Coronavirus: il documento della Siaarti su chi salvare e chi no in terapia intensiva

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-08

Stilato un documento con le linee guida per aiutare i professionisti se i ventilatori non bastano. “Si privilegino gli ammalati con più aspettativa di vita”

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La Siaarti, società scientifica degli anestesisti e rianimatori, ha pubblicato ieri delle raccomandazioni di etica clinica per tutti i professionisti che in questi giorni lavorano nei reparti più sotto pressione del Paese. Si tratta del “documento segreto” di cui parlava ieri Il Giornale su chi salvare e chi no e ci sono le linee guida per aiutare i professionisti se i ventilatori non bastano: quando ci sono più pazienti per un respiratore, bisogna privilegiare chi è più giovane o comunque non ha patologie importanti. Flavia Petrini, presidente della Siaarti, spiega oggi a Repubblica il senso di quelle raccomandazioni:

«Si tratta di un documento tecnico, destinato ai professionisti e sul quale non ci sarebbe bisogno di un dibattito pubblico. I casi si discutono singolarmente, mettendo a conoscenza i parenti delle persone interessate di quello che si intende fare. Lo abbiamo redatto perché il Lombardia ci sono condizioni disperate, e i professionisti hanno l’esigenza di non essere lasciati soli di fronte a scelte difficili. Già oggi devono decidere chi attaccare al ventilatore e chi no».

Ma non venivano prese decisioni su quali pazienti trattare anche prima dell’emergenza coronavirus?
«Certo ma non capitava spesso. In quel caso, anche se magari ti trovavi a decidere una volta al giorno, riuscivi a gestire lo stress. Quando sei continuamente martellato da un’emergenza che ormai dura dal 21 febbraio, e devi stabilire quale paziente curare prima in più occasioni nelle ventiquattr’ore, le cose cambiano».

Il principio della cura intensiva a chi ha “maggior speranza di vita” era già utilizzato?
«Certo, lo avevamo indicato in altri documenti. Non è la condotta del professionista ad essere eccezionale in questo momento ma l’alto afflusso di persone malate. E faccio notare che il principio non viene applicato solo tra chi ha il coronavirus ma anche tra chi è colpito da altre patologie gravi, che ovviamente continuano ad esserci».

La crisi delle terapie intensive riguarda soprattutto una regione, che ora vuole trasferire malati.
«Non è sempre possibile farlo, ci vuole il personale per portare in fondo questi trasferimenti protetti. Non bastano gli infermieri, deve esserci anche l’anestesista e in questo momento il personale scarseggia. Anche perché tanti dipendenti del sistema sanitario sono a casa in quarantena».

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