Cosa succede al Monte dei Paschi di Siena dopo le dimissioni di Viola

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-09-09

La caccia per trovare il nuovo amministratore delegato è stata affidata alla Egon Zhender. In pole position, Marco Morelli. La scelta del consorzio di banche e la posizione del governo

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Ieri l’amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena Fabrizio Viola ha rassegnato le dimissioni. Una decisione che ha colto di sorpresa consiglio d’amministrazione e azionisti, mentre la caccia per trovare il nuovo amministratore delegato è stata affidata alla Egon Zhender. In pole position, Marco Morelli, un cavallo di ritorno, attuale responsabile di Merril Lynch in Italia, con un passato, 2003-2010 nel Monte dei Paschi di Siena. Sotto la gestione del tandem Vigni-Mussari, assunse la carica di Vice Dg della banca senese Poi altri due top banker italiani, scrive Il Sole 24. Ore. Ieri erano circolati anche i nomi di Giampiero Maioli, Ad di Cariparma e di Giorgio Pernici, Dg di Mps Capital Services, in quest’ultimo caso si tratterebbe di una soluzione per vie interne. Peraltro la poltrona di Ad, che la banca ha assicurato di riempire in brevissimo tempo, potrebbe essere a tempo e finalizzata a garantire l’esecuzione del progetto di ricapitalizzazione. Poi saranno i nuovi soci forti che emergeranno dall’aumento di capitale a decidere se confermare o cambiare l’Ad. Stesso discorso varrà per il presidente Massimo Tononi.

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Gli azionisti del Monte dei Paschi di Siena (Il Sole 24 Ore, 9 settembre 2016)

La banca sta attraversando una fase molto delicata. Il piano di salvataggio è in corso di definizione e la sua riuscita sta molto a cuore al governo, vista la ricaduta che un bail-in della terza banca italiana avrebbe sull’intero sistema. Solo pochi giorni fa, al forum di Cernobbio, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha escluso l’esistenza di un piano B per Mps, dicendosi fiducioso nell’attuale piano di ristrutturazione. L’operazione prevede la dismissione di 27,7 miliardi di sofferenze lorde del Montepaschi (su un totale di 47 miliardi di crediti deteriorati), con un prezzo medio del 33% del valore nominale dei prestiti, affiancata da un aumento di capitale da 5 miliardi di euro. I tempi annunciati a luglio prevedevano l’approvazione del piano industriale entro la fine di settembre, a ottobre-novembre la convocazione dell’assemblea per l’approvazione dell’operazione e l’obiettivo di completare l’aumento di capitale e la cessione dei crediti in sofferenza entro la fine del 2016. La tempistica si incrocia con quella del referendum costituzionale. Le banche del consorzio ritengono che l’operazione, per poter essere digerita dal mercato, debba essere lanciata dopo la consultazione. Che, se venisse fissata dopo il 27 novembre, potrebbe far slittare l’aumento nel 2017. Oggi in Borsa il titolo Mps ha guadagnato il 3,6% a 0,24 euro. Scrive oggi il Sole 24 Ore:

Viola lascia in un momento cruciale. Le indiscrezioni davano come probabile un suo addio, ma più avanti nel tempo: cioè dopo l’approvazione del piano di aumento di capitale previsto a fine settembre. Resta da capire il motivo di questa accelerazione: forse la necessità di presentare agli investitori esteri un business plan di Mps fondato su elementi di rinnovamento, visto che il nome di Viola era associato ai precedenti aumenti di capitale della banca senese. In parte, su questa decisione potrebbe avere pesato anche la volontà del Governo di dare un segnale di cambiamento in vista di un’operazione di aumento di capitale assai complessa.

L’avvicendamento arriva dopo che le banche del consorzio di garanzia dell’aumento di capitale da 5 miliardi di euro hanno raccolto l’indisponibilità di diversi investitori a puntare sul Monte in assenza di un passo indietro di Viola. Determinante nell’uscita di scena di Viola la posizione del Governo. Al termine di una mattinata concitata, sarebbe arrivata una telefonata chiave da Roma. Morelli dal 2006 al 2010 è stato vicedirettore generale di Mps e sarebbe gradito a Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri, l’associazione delle fondazioni, che hanno investito mezzo miliardo di euro nel Fondo Atlante.Intanto, sempre sul Sole, Nicola Borzi scrive:

Negli strumenti finanziari subordinati di Classe 2 che compaiono nella tabella a pagina 454 del bilancio consolidato di Monte dei Paschi ve n’è uno da 400 milioni di euro che scadrà il prossimo 10 ottobre. Non si tratta di un bond, ma viene classificato come “debito subordinato” e paga un rendimento fisso pari all’Euribor a tre mesi più uno spread del 2,8%. Questo strano “fossile” riporta indietro le lancette al 10 ottobre 2006, quando fu emesso: un’altra era geologica, per il settore della finanza, prima della grande crisi dei subprime. Non si tratta però di una emissione di Monte dei Paschi: non è un titolo e non è nemmeno quotato. È l’ultimo residuo dell’acquisizione datata 8 novembre 2007 di Banca Antonveneta. Per capirlo occorre fare un passo indietro e tornare al bilancio consolidato 2006 dell’ex Antoniana Popolare: vi si legge che «Banca Antonveneta e Interbanca hanno stipulato con Abn Amro contratti di finanziamento subordinato – rispettivamente per 400 milioni di euro e 200 milioni di euro, entrambi computabili nel patrimonio di vigilanza individuale e consolidato – concessi a condizioni concorrenziali rispetto a quelle vigenti sul mercato per i titoli obbligazionari subordinati».
Il “finanziamento Abn Amro Bank Nv” a tasso variabile, scadenza 10 ottobre 2016, è un subordinato lower tier II che appare a bilancio nella voce “debiti verso banche”, «computabile nel patrimonio di vigilanza e incluso, nel passivo di bilancio, fra le passività interbancarie. Le condizioni del finanziamento sono concorrenziali rispetto a quelle vigenti sul mercato per i titoli obbligazionari subordinati», scriveva Antonveneta. L’operazione era stata realizzata «previa acquisizione della autorizzazione alla computabilità da parte dell’Organo di Vigilanza».

Intanto il titolo ha avuto oggi un avvio positivo a Piazza Affari dopo le dimissioni di Viola.

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