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Cosa c'è di strano nel voto degli italiani all'estero per il referendum sulle riforme

Alessandro D'Amato 23/11/2016

I rischi per la segretezza nelle procedure. Le schede stampate in eccesso. L’incidenza del 5% sul voto totale. E i tanti brogli negli anni al voto in parlamento

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Ieri il costituzionalista Alessandro Pace, presidente dei comitati per il No al referendum, ha annunciato un ricorso in caso di vittoria del sì con voto decisivo degli italiani all’estero. Questo perché  «il voto degli italiani all’estero non è segreto come vuole la Costituzione», ha denunciato ieri. La Carta, agli articoli 48, 56 e 57, sancisce il diritto di voto dei cittadini residenti all’estero, regolato dalla legge 459 del 2001, nota come legge Tremaglia, dal parlamentare Mirko Tremaglia.

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Come funziona il voto degli italiani all’estero (La Stampa, 23 novembre 2016)

Cosa c’è di strano nel voto degli italiani all’estero per il referendum

Oggi i comitati per il No incontreranno il ministro Paolo Gentiloni per capire come sono state definite le liste degli italiani residenti all’estero. Molti temono che una forte percentuale di astensionismo possa tenere lontano dalle urne gli elettori orientati al No. Ma c’è chi non vuole mostrare dubbi, come fa Massimo D’Alema. L’ex premier considera sbagliato pensare a ricorsi. «Si fanno quando si perde e io non credo che il No perderà. Inoltre si fanno avendo delle ragioni. Ma in questo caso mi sembra un giudizio preventivo sul voto degli italiani all’estero». Le criticità della procedura le racconta oggi Francesco Grignetti sulla Stampa:

Le schede elettorali vengono fatte preparare da stamperie locali e capita (come è capitato a Buenos Aires nel 2008) che il tipografo possa stampare 120mila schede più del necessario. Che fine fanno le schede in eccesso? Boh. A recapitare le schede, poi, ci pensano i corrieri privati. E una volta che si è votato nel segreto della cucina di casa (ma in tanti casi ci si arrangia al patronato) la scheda viene imbustata, imbucata, e tramite posta ordinaria spedita al consolato più vicino. Nel caso del prossimo referendum costituzionale, saranno considerate valide soltanto le buste arrivate agli uffici consolari entro le ore 16, ora locale, di giovedì 1° dicembre. Le buste che arriveranno fuori tempo massimo saranno bruciate.
l punto è che c’è un bacino di milioni di italians orgogliosi di questo nuovo diritto (erano 2 milioni 432 mila elettori nel 2006; 2 milioni 627mila nel 2008; 3 milioni 149mila nel 2013; 4 milioni 23 mila quest’anno), spesso ignorato, ma non quando c’è da votare. Rappresentano ormai l’8% del corpo elettorale, non bruscolini. Fa scuola il caso di Romano Prodi, che alle elezioni del 2006 – Berlusconi era il premier uscente – poté avere la maggioranza soltanto grazie a loro, i connazionali residenti fuori d’Italia. Alle 3 di notte, infatti, a schede nazionali scrutinate, si contrapponevano una maggioranza di centrosinistra alla Camera e una maggioranza di centrodestra al Senato, profilandosi l’ingovernabilità assoluta.

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Il voto degli italiani all’estero (Corriere della Sera, 23 novembre 2016)


“L’art. 48, comma 2, dispone che il voto è personale ed eguale, libero e segreto” laddove “l’art.12 della legge del 2001, nel disciplinare le modalità di voto per corrispondenza degli italiani all’estero non garantisce che l’elettore, nel momento dell’espressione del voto, sia ‘solo’ (e quindi ‘libero’) come invece accade nella cabina dei seggi elettorali”, spiega Pace all’ANSA ricordando come da tempo chieda che siano installati presso i consolati italiani nel mondo dei seggi ad hoc. Ecco perché, secondo il costituzionalista abruzzese, l’art. 12 della legge 459 così come il comma 2 dell’art. 1 – disciplinando il voto per corrispondenza – sono costituzionalmente “illegittimi violando gli articoli 3, 48 e 138 della Costituzione”.

Quanto conta il voto degli italiani all’estero?

Un’illegittimità che, secondo Pace, potrebbe essere chiamata in causa anche dal premier Matteo Renzi in caso di vittoria del No. “Ma vista la disparità tra il Sì e il No della campagna all’estero è plausibile che gli italiani all’estero votino più per il Sì”, spiega Pace tornando ad attaccare il fronte del Sì. Da qui la possibilità, avanzata dal Comitato per il No, che se il Sì vincesse grazie al voto espresso dai cittadini italiani all’estero, uno o più elettori possano proporre un reclamo all’Ufficio centrale del referendum, il quale, essendo un’autorità giurisdizionale, potrebbe sollevare davanti alla Consulta la questione di legittimità costituzionale degli art. 1 e 12 della legge 459. La mia, rimarca Pace, “è una battaglia per la regolarità del voto”. E se c’è chi, come il costituzionalista Giovanni Guzzetta, accusa il Fronte del No “di terrorismo psicologico”, Pace fa un esempio sui “pericoli” sul voto all’estero. “Nicola Di Girolamo (il senatore Pdl eletto nel collegio estero di Stoccarda, ndr), per riciclaggio e violazione della legge elettorale con aggravante mafiosa, ha patteggiato 5 anni di reclusione”.

Gli ultimi sondaggi sul referendum costituzionale


Tanto per i promotori del Sì, quanto per i comitati del No, il peso del voto degli italiani all’estero potrebbe oscillare tra il 5 e il 6 per cento dei votanti complessivi, prendendo per buona l’ipotesi di Renzi di 25-30 milioni alle urne. Vuol dire, in cifra assoluta, tra il milione e 400 centomila e il milione e mezzo di connazionali che voteranno all’estero e che in caso di testa a testa potrebbero rivelarsi decisivi. Con la maggioranza che si dovrebbe schierare per il Sì.

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