Economia
In caso di Brexit
Alessandro D'Amato 22/06/2016
Cosa succede se il Regno Unito vota per uscire dall’Unione Europea? Gli scenari studiati dalle banche centrali e gli effetti sui mercati finanziari. Intanto i sondaggi danno una sostanziale parità tra le due ipotesi
Secondo il presidente della Bce Mario Draghi è difficile prevedere le diverse dimensioni con le quali il voto britannico impatterà su mercato ed economia dell’eurozona. Anche la presidente della Fed Janet Yellen è convinta che l’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Ue avrebbe ripercussioni economiche importanti, ma questo evento non innescherebbe una recessione negli Stati Uniti. In ogni caso il voto di domani al referendum sulla Brexit chiuderà il cerchio di un’epoca per l’Unione Europea. Scrive il Corriere della Sera:
Draghi non nasconde di essere preoccupato. Sentimento che non è stato nascosto nemmeno dalla presidente della Federal Reserve americana Janet Yellen: la Brexit «potrebbe avere significative ripercussioni economiche», ha detto ieri davanti alla Commissione bancaria del Senato a Washington, ha basse chance di innescare una recessione in America ma potrebbe «rappresentare un rischio per la stabilità finanziaria», una delle ragioni per le quali prevede prudenza nell’aumentare i tassi. C’è insomma un allarme globale; e i banchieri centrali sono pronti anche se i mercati ieri hanno puntato sul Remain: è che i mercati ne sanno quanto gli altri sul risultato del referendum. Niente.
Il Sole 24 Ore invece ricorda le parole di Soros e di Goldman Sachs:
Il mercoledì nero del 1992 quando il pound (e la lira, ndr) uscì dal meccanismo di cambio europeo sotto la spinta della speculazione, Soros realizzò profitti per un miliardo di sterline. Nulla, sembra dire, rispetto a quanto potrebbe accadere dall’alba del 24 giugno in poi se le urne sanciranno il Brexit. «Il pound cadrà fortemente e velocemente ( in caso di divorzio euro-britannico, ndr) mi aspetto che la svalutazione sia più devastante del 15% registrato nel settembre 1992 quando fui fortunato abbastanza da realizzare profitti significativi a spese della Bank of England e del governo britannico…Il pound potrà perdere più del 15, forse il 20% passando da 1,46 a meno di 1,15 sul dollaro che significa una caduta di quasi il 30% dal valore precedente la campagna referendaria». Una dinamica che per il finanziere di origine ungherese porterebbe – ironia suprema – la sterlina alla parità con l’euro.
Le parole di George Soros non si discostano troppo dalla più recente analisi di Goldman Sachs che a metà giugno ipotizzava un indebolimento dell’11% della sterlina verso un basket di valute. Da allora ad oggi, inoltre, il pound sospinto da sondaggi favorevoli a Remain, ha riguadagnato terreno accrescendo ulteriormente la potenziale caduta sui mercati qualora uscisse un esito opposto alle più recenti attese. Scenari da crisi della sterlina in linea con corsi e ricorsi che indicano la violenta e persistente svalutazione della moneta britannica una volta in ogni decennio, o quasi?