Come Cairo vuole comprare il Corriere della Sera

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-04-09

Un’offerta pubblica di scambio che valorizza la Rizzoli del 30% per l’acquisizione di una società valutata il doppio della sua Cairo Communications. Con l’appoggio di Bazoli e l’ostilità dei vecchi soci. Niente soldi, tanti impegni e un possibile scontro in arrivo con i comitati di redazione. È l’editoria pura all’italiana, bellezza

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Una offerta pubblica di scambio tra le azioni di RCS Mediagroup e quelle di Cairo Communication attraverso l’offerta di 0,12 azioni della Cairo Communication per ciascuna azione ordinaria che gli verrà apportata in cambio. In pratica valorizza la società di via Rizzoli 0,551 euro per azione, cioè con un premio del 32,6% rispetto alla chiusura di giovedì scorso. Ovvero poco più di 287 milioni a cui si devono aggiungere i debiti pari a 487 milioni: un totale di 775 milioni di valutazione complessiva mentre la sua società in Borsa ne capitalizza 370.

Come Cairo vuole comprare il Corriere della Sera

Sì, è lo stesso Urbano Cairo che tre settimane fa escludeva la possibilità di far parte di una cordata italiana per l’acquisto del Corrierone e della Gazzetta e che auspicava per RCS a Primaonline (di sua proprietà) un futuro da public company:

“Non è detto che ci debba essere un azionista con una maggioranza assoluta o relativa”, ha spiegato Cairo, che detiene una partecipazione del 4,6% nel capitale della società e ”quella rimane lì”. E a chi gli ha chiesto se potrebbe salire, ha risposto: ”assolutamente no”.

Adesso arriva l’offerta, «finalizzata a creare un grande gruppo editoriale multimediale, dotato di una leadership stabile e indipendente, e a rafforzare il profilo economico-finanziario di Rcs accelerandone il processo di ristrutturazione e rilancio», come spiega la Cairo nel comunicato.

«Evidentemente Cairo pensa di poter far meglio nella gestione rispetto a quanto non hanno saputo fare gli attuali e precedenti azionisti di Rcs – spiega oggi Repubblica – Cairo si è sempre mostrato critico nei riguardi dell’operato di Pietro Scott Jovane, il precedente ad della Rcs, che ha venduto pezzi pregiati dell’azienda per far fronte a una gestione deficitaria. E sul nuovo piano industriale presentato dall’attuale ad Laura Cioli non si è mai espresso. Tuttavia la spinta finale verso il lancio dell’Ops potrebbe essere arrivata in seguito alla decisione della Fca (Fiat Chrysler) di uscire dal capitale di Rcs in seguito all’accordo raggiunto a febbraio con il gruppo Espresso che ha permesso di aggregare La Repubblica, La Stampa e Il Secolo XIX. Con l’azionista principale di Rcs fuori gioco e la società impantanata in una difficile ristrutturazione del debito con le banche, Cairo si è mosso velocemente trovando la sponda di Intesa Sanpaolo che è il principale creditore del gruppo nonché azionista con il 4,17% del capitale». Niente accordi con gli altri azionisti e quindi niente decisioni concordate per liberarsi delle quote ancora in carico a Della Valle, Mediobanca, Fiat e altri. Soltanto la scelta dell’advisor (IMI, di proprietà Intesa-SanPaolo) che spiega che Bazoli è d’accordo con la decisione di trarre il dado da parte dell’imprenditore di Alessandria.

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I grandi soci RCS (Corriere della Sera, 9 aprile 2016)

 

Niente soldi, tanti impegni

Se l’offerta pubblica di scambio andasse in porto Cairo, che attualmente controlla il 73% della sua società si diluirebbe fino al 40%: una soglia di minoranza ma che lo rende comunque tranquillo dal punto di vista del controllo. Ovviamente stiamo parlando di un caso limite, ovvero quello dell’adesione totale degli azionisti RCS alla sua offerta. Altamente improbabile fin da ora. Lui ovviamente si accontenterebbe del 51%, e la sua offerta è anche condizionata al fatto che non vi sia richiesta di rientro anticipata del debito e che gli istituti di credito continuino a mantenere aperte le linee di finanziamento, oltre alle autorizzazioni di Antitrust e AGCOM. Se tutto questo andrà in porto si aprirà di nuovo l’era dell’editore puro per la Rizzoli, dopo il crollo degli anni Ottanta che portò alla suddivisione delle azioni tra i membri del Salotto Buono. E poi? L’editore di Settimanale Dipiù, DipiùTv, DiPiù e DipiùTv Cucina, DiPiù e DipiùTv Stellare, Diva e Donna, F, TV Mia, Settimanale Nuovo, Nuovo Tv, Nuovo Cucina, Settimanale Giallo, For Men Magazine, Natural Style e di La7 ha fama di tagliatore di costi e di teste ed è evidente che la sua prima decisione andrà nella direzione di razionalizzare i costi, come si suol dire: ovvero tagliare, tagliare, tagliare. La preoccupazione più grande riguarda però la linea editoriale del quotidiano: La7 si è evidentemente stabilizzata su una linea critica nei confronti del governo attuata anche attraverso trasmissioni dai toni imbarazzanti e dagli argomenti fantascientifici (come La Gabbia). Il Corriere è indipendentemente filogovernativo (sì, è un ossimoro) da sempre, a prescindere da chi sia al potere. Possiamo scommettere che continuerà così nella misura in cui i conti del quotidiano convinceranno l’azionista di maggioranza a lasciare tutto com’è. Altrimenti l’urlo del Risanatore si sentirà in tutte le redazioni: niente soldi, tanti impegni e un possibile scontro in arrivo con i comitati di redazione. È l’editoria pura all’italiana, bellezza.
 
 

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