Coronavirus: l’OMS si prepara alla pandemia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-06

“Il virus non si può più bloccare”: attesi i dati da Africa e America Latina, “poi pronti ad annunciarla”. Allo studio misure restrittive per i singoli Stati

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L’OMS ha certificato che l’epidemia di Coronavirus scoppiata in Cina e che sta rapidamente dilagando ben oltre l’Asia uccide più dell’influenza, con un tasso di mortalità del 3,4% sui contagi rispetto all’1% dei virus stagionali. I casi aumentano in moltissimi paesi, con numeri importanti anche in Europa, non solo in Italia, tanto che la Germania ha iniziato ad evocare la pandemia globale.

Coronavirus: l’OMS si prepara alla pandemia

E così, a dispetto delle dichiarazioni rassicuranti di ieri da parte del direttore generale, Tedors Adhanom Ghebreysus, nel suo briefing quotidiano a Ginevra, l’OMS si prepara in realtà a dichiarare la pandemia per il Coronavirus. Che significa, spiega oggi Paolo Russo sulla Stampa, dire ai singoli Stati di fare un passo indietro ed eseguire i piani dell’Oms per impedire che il virus dilaghi. Misure che possono andare dallo stop alle attività produttive ai limiti alla circolazione anche via terra e che potrebbero essere applicate in primis nel nostro Paese, che ha il maggior numero di casi dopo Cina e Corea del Sud.

Anche gli esperti dell’Oms sanno che oramai si è già passati a quella che la stessa organizzazione definisce «fase sei», equivalente al «periodo pandemico». Al quale, secondo il loro stesso schema di classificazione delle epidemie, corrispondono misure per minimizzarne l’impatto e non più per bloccare la diffusione del virus, ritenuta oramai inevitabile. Una strategia pensata per impedire impennate di contagi, che mandino sotto stress i servizi sanitari. Entro 7, massimo 10 giorni, dalla sede di Ginevra l’Oms proclamerà lo «stato pandemico». «Il tempo di avere dati consolidati anche dall’Africa e dall’America Latina», spiega Walter Ricciardi, dell’executive board dell’organizzazione.

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La diffusione del virus (La Repubblica, 6 marzo 2020)

Attualmente per l’OMS ci troviamo comunque nella fase 5, quella di «allerta pandemica», nella quale la risposta è quella che gli epidemiologi definiscono di «contenimento», quando si può ancora isolare una persona colpita e poi tracciare e mettere in quarantena i suoi contatti. «Ma stiamo già passando alla fase successiva di “mitigazione”, ossia quella di riduzione del danno visto che non posso più bloccare la diffusione del virus», spiega Ricciardi. Nel resto d’Europa, a parte l’Italia che resta il principale focolaio, l’epidemia dà segnali sconfortanti. In Francia, ad esempio, si contano almeno 285 contagi e 4 morti, e si è passati ad un piano di gestione dell’emergenza superiore alla fase in cui si cercava di non far entrare il virus nel Paese. In Gran Bretagna si è registrato il più alto incremento, con 85 casi accertati, e oltre 16mila test, un numero inferiore solo a quelli fatti in Italia. Le infezioni sono aumentate anche in Olanda e Belgio, e ci sono primi caso in Polonia e Ungheria. Il coronavirus procede con più velocità fuori dalla Cina, dove al contrario si registra un terzo calo consecutivo del numero dei contagi. Nelle ultime 24 ore, la proporzione è di 120 nuovi casi nel gigante asiatico e di oltre 2.000 in 35 paesi. Il secondo principale focolaio si conferma la Corea del Sud, arrivata ad oltre 5.600 contagi con un balzo di oltre 500 in un solo giorno. Situazione sempre più grave anche in Iran, con quasi tremila contagi (inclusi diversi parlamentari, alti funzionari ed il ministro dell’Industria) e 92 morti. In Giappone, il coronavirus ha superato la soglia psicologia di mille malati.

