Cultura e scienze
Che rapporto c’è tra inquinamento, deforestazione e l’epidemia di Coronavirus?
Giovanni Drogo 16/03/2020
Esperti di conservazione ambientale, scienziati e pure le Nazioni Unite da tempo hanno lanciato l’allarme sui rischi della distruzione dell’ecosistema. Come la deforestazione e il commercio illegale di animali selvatici sono le cause primarie della diffusione dei coronavirus e di altre malattie
«Devastando le foreste nascono le pandemie. Così gli animali con i virus invadono le città» titola oggi un articolo del geologo Mario Tozzi pubblicato su La Stampa. Ma cosa c’entra la deforestazione con la diffusione di pandemie come Covid-19 o la SARS? Non è magari un argomentazione da gretini che anche in un momento drammatico e difficile come questo cercano di dare la colpa all’uomo (inteso come specie) e alla distruzione dell’ecosistema?
Che rapporto c’è tra deforestazione ed epidemie come Covid-19?
Insomma: cosa c’entra la diffusione di un virus con i problemi ambientali e l’ecologia? Abbiamo ben altro di cui preoccuparci. Ad esempio di come contenere l’epidemia di coronavirus in Italia. Si potrebbe argomentare che non è proprio così, visto che ci sono politici che si preoccupano di farci sapere che magari è tutta colpa dei cinesi che ci hanno “mandato” questo virus o altre amenità. Ma per fortuna, a parte quei politici che riescono ad occuparsi di una sola cosa alla volta, la nostra società è in grado di pensare sia al coronavirus SARS-CoV-2 che causa Covid-19 sia a trovare un modo di evitare che in futuro ci siano altre epidemie o pandemie simili.
Della genesi dell’attuale epidemia si sa ancora poco. Quello che è certo è che Covid-19 è una zoonosi, cioè una malattia infettiva degli animali trasmissibile all’uomo. Non tutte le malattie di origine animale fanno il “salto di specie” verso l’uomo e non è ancora chiaro in che modo questo nuovo coronavirus sia passato dai pipistrelli all’uomo. Pare ci possa essere stato un altro ospite intermedio, non ancora identificato, che abbia fatto da “serbatoio”. Un’ipotesi è che questo ospite intermedio sia il pangolino, ma non ci sono al momento certezze scientifiche.
Come funziona il “salto di specie” tra animali selvatici e uomo
È noto invece che i pipistrelli sono tra le specie animali (assieme ai cammelli) dove i coronavirus sono maggiormente comuni. Ed è a questo punto che entra in gioco il discorso fatto da Tozzi che riassume in quattro passaggi la possibile catena di concause che hanno portato al salto di specie del coronavirus. Secondo Tozzi la causa principale è la deforestazione che riduce l’habitat naturale delle specie “ospiti”, a questa segue lo sterminio dei predatori, che causa una crescita incontrollata delle specie “serbatoio” le quali a loro volta sono oggetti di traffici illegali ed entrano, per così dire, all’interno dell’habitat umano. Si tratta di uno schema che non ha la pretesa di riassumere il modo esatto con cui si è svolta la catena iniziale del contagio. I coronavirus non sono certo gli unici casi: per l’Ebola invece gli intermediari furono gorilla e scimpanzé. Il virus Hendra diffuso dalle volpi volanti è passato attraverso i cavalli e Marburg (un virus che causa una febbre emorragica con sintomi simili ad Ebola) tramite le scimmie verdi africane.
Ma non è un’ipotesi nuova o peregrina. Già nel 2018 (ricordiamo che l’epidemia di SARS risale al 2002 e già all’epoca si era ipotizzato che pipistrelli o zibetti fossero i serbatoi del virus) un articolo dal titolo Bats, Coronaviruses, and Deforestation: Toward the Emergence of Novel Infectious Diseases? pubblicato su Frontiers in Microbiology sollevava la questione dell’estrema vicinanza tra specie diverse causata dalla deforestazione (e la conseguente alta densità di pipistrelli nelle poche aree rimaste intatte) come una delle possibili cause della diffusione dei coronavirus. Già a fine febbraio un articolo del New York Times rilanciava l’allarme degli esperti conservazionisti: se si vuole prevenire l’esplosione di nuove epidemie di coronavirus è necessario quantomeno bloccare il commercio illegale di animali selvatici.
Perché è importante preservare l’ecosistema naturale per salvaguardare la salute umana
Non che questo serva ora a fermare l’epidemia. Ormai il “salto di specie” è avvenuto e il virus circola tra gli esseri umani. Il problema però è il futuro: e possiamo certamente pensare a come evitare la prossima epidemia di coronavirus. Nei mercati illegali di animali selvatici si realizzano tutte le condizioni necessarie perché il salto di specie avvenga: animali stressati con difese immunitarie indebolite e specie diverse una a stretto contatto con l’altra costituiscono il terreno ideale per la trasmissione di malattie. E anche se l’evenienza di un salto di specie è considerata estremamente rara in natura in situazioni come queste invece le probabilità aumentano vertiginosamente. Nel 2016 il rapporto dell’UNEP (United Nations Environment Programme) evidenziava come per le principali zoonosi degli ultimi anni la causa primaria andasse ricercata proprio nella riduzione dell’ambiente naturale (deforestazione, espansione delle coltivazioni, etc) degli animali che ha portato le specie selvatiche a trovarsi in più stretto contatto tra loro e con gli esseri umani. Anche l’allevamento intensivo contribuisce alla diffusione delle zoonosi tra le specie d’allevamento e favorisce il “salto di specie” verso l’uomo.
Secondo le Nazioni Unite «il cambiamento climatico è uno dei fattori principali per la diffusione delle malattie. Influenza le condizioni ambientali che favoriscono o inibiscono la sopravvivenza, riproduzione, abbondanza e distribuzione dei patogeni, dei vettori e degli ospiti così come dei mezzi di trasmissione delle malattie e la frequenza delle epidemie». Scriveva UNEP nel suo rapporto che un ecosistema integro può aiutare a regolare la diffusione delle malattie grazie alla compresenza di specie diverse che rendono più difficile ad un patogeno di diffondersi rapidamente. Insomma: la mancanza di biodiversità e la riduzione dell’ambiente naturale sono le principali cause della nascita di epidemie come quella che stiamo vivendo ora. Serve a qualcosa saperlo per poter affrontare la pandemia di Covid-19? Purtroppo no. Ma deve essere tenuto a mente per il futuro, per evitare di prendere decisioni sbagliate o inutili (dopo la SARS la Cina adottò un piano di sterminio della popolazione di zibetti che però non ha impedito l’insorgere di un nuovo coronavirus).
Foto copertina via Wikipedia.org