“Sì, è un condono”, ma…: come Draghi ha stoppato le richieste della Lega sullo stralcio delle cartelle

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-03-20

“Sì è un condono”, ha ammesso ieri Mario Draghi in conferenza stampa parlando dello stralcio delle cartelle esattoriali sotto i 5mila euro, fino al 2011 e solo per chi ha redditi sotto i 30mila euro. Ma se fosse stato per Salvini…

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“Sì è un condono”, ha ammesso ieri Mario Draghi in conferenza stampa parlando dello stralcio delle cartelle esattoriali sotto i 5mila euro. Ma se fosse stato per Salvini la cancellazione avrebbe riguardato tutti, e non solo chi ha redditi sotto i 30mila euro. E le cartelle cancellate avrebbero riguardato gli anni che vanno dal 2000 al 2015 invece dell’arco temporale poi approvato, che si ferma al 2011. Draghi ha comunque fatto una concessione alla Lega e a Forza Italia. Anche questa con un “ma”. Ecco quale.

“Sì, è un condono”, ma…: come Draghi ha stoppato le richieste della Lega sullo stralcio delle cartelle

Draghi in conferenza stampa ha spiegato: “Questo in effetti è un condono ma di multe di oltre 10 anni fa, che noi abbiano contenuti nell’importo di 5000 euro” che al netto di sanzioni varie “corrispondono circa a 2500 euro” e “dentro un tetto, uno scaglione di reddito per cui questo azzeramento” permette “all’amministrazione di perseguire la lotta all’evasione in modo più efficiente”. Cosa è successo prima? Il partito di Matteo Salvini, prima del Consiglio dei ministri, ha puntato i piedi, chiedendo che lo stralcio delle vecchie cartelle risalenti al 2000-2015 e fino a 5000 euro riguardasse tutti, e non solo i redditi più bassi. La proposta di mediazione messa sul tavolo dal presidente del Consiglio e dal ministro dell’Economia Daniele Franco -ridurre l’arco temporale al 2011 inserendo un tetto fissato a 30mila euro di reddito Irpef- non è piaciuta alla Lega, decisa da subito a rispedire la proposta al mittente. Ma Draghi avrebbe tenuto il punto, e come spiega Adnkronos avrebbe detto chiaro che, così come era stata congegnata la norma, avrebbe avuto profili riconducibili all’evasione fiscale più che a un semplice condono. La Lega però era convinta a non arretrare.

Monica Guerzoni sul Corriere spiega che le posizioni delle forze di maggioranza erano diametralmente opposte con Partito Democratico e Leu che chedevano di ripulire il “magazzino” solo per i crediti esattoriali inesigibili, perché collegati a imprese fallite o contribuenti defunti.  Il dem Andrea Orlando aveva spiegato che “Noi possiamo reggere solo una cosa chirurgica e limitata basata sulla inesigibilità di queste cartelle”, mentre Salvini era deciso a tenere il punto. A quel punto interviene Draghi:

Il governo è spaccato in due, la distanza tra sinistra e destra appare abissale e Draghi si fa sentire. «Già si capisce poco perché una misura del genere debba stare in un provvedimento sull’emergenza — prende posizione il premier —. Oltre proprio non si può andare». Anche perché Orlando minaccia lo strappo: «Se arriviamo in Cdm senza un accordo e portiamo la discussione al tavolo, noi chiediamo lo stralcio della norma. Non tirate troppo la corda»

Così c’è stato quindi un lungo confronto tra la delegazione leghista e il presidente del Consiglio -gli altri ministri sono rimasti fuori attendendo l’inizio del Cdm- che ha fatto slittare di altre due ore e mezzo il Consiglio, inizialmente previsto alle 15 ma poi slittato alle 18.30 proprio per il nodo cartelle. Alla fine c’è stata una mediazione, in cui Draghi e Franco sembrano aver avuto la meglio. Passa infatti il tetto ai redditi Irpef fino a 30mila euro, solo per loro ci sarà la cancellazione delle vecchie cartelle fino a 5mila euro. L’arco temporale arriva al 2011, ma -è qui la concessione fatta alla Lega ma anche a Fi – si estenderà fino al 2015 grazie alla riforma per l’efficientamento del sistema della riscossione che il Parlamento sarà chiamato a varare. La Stampa spiega che il Carroccio ha sbandierato come una vittoria la riforma, ma che in realtà era già prevista da tempo:

Dopo il Consiglio la Lega canta vittoria, sottolineando di aver ottenuto come rapida contropartita un decreto per la riforma di tutto il sistema delle riscossioni. In realtà la proposta è sul tavolo da tempo, e prevede la fusione fra Agenzia delle Entrate e Riscossione. Il primo passo – voluto dal governo Renzi – fu l’abolizione di Equitalia. Ora il progetto, sponsorizzato dallo stesso Ruffini, è quello di fondere una volta per tutte le due strutture, e far parlare compiutamente le banche dati

Subito dopo, in conferenza stampa, a chi gli domanda della Lega Draghi risponde: “Oggi è un momento di grande condivisione. È chiaro che tutti i partiti entrati in questo governo lo hanno fatto portandosi un’eredità di convinzioni e annunci fatti nel passato, tutti hanno bandiere identitarie, quindi si tratta man mano di chiedersi quali sono quelle bandiere identitarie di buon senso e quelle a cui si può rinunciare senza fare danno né alla propria identità né all’Italia”. Repubblica spiega che Draghi ha dovuto cedere al compromesso, e anche perché, ma che non avrebbe voluto inserire il provvedimento nel Decreto Sostegni:

Draghi non l’avrebbe proprio voluto. Lo ha detto con nettezza durante il difficile e teso confronto con gli “alleati” a causa del quale l’inizio della riunione del Consiglio dei ministri è slittato di quasi tre ore e mezzo. Ha accettato perché – lo ha detto – all’interno di una maggioranza così vasta ciascuna forza politica deve poter rappresentare le proprie istanze. Ma ha spiegato chiaramente che non su può dare il via libera a provvedimenti che suonino come un premio all’evasione. Poi, in conferenza stampa ha ammesso che si tratta di un “condono”, senza ricorrere alla formula ipocrita della pace fiscale cara ai leghisti di Salvini

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