Coronavirus: cosa succede se l’OMS dichiara la pandemia

L’epidemia si diffonde sempre di più anche negli Stati Uniti, almeno 130 casi e 9 decessi. In questo scenario si aggiornano al ribasso anche le prospettive per l’economia mondiale, schiacciata dalla limitazione dell’interscambio tra paesi e dal crollo del turismo. Tanto che il Fondo Monetario Internazionale ha mobilitato 50 miliardi di dollari in aiuti per i Paesi poveri che stanno fronteggiando l’epidemia. Il mondo dello sport resta in fibrillazione per capire se le Olimpiadi di Tokyo si svolgeranno quest’estate, come da programma, o se slitteranno. In una serie di domande e risposte sulla Stampa il  professor Pier Luigi Lopalco, professore ordinario di Igiene dell’Università di Pisa, spiega cosa significa dichiarare il contagio globale:

Cosa distingue un’epidemia da una pandemia?
«Si tratta sempre di concetti applicabili alle malattie infettive. Un’epidemia, secondo l’Oms, è uno scoppio regionale di una malattia che si diffonde inaspettatamente. Una pandemia si distingue per la dimensione della popolazione colpita, globale, e la rapidità della sua diffusione nel mondo».

Siamo già di fronte a una pandemia?
«Dal momento che la pandemia si ha quando il virus circola a livello locale in varie regioni del mondo, tecnicamente siamo già in questa condizione: il virus si è diffuso in moltissimi Paesi, in Cina, Sud Corea, Europa, Stati Uniti».

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La mappa del Coronavirus in Italia (La Repubblica, 6 marzo 2020)

Quali sono le misure vincolanti?
«Quelle già prese, come l’obbligo di rafforzamento del sistema sanitario, di un sistema di sorveglianza, di adozione di misure per contenere la diffusione nazionale e internazionale e minimizzare l’impatto, di notifica immediata all’Oms dei nuovi casi, quindi di condivisione di informazioni epidemiologiche in costante coordinamento con l’Oms».

Cosa cambierebbe se si arrivasse a prendere questa decisione?
«Nessuno strumento aggiuntivo nelle mani delle autorità sanitarie internazionali, ripeto. Quindi, cambierebbe poco, ma probabilmente si avrebbe, anche dal punto di vista mediatico, più forza nel trovare aiuti economici internazionali da destinare a quei paesi più “deboli” come Africa e Sud America».

Nei giorni scorsi si è anche parlato dei Cat-Bond, ovvero le obbligazioni della Banca Mondiale per il Pandemic Emergency Financing Facility (Pef): per reperire fondi si istituiscono degli strumenti finanziari che rendono moltissimo con tassi di interesse fino all’11 per cento. Gli investitori, fondi pensioni, assicurazioni,grandi investitori scommettono sul verificarsi dell’evento: se non si verifica guadagnano moltissimo, altrimenti perdono tutto o parte del loro capitale. Nel caso dei Cat-Bond del programma Pef, la Banca mondiale aveva emesso nel 2017 due tipi di obbligazioni: una di classe A dal valore di 225 milioni di dollari con rendimento del 6,9% e una di classe B da 95 milioni, rendimento dell’11%. Il Pef, scrive la stessa Banca mondiale, “copre sei virus che hanno maggiori probabilità di causare una pandemia. Questi includono nuovi Orthomyxovirus(nuovo virus pandemico influenzale A), Coronaviridae (Sars, Mers), Filoviridae (Ebola, Marburg) e altre malattie zoonotiche (Crimea Congo, Rift Valley, Lassa febbre)”. Il finanziamento ai Paesi ammissibili, continua l’istituto internazionale, viene attivato al verificarsi di determinati parametri relativi ai livelli di contagio, al numero dei decessi o alla velocità di diffusione della malattia. Nel caso in questione, le condizioni indicano almeno 12 settimane di durata – scadenza che sarà rispettata il 23 marzo –un numero di morti nel Paese originario fissato a 2.500 e già superato in Cina, e un numero di morti in altri Paesi di almeno 20, ormai superato abbondantemente in Italia, Iran e anche in Corea del Sud. Non risulta, invece, almeno stando alle dichiarazioni della società di consulenza finanziaria specializzata Arte mis (con sede alle Bermude), che la pandemia in quanto tale debba essere dichiarata dalla Oms.

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