Le minacce di Conte all’Europa (sono una fregnaccia)

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-06-22

L’Italia minaccia di bloccare le nomine UE se non si ferma la procedura d’infrazione. Ma si tratta di una minaccia spuntata

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Giuseppe Conte minaccia di bloccare le nomine dell’Unione Europea se Bruxelles non si fermerà sulla procedura d’infrazione. Ma l’arma è spuntata.

Le minacce di Conte all’Europa (sono una fregnaccia)

Nell’albergo dove alloggiano a Bruxelles in occasione delle riunioni del Consiglio europeo sia il presidente francese che la Cancelliera, ieri notte il premier ha potuto condurre in modo informale la partita per cercare di fermare la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per disavanzo eccessivo. E trattare con Francia e Germania il tema delle nomine. Con la pistola sul tavolo.

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La dinamica della crescita del debito (Il Messaggero, 22 giugno 2019)

L’Italia potrebbe accordarsi con un altro paese per bloccare le nomine se l’Europa continua con la procedura d’infrazione, secondo quanto trapela dai soliti uffici stampa & propaganda autorganizzati. Ma in realtà le cose non stanno così. Perché secondo i calcoli del premier basta trovare un altro alleato per farcela.

Davvero l’Europa avrebbe paura di Conte?

Marco Bresolin spiega su La Stampa infatti che le regole prevedono che il candidato presidente della Commissione da proporre al Parlamento venga indicato dal Consiglio, che delibera «a maggioranza qualificata rafforzata». Per superare il quorum serve il voto di almeno 21 Paesi che rappresentino più del 65% della popolazione Ue. Per costituire una minoranza di blocco la normativa dice che però sono necessari almeno quattro Paesi che superino il 35% della popolazione.

A titolo puramente teorico: tre grandi Stati (per esempio Italia, Francia e Germania) non possono formare una minoranza di blocco (nonostante contino il 41% della popolazione). Con la possibile astensione del Regno Unito (che vale come un voto contrario), Conte potrebbe cercare di convincere il governo polacco (che è guidato dai conservatori e non far parte della maggioranza all’Europarlamento) e magari Viktor Orban (perfettamente a suo agio nel ruolo di guastafeste). Ma i numeri dicono che serve il sostegno di qualcun altro: Regno Unito, Italia, Polonia e Ungheria contano il 34,12% della popolazione Ue.

Per un soffio, gli altri supererebbero il 65%. Bisognerebbe dunque coinvolgere tutto il quartetto di Visegrad, ma Slovacchia e Repubblica Ceca sono su posizioni più moderate e non sembrano intenzionate a mettersi di traverso. Difficile trovare sponde tra i Paesi del Sud Europa: Malta, Portogallo e Spagna (oltre alla Grecia) formano un asse socialista che sta avendo un ruolo di primo piano nei negoziati e che sicuramente sarà premiata. Nessuna speranza a Nord e nei Baltici, dove ci sono governi che sulla procedura spingono per la linea dura e dunque non hanno alcuna voglia di salvare Roma.

Quindi Conte rischia di rimanersene con il cerino acceso in mano. E con lui tutta l’Italia.

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