La deputata M5S voleva mettere un suo collaboratore alla Sanità in Calabria, ma…

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-05-30

Ieri in Aula il MoVimento 5 Stelle ha scoperto cosa significa essere accusati di conflitto d’interessi. Non solo il M5S ha scritto una norma per consentire di nominare persone fuori dall’Albo Nazionale ma si è scoperto che una di quelle persone era un collaboratore dell’Onorevole pentastellata che però precisa che si trattava di “un collaboratore non stipendiato”

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Vi ricordate di quando il MoVimento 5 Stelle se la prendeva con la cosiddetta Casta di quelli che invece che pensare al bene comune faceva i propri interessi aiutando parenti e amici?A quanto pare quei giorni sono finiti. Il momento esatto in cui il Parlamento se ne è accorto è stato durante la discussione di ieri alla Camera della conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, recante misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria. Relatrice del provvedimento la deputata M5S Dalila Nesci.

Come il M5S cambia le regole del gioco al grido di onestà e competenza

La discussione riguardava l’annosa (e spinosa) questione della sanità pubblica in Calabria. La bagarre è scoppiata in Aula quando dai banchi dell’opposizione i deputati del Partito Democratico hanno fatto notare come all’interno del testo ci fosse una norma che prevedeva una deroga alla legge nazionale che consentiva di nominare come commissari governativi (che poi potranno diventare direttori generali) delle ASL anche personale in quiescenza purché “con comprovata esperienza, in particolare in materia di organizzazione o di gestione aziendale”. In buona sostanza per qualche motivo che non era chiaro il Governo e il MoVimento 5 Stelle voleva scegliere i commissari “anche” (quell’anche è molto importante, visto che era stato messo nel testo) persone che non avevano i requisiti necessari come ad esempio non essere all’interno dell’Albo Nazionle.

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Qual era la ragione di questa scelta? Secondo l’opposizione non era certo quella di premiare il merito quanto invece quella di mandare avanti una particolare persona. Persona che risulta essere collaboratore proprio di Dalila Nesci. Quel collaboratore – si è scoperto durante il dibattito – è Gianluigi Scaffidi (che in teoria avrebbe dovuto essere nominato alla ASP di Vibo Valentia). Che sia un collaboratore della Nesci lo si evince da alcuni comunicati stampa dell’onorevole pentastellata e da post sul suo sito personale.

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La cosa divertente è che la Nesci ad un certo punto, per giustificarsi, ha precisato che le nomine non erano ancora state fatte e che Scaffidi, che guarda caso è in quiescienza e che secondo alcune indiscrezioni era la persona designata alla guida di una delle Aziende sanitarie locali calabresi «non è mai stato un mio collaboratore stipendiato». Il fatto che fosse “non retribuito” naturalmente invece che spegnere il dibattito lo ha acceso, perché a quel punto si sono levate accuse di voler in qualche modo compensare il servizio reso gratuitamente e volontariamente. «Noi
non vorremmo che questa fosse l’occasione per dare uno stipendio ad un collaboratore a carico dell’erario, a carico della finanza pubblica», dice Ivan Scalfarotto.

Dalila Nesci e la differenza tra onestà urlata e onestà percepita

A far esplodere il caso è stata la deputata PD Vincenza Bruno Bossio che ha denunciato il possibile conflitto di interessi (negato dal M5S). Secondo la Bruno Bossio «questo conflitto di interessi non nasce tanto dal fatto che la deputata Nesci, attraverso di lei, sta scegliendo un collaboratore del suo collegio, ma perché, per arrivare a questo risultato, avete dovuto derogare a una legge nazionale che prevedeva di attingere dall’albo nazionale, previsto dal decreto legislativo n. 171 del 2016».

Conflitto di interessi o meno è alquanto curioso che proprio il M5S, quello sempre pronto a denunciare favori o presunti tali agli amici degli amici scriva una deroga ad una norma che potrebbe finire per favorire proprio una specifica persona. Tant’è che qualcuno parla di norma “ad personam”. A quel punto il sottosegretario alla Sanità Bartolazzi dice di non essere informato sulla questione mentre dai banchi dell’opposizione si grida “onestà-onestà” e si chiede che fine abbiano fatto meritocrazia e trasparenza. Interviene allora la ministra della Salute Giulia Grillo che tenta di spiegare che dal momento che quella nomina non è stata fatta quello era un processo alle intenzioni.

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Ma Nicola Stumpo di LEU fa notare che «il 23 di questo mese il commissario ad acta ha mandato una lettera al presidente della regione – figura istituzionale, non di partito – un elenco con sette nomi» all’interno della quale si fa anche il nome di Scaffidi. Per la Nesci però non c’è nessun conflitto d’interessi perché quel nome è stato fatto dai Commissari alla Sanità e si tratta in realtà di un tentativo del PD di strumentalizzare la vicenda. Alla fine però la Grillo è costretta a cedere e annuncia di rinunciare “all’ipotesi di fare questa nomina” anche se a suo avviso non c’è alcun conflitto d’interessi.

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