Il caso Vincent Lambert e la bufala della Francia “che uccide i disabili”

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-05-20

Dovrebbero iniziare oggi le procedure per la cessazione del sostegno vitale a Vincent Lambert, un cittadino francese in stato vegetativo non reversibile da 11 anni. A chiederlo – in ossequio al desiderio espresso dallo stesso Lambert – la moglie e i fratelli, sostenuti dai medici dell’ospedale i Reims e dalle sentenze dei tribunali francesi. I genitori dell’uomo però si oppongono, e coloro tutto il modo dei prolife che pretende di decidere per gli altri

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Vincent Lambert è un uomo di 42 anni, ex infermiere psichiatrico che nel 2008 è rimasto vittima di un terribile incidente che gli ha provocato danni cerebrali che i medici e gli esperti considerano irreversibili. Da undici anni Lambert è ricoverato nell’unità  per pazienti cerebrolesi dell’ospedale di Reims in  uno stato di coma vegetativo cronico non reversibile. Il paziente è diventato – così come in Italia Eluana Englaro – il simbolo del dibattito sul fine vita e da questa settimana dovrebbero iniziare le procedure per l’interruzione del trattamento “terapeutico”.

Chi è Vincent Lambert

In Francia è in vigore dal 2005 una legge sul fine vita, la cosiddetta legge Leonetti (dal nome di Jean Leonetti il deputato dell’allora UMP che se ne fece promotore). La legge dà la definizione legale di accanimento terapeuticoil potere ai medici di decidere e stabilire quando è il caso di interrompere un trattamento che è diventato ormai inutile. Nei fatti non accade mai che il personale sanitario decida in completa autonomia e si cerca sempre di ottenere il consenso dei familiari in seguito ad un confronto sulle possibilità terapeutiche e le possibilità di guarigione.

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La vignetta di Charlie Hebdo “Vincent Lambert, undici anni nella cabina elettorale. E non so ancora per chi votare” Fonte

Quando ciò non accade – e il paziente non ha lasciato direttive anticipate di trattamento – l’unica strada che rimane aperta è quella delle aule dei tribunali. Nel caso di Lambert nelle corti di giustizia francesi si sono dati battagli da una parte i genitori dell’uomo che non vogliono la sospensione di un trattamento che di terapeutico ormai ha ben poco e dall’altra la moglie e uno dei fratello di Vincent. Attualmente oltre alla moglie di Lambert anche suo nipote e sei fratelli hanno accettato la decisione dei medici mentre i genitori, che sono ferventi cattolici, continuano ad opporsi e hanno già annunciato di voler presentare altri ricorsi d’urgenza per impedire al personale sanitario di staccare le macchine che tengono in vita il figlio.

Le tappe del “caso” Lambert

Come spesso purtroppo accade una vicenda privata è diventata una battaglia pubblica con eco anche nel nostro Paese dove Mario Adinolfi riporta le parole del fratellastro secondo cui quando Vincent “ha capito” che “stava per essere eseguita la condanna a morte” si sarebbe messo a piangere. Ma per la verità non è la prima volta che i medici provano a sospendere i trattamenti a Lambert. Ci avevano provato nel 2013, con il consenso della moglie Rachel, ma la procedura venne sospesa da un’ordine del tribunale di Reims su ricorso dei genitori.

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Di nuovo nel 2015, in mancanza di alcun segno di miglioramento della sua condizione la nuova equipe medica decise di “staccare la spina” alle macchine che tengono in vita Vincent ma  i medici vennero denunciati per tentato omicidio e sequestro dai genitori dell’uomo. Il 24 aprile scorso infine il Consiglio di Stato francese ha stabilito che la decisione di sospendere il trattamento è legalmente giustificata e che la prosecuzione del sostegno vitale costituisce un’ostinazione irragionevole.

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Legalmente a poter decidere della sorte di Vincent Lambert è la moglie, che nel 2016 è stata nominata tutore legale dal tribunale e che quindi ha il diritto di decidere cosa è meglio per il marito. Se si leggono i racconti dei pro life sembra che tutta la famiglia di Lambert stia lottando contro i medici o contro “la scienza”, ma non è così. Sono solo i genitori che vogliono avere il diritto di vita e di morte sul figlio. Ad esempio nel 2017 uno dei nipoti di Lambert aveva rivolto un appello al presidente francese Hollande affinché facesse pressioni sull’ospedale di Reims affinché  riprendesse la procedura di sospensione del sostegno vitale. La decisione è stata convalidata dal tribunale per quattro volte, in ossequio non tanto alla decisione della moglie ma al riconoscimento del fatto che lo stesso Vincent Lambert prima dell’incidente avesse espresso il desiderio di non vivere attaccato alle macchine.

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Insomma è la volontà del paziente quella di poter essere lasciato andare e di non dover inutilmente patire un calvario che potrebbe protrarsi per anni. Non c’è alcuna “sentenza” di condanna a morte come vogliono far credere quelli che ritengono che un individuo non possa disporre della sua esistenza. La durata della vicenda giudiziaria lascia ben capire come non si sia trattata di una scelta improvvisa ma di una decisione ponderata basata su evidenze mediche. In tutti questi anni Vincent Lambert non ha dato alcun segno di miglioramento. Perché non lasciarlo morire?

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