolo, sta
andando di nascosto dai criminali a cercare le prove del reato, è la scoperta dell’acqua calda». Di Pietro spiega che è esattamente lo stesso metodo utilizzato dal Pool per incastrare Mario Chiesa: «c’era un imprenditore che pagava le mazzette per poter lavorare nel settore delle pulizie al Pio Albergo Trivulzio, con i carabinieri gli abbiamo messo un paio di microspie addosso e al momento
giusto siamo intervenuti, da lì è venuto giù il sistema delle tangenti». Ed il bello è che lo si può già fare per legge. Quello che non si può fare, e a quanto fare non si potrà fare nemmeno dopo la rivoluzione del governo del cambiamento, è indurre qualcuno a commettere un reato per “incastrarlo”. Una tecnica utilizzata più da programmi come Le Iene che da magistrati e poliziotti.

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