Crisi o non crisi: cosa potrebbe succedere giovedì al governo

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-07-12

Le mosse del MoVimento 5 Stelle hanno destabilizzato il già labile equilibrio della maggioranza allargata. E ora, con il voto di fiducia al Senato sul dl Aiuti, gli scenari si fanno sempre più foschi

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Non avrà aperto il Parlamento come una scatoletta di tonno, ma l’atteggiamento recente del MoVimento 5 Stelle ha fatto saltare i tappi delle bottiglie di tutti i partiti a sostegno dell’esecutivo guidato da Mario Draghi. Lunedì, i pentastellati sono usciti dall’Aula di Montecitorio durante le operazioni di voto sul dl Aiuti. Un segnale che arriva a meno di una settimana da quell’incontro tra il Presidente del Consiglio e Giuseppe Conte. Ma questa decisione targata M5S non rappresenta il culmine: l’apice, infatti, potrebbe arrivare nella giornata di venerdì, quando i senatori saranno chiamati a votare la fiducia all’esecutivo, sempre sullo stesso decreto legge. E se il fronte grillino deciderà di tenere il punto, si aprirà – ancor di più – la voragine della crisi di governo.

Crisi di governo, cosa potrebbe succedere dopo il voto di giovedì

Dopo quanto accaduto ieri pomeriggio, Mario Draghi è salito al Colle per un colloquio con il Presidente della Repubblica. Un atto dovuto e formale, per informare Sergio Mattarella sullo stato di salute del suo governo. Ma la situazione si snoda lungo un fascio di nervi che, ormai, sono esposti in tutti i partiti. E decisiva sarà la “partita” di Palazzo Madama. Al momento, il MoVimento 5 Stelle non ha sciolto le riserve sul voto di fiducia (se ci fosse una linea di coerenza, sarebbe inevitabile l’astensione anche in questo caso), e anche gli altri partiti hanno iniziato a mostrare i muscoli davanti a Palazzo Chigi.

La Lega dice – come spiegato dal capogruppo del Carroccio al Senato, Massimiliano Romeo, al Corriere della Sera – di voler essere più ascoltata. Forza Italia vuole una verifica sulla tenuta del governo. Il Pd assiste, quasi silenziosamente, al caos non più calmo che si sta per scatenare. E nel mezzo del marasma c’è Mario Draghi. Come riporta Francesco Verderami sul Corriere, il numero uno di Palazzo Chigi è irritato per la situazione che si è venuta a creare. E questo malcontento è trapelato durante un colloquio con il capo in pectore di Forza Italia, Antonio Tajani:

“Ne ho le tasche piene. Non permetterò che questa situazione si trascini a lungo. E se non si comporrà, sarò io a salire al Quirinale”.

C’è un prima e un dopo. Queste parole sono state pronunciate prima della mossa pentastellata di lunedì. Quindi, l’incontro con Mattarella al Colle è già avvenuto. Ma potrebbe essere solamente propedeutico alla salita al Colle che potrebbe arrivare nella serata di giovedì, qualora il MoVimento 5 Stelle decidesse di non partecipare al voto di fiducia al Senato sul dl Aiuti. Giochi politici o coerenza? La risposta la conoscono solamente i protagonisti di questa vicenda, coloro i quali tengono nelle mani i cavi che possono tenere accesa o spenta la possibilità di sopravvivenza dell’esecutivo. Insomma, la crisi di governo sembra – ogni giorno di più – non dipendere da Draghi. E lo si evince dalle parole di Antonio Tajani, sempre al Corriere della Sera:

“È il momento della chiarezza, la nostra richiesta è semplice: il M5S ci deve dire cosa vuole fare. Devono spiegare se sono ancora dentro la maggioranza o se sono fuori. Serve serietà”.

E nel mezzo del marasma, il Ministro per i Rapporti con il Parlamento – il pentastellato Federico d’Incà – prova a gettare acqua sul fuoco. In un confronto con un parlamentare forzista, l’esponente M5S ha provato a sgonfiare la situazione, ammettendo:

“Si tratta solo di schermaglie politiche. Lo fece anche la Lega sul decreto Green Pass”.

Tempi ovviamente diversi. Perché tra meno di un anno si voterà per il rinnovo del Parlamento (questa volta con la riduzione del numero dei parlamentari) e ogni mossa non può che avere riflessi nella percezione dello scopo elettorale.

Quindi, che succede?

Dunque, ci sarà la crisi di governo giovedì? Il MoVimento 5 Stelle annuncerà la sua fuoriuscita dal campo largo della maggioranza? Difficile offrire scenari di tatticismo politico-elettorale. Sta di fatto che, qualora i pentastellati dovessero ripetere al Senato quanto già fatto lunedì alla Camera, Mario Draghi sarà costretto a ripercorrere la strada verso il Quirinale. Potrebbe decidere, come spiegato da Stefano Cappellini su La Repubblica, di rimettere il suo mandato nelle mani di Mattarella. E poi? Il Capo di Stato potrebbe tentare un nuovo passaggio parlamentare, per verificare i numeri a sostegno della maggioranza. E potrebbero esserci. Ricordiamo, infatti, che la scissione di Di Maio (e la creazione di un gruppo consolidato a Montecitorio e di un gruppo sparso al Senato) garantirebbe una maggioranza (seppur ridotta) sia alla Camera che al Senato. Ma dopo lo “stappo” pentastellato, c’è il rischio che i tentativi di emulazione si palesino davanti agli occhi dell’ex numero uno della BCE. E la Lega, questa volta, si sta nascondendo. Sta aspettando la mossa di altri per rendere fecondo il terreno della crisi di governo.

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