Perché il valore dei BTP scende quando sale lo spread

di Riccardo Puglisi

Pubblicato il 2018-11-22

Vorrei fare qualche ragionamento intuitivo sullo spread: la differenza tra il costo di “nuovo denaro” per lo stato italiano (tipicamente nella forma di Btp con tasso fisso a 10 anni) e per il paese ritenuto più sicuro dentro l’eurozona, cioè la Germania. Dal punto di vista dei fondamentali economico-finanziari, lo spread si allarga: 1) Se …

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Vorrei fare qualche ragionamento intuitivo sullo spread: la differenza tra il costo di “nuovo denaro” per lo stato italiano (tipicamente nella forma di Btp con tasso fisso a 10 anni) e per il paese ritenuto più sicuro dentro l’eurozona, cioè la Germania. Dal punto di vista dei fondamentali economico-finanziari, lo spread si allarga:

1) Se aumenta il rischio percepito di insolvenza da parte dell’emittente, vale a dire se lo stato non ripaga, o ripaga meno di quanto promesso, o ripaga in ritardo (insolvency risk”);

2) Se lo stato ripaga il debito in una valuta diversa (“redenomination risk”). Si tratta di un fattore negativo se il rischio è quello di essere ripagati in una valuta che VALE MENO rispetto a quella in cui è stato contratto il debito, cioè una valuta …. svalutata. Tutti concordano sul fatto che ciò accadrebbe in caso di uscita dell’Italia dall’euro e di ritorno alla lira.
Perché? Beh perché una dinamica peggiore dei prezzi italiani (principalmente causata dalla scarsa produttività) rispetto a quelli tedeschi viene compensata attraverso una svalutazione della moneta in cui si acquistano prodotti italiani, che così diventano più competitivi. [Piccola parentesi: per usare un eufemismo è estremamente improbabile che la svalutazione del tasso di cambio nominale abbia effetti positivi nel lungo termine sul tasso di crescita reale dell’economia. Ma di questo parlerò un’altra volta!]. Una delle cose meno intuitive per chi non ha una preparazione economico-finanziaria è la relazione inversa tra valore dei titoli a reddito fisso (come i Btp) e l’andamento in tempo reale del tasso di interesse. Alla base c’è un meccanismo di ARBITRAGGIO. Che cosa vuol dire? Se i BTP che hai in tasca rendono il 3% e il nuovo tasso di interesse che prevale sul mercato è il 5%, ti conviene vendere i titoli che hai in portafoglio per comprare quelli nuovi, che rendono il 2% in più. C’è un eccesso di offerta dei titoli già esistenti sul mercato!

Ciò spinge verso il basso il prezzo dei titoli, cosicché – potendo comprare a un prezzo più basso – i nuovi acquirenti dei titoli arrivano ad ottenere esattamente il 5%. Come si spiega la cosa dal punto di vista della matematica finanziaria? Funziona così: il rendimento per i nuovi acquirenti SALE in quanto essi ricevono la stessa sequenza precedente di cedole e di capitale finale calcolati con un tasso del 3% ma HANNO PAGATO DI MENO per acquistare il titolo stesso, per cui il cosiddetto TIR sale. E che cos’è il TIR? Non è un grosso camion ma è il Tasso Interno di Rendimento della operazione effettuata dall’acquirente eventuale del titolo che avevi in tasca tu. Ecco perché il valore dei BTP stessi scende quando sale lo spread. Piccola aggiunta: la diminuzione nel prezzo dei titoli al salire del tasso di interesse è tanto maggiore quanto più lontana nel tempo in media il pagamento di interessi e capitale (cosiddetta “duration”).
Concludendo: 1) Se hai comprato BTP come titoli sicuri prima dell’avvento dell’attuale governo – e ora il valore dei tuoi titoli è sceso a precipizio – domandati come mai il governo non ti tratti da patriota, riservando tale trattamento solo ai nuovi acquirenti di BTP. 2) Pensa a quanto sono felici banche e fondi pensioni che hanno acquistato cospicui quantitativi di titoli di stato italiani a reddito fisso. Sono le banche che ti prestano i soldi per fare un mutuo, oppure i fondi che gestiscono i tuoi risparmi aggiuntivi per l’agognata pensione. Sogni d’oro.

 

Leggi sull’argomento: Cosa succede al PIL con la crescita dello spread

 

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