Coronavirus: l’aria condizionata favorisce il contagio?

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-07-19

Perché ci sia rischio, occorre che ci sia virus nell’ambiente, quindi persone infette. In genere grandi edifici come banche o centri commerciali, hanno impianti che oltre a regolare la temperatura garantiscono la ventilazione. Sostituiscono cioè l’aria interna, eventualmente contaminata, con quella esterna pulita. I migliori arrivano a 12 ricambi ogni ora

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Il tema dell’aria condizionata e del Coronavirus è stato trattato da alcune ricerche scientifiche e dagli esperti. Oggi ne parla Elena Dusi su Repubblica partendo da tre esempi: alcuni sospettano che sia la causa del focolaio di Toennies in Germania, mentre a New York il governatore Andrew Cuomo ha deciso di aspettare prima di riaprire musei e centri commerciali «perché sono spazi chiusi con l’aria condizionata». Da Harvard, infine, arriva il monito di Edward Nardell, che insegna salute ambientale e malattie infettive: «L’epidemia in Florida e negli altri stati del sud — ha detto in una presentazione — può essere causata dall’aria condizionata molto intensa».

I tre esempi ripropongono il tema dell’aria condizionata: favorisce i contagi? Nei mesi scorsi si era discusso della Diamond Princess. Il virus sulla nave potrebbe aver contagiato tanti passeggeri perché ha viaggiato lungo le condotte di aerazione. C’è poi il ristorante di Guangzhou, in Cina, dove un cliente infetto ha contagiato il proprio tavolo e i due vicini, nonostante fossero a più di un metro. Complice, secondo la ricostruzione su Emerging Infectious Diseases, è stata la mancanza di finestre, l’aria condizionata con ricircolo completo e la velocità del
flusso alta.

L’Istituto superiore di sanità (Iss) agli impianti di climatizzazione ha dedicato un rapporto. Si sconsiglia il ricircolo dell’aria e si invita a ridurre la forza del flusso, perché «velocità superiori a 2 metri al secondo determinano il trascinamento delle gocce, aumentando il rischio di sospensione della carica virale». Vuol dire che le droplets su cui viaggia il virus (restando vivo fino a 3 ore), anziché cadere sono trasportate dal getto d’aria.

Perché ci sia rischio, occorre che ci sia virus nell’ambiente, quindi persone infette. In genere grandi edifici come banche o centri commerciali, hanno impianti che oltre a regolare la temperatura garantiscono la ventilazione. Sostituiscono cioè l’aria interna, eventualmente contaminata, con quella esterna pulita. I migliori arrivano a 12 ricambi ogni ora.

Negli ospedali l’aria può essere filtrata con sostanze disinfettanti, per evitare la ridistribuzione dei microbi. «Negli ambienti sanitari il pericolo di contaminazione attraverso gli impianti di condizionamento è più alto. Altrove, il rischio resta limitato», spiega Carlo Signorelli, professore di Igiene all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. «Tossire, starnutire e parlare a voce alta senza rispetto della distanza restano i metodi di contagio principali». Le regole d’oro, per l’igienista, restano distanza, mascherina e lavaggio delle mani. «E non mi fido troppo di quegli aerei in cui si sostiene che l’aria sia perfettamente filtrata. Quando i passeggeri sono seduti accanto, il rischio di contagio aumenta comunque».

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