La solita campagna shock di Pro Vita contro l’eutanasia

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-09-03

Intendiamoci: chi dice che l’eutanasia è moralmente sbagliata ha tutto il diritto di farlo, ma non al punto di raccontare che con una eventuale legge sul suicidio assistito i disoccupati potranno chiedere al medico di morire

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«Vogliono spingerci a “scegliere” la morte di fronte alla sofferenza, anziché avere il diritto di vivere in una società che investe sulla persona». Quest’anno niente allarmi sui pericoli del Gender e il complotto dell’OMS, quindi tocca ad una nuova campagna: quella contro l’eutanasia. A promuoverla è l’associazione Pro Vita che oggi ha fatto affiggere alcuni cartelloni 6 per 3 dove denuncia il piano per uccidere nonne e madri di famiglia.

Pro Vita e il suicidio assistito per i disoccupati

Non risulta che al momento – soprattutto in questa fase politica assai delicata – ci sia una discussione tra M5S e PD (ma anche nel dibattito pubblico non è che se ne parli) sul fine vita e sulla possibilità per i cittadini di scegliere quando morire, anzi il Parlamento ha lasciato cadere la questione posta dalla Corte Costituzionale aveva dato tempo al Parlamento fino al 24 settembre per colmare il vuoto normativo sul suicidio assistito. C’è la campagna dell’associazione Luca Coscioni, che ha organizzato una manifestazione a Roma per il 19  settembre. Come per altri temi etici (si veda la storia della Legge 40 sulla fecondazione assistita) decideranno i giudici, la politica non ha abbastanza coraggio. Ma non è rilevante, perché le campagne di Pro Vita hanno un solo obiettivo: schockare la cittadinanza. E questo intento è più evidente se si guarda il video promozionale per la “campagna nazionale contro eutanasia e suicidio assistito”. provita campagna noeutanasia -2

Nel video, pubblicato oggi pomeriggio sui canali social di Pro Vita, viene presentata una carrellata di persone che secondo Pro Vita “potranno farsi uccidere” qualora passasse una fantomatica legge a favore dell’eutanasia. C’è Alessandro, un ragazzino “che è stato bullizzato a scuola” e quindi potrà farsi uccidere da un medico, Anna “depressa dopo essere stata tradita” potrà anche lei scegliere l’eutanasia, come Maria, un’anziana signora “che ha scoperto da poco il tumore” o Marta, una ventiquattrenne che “non riesce a lottare contro l’anoressia” fino a Fabio che “ha perso il lavoro”.

Ognuno deve essere libero di decidere: di vivere o di morire

Li facciamo morire tutti, chiede Pro Vita? Cosa direste se fossero i vostri figli, madri, nonne, sorelle e così via? Che ci siano persone contrarie all’eutanasia o al suicidio assistito non è certo una novità. E del resto tutti hanno diritto di pensarla come meglio credono, motivo per cui sarebbe stupido censurare i manifesti di Pro Vita. Ma il punto fondamentale è quello di presentare la questione per quello che è. Dire che con una eventuale legge sull’eutanasia (che Pro Vita chiama “liberalizzazione”, per meglio agitare le paure) uno che perde il lavoro possa avere diritto a chiedere il suicidio assistito in una clinica o in un ospedale è assurdo. Così come in genere chi chiede di morire non è il paziente che ha appena scoperto il tumore ma quella persona che dopo aver a lungo lottato contro una malattia (quale essa sia) decide che la sua vita non è più degna di essere vissuta.

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Pro Vita ribalta la questione pur nelle casistiche irrealistiche non sono più Alessandro, Anna, Maria o chi per loro a decidere per se stessi. Sono i loro familiari ad avere in mano la decisione. Li lasceresti morire? Ovvio che no, se ognuno di noi avesse il potere più assoluto sulla propria esistenza e quella altrui farebbe di tutto per salvare sé o i propri cari. Ma nessuno ha questo potere. Il tutto mentre si invoca il diritto all’autodeterminazione. Un controsenso vero? Perché chi perde il lavoro, è depresso o scopre un tradimento in alcuni casi drammatici già sceglie di uccidersi (e talvolta decide di uccidere anche i famigliari) senza alcun bisogno di leggi sull’eutanasia. Nessuno vuole uccidere persone che non hanno intenzione di “arrendersi”, la cura del sofferente, le cure palliative non sono in contraddizione con le richieste di chi invece vuole morire. Non c’è alcuna china pericolosa verso la quale potremmo precipitare. Quelli che dicono che legalizzando l’eutanasia si arriverà ad uccidere i poveri o quelli che ricevono una diagnosi infausta ed i malati in genere dovrebbero dimostrare che esiste una concatenazione causale tra tutti questi eventi con un’alta probabilità di accadere. Ma non possono farlo. E usano questi argomenti, questi attacchi ai codardi che non vogliono vivere (e non lo fanno nemmeno per i loro cari, quasi fosse mangiare la minestrina di verdure per far contenta nonna che ha lavorato tanto per farla) o ai criminali che ci vogliono uccidere tutti perché non vogliono affrontare una questione immensa: quella della qualità della vita di ogni singolo individuo.

Perché il metro ultimo per decidere sulla mia vita sono io, ed è il paziente – e non i custodi di qualche testo sacro scritto duemila anni fa – a decidere se posso o meno farlo. Loro possono decidere per loro stessi e nessuno gli vuole togliere questa libertà. Ma lascino agli altri di decidere, di riflettere e di cambiare idea tutte le volte che lo vorranno sul significato che danno al concetto di dignità della vita, la loro. E lo decideranno in base ai propri valori, non a quelli della morale altrui. Per il semplice fatto che la vita è la loro, come è personale anche la sofferenza. Perché non è la vita in quanto tale, in quanto evento meramente biologico ad avere un valore (o ad essere sacra): è l’esistenza – quell’insieme di eventi e di relazioni e di capacità di agire – che rende la vita degna di essere vissuta non vissuta.

 

Foto copertina via Facebook.com

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