Coronavirus: come il Piano Regionale della Lombardia è stato travolto in 72 ore

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-28

Da quel momento e fino a ridosso del 20 febbraio poco si farà per prepararsi all’arrivo di Covid-19. Non solo, quella cifra non cambierà mai, nemmeno quando, a inizio febbraio, le immagini che arrivano dalla Cina si fanno drammatiche con decine di morti e centinaia di ricoveri

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Il Fatto Quotidiano spiega oggi in un articolo a firma di Davide Milosa come il Piano Regionale della Lombardia è stato travolto dal Coronavirus SARS-COV-2 e da COVID-19 in appena tre giorni.

Prima di quella metà di gennaio, l’Unità di crisi in Regione si era già riunita una prima volta il 9. Da quel momento e fino a ridosso del 20 febbraio poco si farà per prepararsi all’arrivo di Covid-19. Non solo, quella cifra non cambierà mai, nemmeno quando, a inizio febbraio, le immagini che arrivano dalla Cina si fanno drammatiche con decine di morti e centinaia di ricoveri. A partire dal 21 febbraio e dopo una riunione convulsa ai piani alti del Pirellone, quei 105 posti saranno polverizzati in meno di due giorni.

A oggi i letti in terapia intensiva per malati Covid sono 1.450, un numero dieci volte superiore alla cifra strategica fissata dai vertici regionali. Prima del focolaio zero di Codogno in Lombardia i letti di terapia intensiva erano 726, di questi circa 300 rientrano nel dato dei 1.450, il che significa che a partire dal 21 febbraio sono stati creati ex novo 1.150 posti, un numero che confrontato con i 105 previsti inquieta e non poco. Eppure, come già rivelato dal Fatto, nelle riunioni di febbraio all’Istituto superiore di sanità il dato di un collasso probabile delle terapie intensive viene più volte ribadito. Anche a fronte di simulazioni matematiche sulla curva del contagio. Nulla succede.

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Il governo minimizza il rischio, convinto che la soluzione sia la chiusura dei voli da e per la Cina. Eppure il 5 gennaio una nota del ministero della Salute descriveva con precisione i sintomi di Covid-19 specificando che “le radiografie al torace (su pazienti cinesi, n dr) mostrano lesioni invasive in entrambi i polmoni”. Insomma calcoli e comunicazioni iniziali erano sbagliati.

Questo per diversi motivi. Sottovalutazione del rischio certamente, ma anche la relativa impossibilità di prevedere un tale scenario in una Lombardia che ieri ha raggiunto i 37.298 contagi. Tanto che il professor Massimo Galli dell’ospedale Sacco di Milano spiega: “Attorno alla metà di febbraio pensavo, sbagliando, che l’Italia l’avesse scampata”. Non era così, anche perché il virus, come scoperto dallo stesso Galli, girava nel Basso lodigiano dal 26 gennaio. Ora, per sopperire a questo vuoto e cercare più positivi, la Regione Lombardia ha rilanciato sui tamponi anche ai monosintomatici. Alle nove di ieri sera la cifra totale superava i 95 mila test.

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