E così i renziani vanno alla guerra… con Gentiloni

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-02-10

Una mozione chiede al governo di non aumentare le tasse per la “manovrina che ci chiede l’Europa”. E arriva dopo il documento dei 40 senatori pro-Gentiloni. Ma…

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Per la correzione dei conti pubblici il governo dovrebbe “reperire le risorse unicamente dal taglio alla spesa pubblica improduttiva e dalla lotta all’evasione fiscale” “al fine di scongiurare l’aumento della pressione fiscale”. È l’impegno che chiede al governo la mozione depositata da Edoardo Fanucci, che ha raccolto 37 firme tra i deputati democratici. Nel testo della mozione si invita quindi a non “incidere sulla revisione delle accise su tabacchi e carburanti”. Non solo: tanto per rendere chiaro a tutti il mandante politico dell’operazione, nel testo della mozione si ricorda che il governo Renzi “ha perseguito da subito l’obiettivo della diminuzione della pressione fiscale” e si ricordano gli interventi che si sono susseguiti negli ultimi tre anni e che hanno portato “la pressione fiscale al 42,1 per cento nel 2016, dal 43,6 del 2013”.

E così Renzi va alla guerra… con Gentiloni

La polemica scoppia oggi dopo un articolo di Repubblica a firma di Goffredo De Marchis. La mozione per chiedere al governo di non cercare le risorse per rispondere all’Europa attraverso aumenti di tasse “è una mia idea” e contiene anche “i suggerimenti alternativi” agli aumenti delle accise ipotizzati finora, puntando su lotta all’evasione e agli sprechi. Quindi “propositivi nei confronti dell’attuale governo”, non contro, per garantire la “continuità” con quello precedente, ha detto Fanucci oggi.

C’è la manina di Matteo Renzi in questa mozione? «No – dice Fanucci -. Ma io spero che sia d’accordo. È sempre stata la sua linea». Una linea che il segretario del Pd conferma nei messaggini inviati in questi giorni ai suoi fedelissimi. La contrarietà alla manovrina fatta con le accise è dichiarata a gran voce, «bisogna contestarla in ogni occasione», scrive l’ex premier invitando a fare dichiarazioni in tal senso. E amaramente Renzi aggiunge: «Se passa questo tipo di manovra è un disastro. Così si vanificano i mille giorni».
Dunque, il segretario «non mette il timbro su questa o su altre iniziative», come dice, ma sicuramente lascia fare perché quella è la sua linea e il suo profondo convincimento. Occorre sganciare l’immagine del Partito democratico da interventi del genere, per non finire triturati nel consenso. E al la fine diventa un ulteriore argomento, molto politico e molto convincente per un partito che ha seguito la strada faticosa del taglio delle tasse, per dimostrare che andare alle urne subito, a giugno, sarebbe, potendo, la cosa migliore.

edoardo fanucci
DI cosa stiamo parlando? La manovrina che ci chiede l’Europa prevede un aumento delle accise sui carburanti: ovvero la classica imposta indiretta che colpisce tutti ma va incidere maggiormente su chi guadagna di meno. Una misura non certo popolare, ma secondo i tecnici del l’esecutivo nemmeno troppo dolorosa. E sicuramente efficace per fare cassa: ogni centesimo di aumento dell’accisa (sulla quale si paga pure l’Iva), produce un gettito di 400 milioni di euro l’anno. Con tre centesimi si garantirebbe la copertura delle spese per il terremoto aggiuntive a quelle già stanziate in bilancio, che il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni ha stimato in oltre un miliardo. I calcoli dell’Unione Petrolifera ci dicono che per la benzina  si tratterebbe di un ulteriore incremento di non meno di 3-4 centesimi euro/litro. Cifra destinata a superare anche la soglia dei 4 cent per litro nel caso, come sembra, gli aumenti partissero ad aprile e dunque venissero concentrati in appena 9 mesi. Con aumenti del genere, secondo stime di mercato, l’aggravio annuo sarebbe compreso tra i 26 euro delle vetture a benzina ed i 34 dei diesel. Il governo invece fa sapere che l’aumento si limiterebbe a un paio di centesimi, anche se per ora nulla è deciso.

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La manovra (La Repubblica, 4 febbraio 2017)

Come l’ha presa Gentiloni?

In mattinata Repubblica aveva pubblicato un altro articolo in cui si raccontava dell’irritazione di Palazzo Chigi e via XX Settembre per l’uscita di Fanucci. L’ufficio stampa di Palazzo Chigi però ha smentito la ricostruzione e definito “infondata e fantasiosa qualsiasi reazione alla mozione Pd attribuita al presidente o alla Presidenza del Consiglio”. Di certo l’iniziativa sembra essere più un modo di fare campagna elettorale all’interno piuttosto che un aiuto all’esecutivo; se non altro perché se Fanucci avesse voluto davvero offrire una via d’uscita al premier avrebbe dovuto per lo meno indicargli le alternative sui soldi da trovare (non indicando genericamente “tagli alla spesa pubblica”, visto che a dire così son capaci tutti e la spesa pubblica – di solito si tende a dimenticarlo – fa parte del PIL).
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E infatti Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio della Camera, chiosa con chirurgica precisione: “Oggi non ha senso fare inutili discussioni con la commissione europea su uno 0.2 del rapporto Deficit/pil, avrebbe avuto senso sbattere i pugni sul tavolo tre anni fa per due punti di pil per far ripartire il Paese; rompere oggi per 3.4 mld e incorrere in una procedura di infrazione non mi sembra il caso. Il ministro Padoan, in vista della correzione dei conti chiesta da Bruxelles, non ha mai detto in alcuna sede istituzionale che saranno aumentate le accise, la mozione di Fanucci, giovane e bravo parlamentare PD, la trovo strumentale. La mozione dei 35 renziani parte da una premessa sbagliata. Impegnano il governo, in vista della manovra correttiva, a non aumentare le accise ma a tagliare solo la spesa. La mozione l’avrei firmata anche io se avessero semplicemente scritto ‘premesso che il governo Renzi non è riuscito a tagliare la spesa perché è fallita la spending review’. È evidente che si tratta di una mozione politica che non entra nelle dinamiche economiche, sarebbe opportuno sapere se e’ stato il Partito ad ispirarla perché in quel caso sarebbe molto grave”. Poi, si potrebbe casualmente ricordare, la mozione arriva dopo il documento dei senatori PD pro Gentiloni, sottoscritto da quaranta che però, a differenza dei 35 renziani alla Camera, sono davvero decisivi per il passaggio di qualunque legge a Palazzo Madama, compresa quella elettorale. Chi ha orecchie per intendere intenda.

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