Il complottone del centro di detenzione Libico bombardato per farci credere che la Libia non è un porto sicuro

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-07-03

I più grandi esperti di geopolitica hanno scoperto che il bombardamento che ha ucciso almeno 40 migranti rinchiusi in un centro di detenzione in realtà è un depistaggio per farci credere che in Libia ci sia la guerra e che quindi sia giusto che i migranti scappino “dalla guerra”. E quando gli fai notare che se possono succedere cose del genere significa che la Libia non è un porto sicuro allora ti rispondono “e allora gli attentati terroristici in Europa”?

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Ieri notte sessanta migranti sono rimasti uccisi in Libia in un bombardamento che ha colpito un centro di raccolta per migranti adiacente alla base militare di Dhaman, nella zona di Tajoura a Est di Tripoli. Nella struttura erano presenti, al momento dell’attacco aereo, almeno 200 persone, i feriti sono almeno 130. La responsabilità dell’attacco è stata addossata alle milizie fedeli al generale Haftar, l’uomo forte della Cirenaica in guerra con il Governo di Accordo Nazionale del premier al-Sarraj.

Il bombardamento eterodiretto per farci credere che la Libia sia pericolosa

Il ministro dell’Interno Salvini ha dichiarato «Haftar ha la responsabilità di un attacco criminale, mi auguro non ci sia più nessuno, e non cito i francesi, che per interesse economico e commerciale bombardi obiettivi civili». I sovranisti da tastiera di Twitter hanno saputo fare di meglio. Non è infatti sfuggita la curiosa coincidenza (temporale, non causale) tra la liberazione di Carola Rackete e l’ennesima strage di migranti. Perché in Libia i migranti muoiono e vengono torturati da ben prima della guerra del 2011 che ha deposto Gheddafi, ma questo è un dettaglio poco utile alla causa.

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La gran massa dei patridioti si raduna sotto il tweet di Francesca Totolo, giornalista che scrive sul giornale di CasaPound da sempre molto attenta ai “crimini delle Ong”. Di questi reati commessi dai sorosiani la Totolo ha raccolto (e raccoglie) numerose prove, che però al momento non hanno portato a nessun processo e nessuna condanna. Scrive la giornalista del Primato Nazionale che si è trattato di una «pianificata uccisione di migranti per propagandare “la Libia non è un porto sicuro”, chi ha eterodiretto questo attacco?».

La Libia non è un porto sicuro

Fino a ieri notte, questa è la vera notizia, la Libia infatti era considerata da tutti un porto sicuro. Deve essere per questo che la Commissione Europea o il ministro degli Esteri del governo Conte dicono il contrario. Per farci credere che in Libia non solo ci sia la guerra ma che i migranti rischino la vita se vengono rimpatriati. In fondo lo diceva qualche tempo fa pure l’Alto commissariato dell’ONU per i rifugiati che la presenza di centri di detenzione per migranti in una zona di guerra metteva a rischio la vita dei civili rimpatriati in Libia dopo essere stati “tratti in salvo” dalla guardia costiera libica (qui il rapporto dell’UNHCR).Già, perché i migranti in quei centri non è che ci vanno a passare le vacanze, ci vengono portati dopo i salvataggi in mare. Le Nazioni Unite parlano di crimine di guerra in relazione all’attacco. I sovranisti invece si baloccano con le teorie del complotto.

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Ora poco importa che i migranti siano vittime collaterali (il centro di detenzione si trovava vicino ad una base militare) o che sia stata un’azione premeditata. Per i sovranisti il movente è chiaro: ed è uno solo. Dimostrare al mondo che la Libia non è un paese sicuro dove rimpatriare (o detenere) i migranti.

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Per la verità non è sicuro nemmeno per i libici visto che i dati dell’UNHCR parlano di 172.541 persone che hanno dovuto abbandonare le proprie case (ma come, è un paese così sicuro!) 82mila delle quali solo nei dintorni di Tripoli da aprile a fine maggio. La Libia è un paese così sicuro che è possibile addirittura pianificare sotto il naso del governo operazioni militari “di copertura” basate su stragi di migranti. E quando qualcuno glielo fa notare la risposta è: «ti ricordo gli attentati in Europa. Quindi anche l’Europa non è un porto sicuro?». Chissà magari qualcuno crede pure che il Bataclan sia stato un false flag.

La realtà non vi piace? Non vi preoccupate ne abbiamo un’altra

La cosa davvero interessante è che la Libia non è un posto pericoloso solo per i migranti ma pure per chi ci lavora. Ad aprile l’ENI ha fatto evacuare gli impianti da tutto il personale italiano. E non risulta che la Farnesina consigli ai nostri connazionali di farsi una vacanza in tripolitania. Anzi il sito del Ministero degli Esteri «ribadisce l’invito ai connazionali a non recarsi in Libia e, a quelli presenti, a lasciare temporaneamente il Paese in ragione della assai precaria situazione di sicurezza» e parla dell’alto rischio di attacco terroristico, degli scontri tra milizie armate anche nei dintorni della capitale. Last but not least il rischio rapimenti.

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Non risulta che simili avvisi siano stati diramati per uno qualsiasi dei paesi europei dove si sono verificati attacchi terroristici. Ma naturalmente il problema della Libia non è certo limitato agli attacchi terroristici (su scala ben diversa da quelli in Europa) o alla guerra (che qui non c’è). Per i migranti il rischio sono le torture, gli stupri, l’essere venduti come schiavi e una generale mancanza della tutela dei più basilari diritti umani così come le garanzie per rifugiati e richiedenti asilo. Cosa che invece, nonostante gli sforzi del governo Conte in tal senso, sono ancora garantiti in Italia e in Europa.

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Tanto varrebbe dire che “siccome si muore anche in Europa” (fino a prova contraria) e magari si rischia di essere presi sotto da una macchina mentre si esce da scuola allora questo significa che l’Europa non è un porto sicuro per migranti, richiedenti asilo e rifugiati. Quello che manca qui oltre al senso della realtà è quello delle proporzioni. Ma non dimentichiamoci che per la maggior parte stiamo parlando di persone che ritengono che siamo attualmente vittime di un’invasione programmata e pre-ordinata dai poteri forti e finanziata da Soros. Siamo un gradino più su di terrapiattisti e sciachimicari. Solo che invece che la passione per la geoingegneria clandestina costoro coltivano la passione per la geopolitica.

 

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