Quando Berlusconi voleva incontrare papà Cervi, morto trent’anni prima

di Lorenzo Tosa

Pubblicato il 2021-12-28

Vi ricordate la clamorosa gaffe del leader di Forza Italia, che da Vespa promise a Bertinotti di incontrare papà Cervi. Peccato che fosse morto 30 anni prima…

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Un giorno, era il 6 ottobre del 2000, in collegamento con “Porta a Porta”, Fausto Bertinotti ricordò a Silvio Berlusconi la figura di Alcide Cervi, il padre dei sette fratelli partigiani barbaramente trucidati il 28 dicembre del 1943 a Reggio Emilia. Berlusconi, di fianco a un Vespa supinamente in silenzio, si affrettò a promettere: “Io sarò felicissimo di conoscere papà Cervi, a cui va tutta la mia ammirazione.” Toccò allora a Bertinotti rimettere insieme i cocci di una verità storica così goffamente ignorata. “Papà Cervi purtroppo è morto” disse, invero con scarsi risultati.

Neanche sapeva Berlusconi, l’uomo più potente d’Italia, colui che di lì a poco sarebbe diventato per la seconda volta Presidente del Consiglio, che Alcide Cervi fosse morto 30 anni prima, il 27 marzo 1970, a 95 anni, salutato ai funerali da una folla di oltre 200.000 persone, tra cui anche il futuro Presidente della Repubblica Sandro Pertini, Ferruccio Parri e Nilde Iotti. Alcide Cervi, un uomo che, con la sua vita e il suo esempio, aveva rappresentato per l’intero dopoguerra il simbolo più alto della resistenza all’antifascismo, lui che era stato compagno di prigionia dei propri figli fino al giorno in cui li fucilarono al poligono di tiro di Reggio Emilia, lui che ne venne informato solo molto tempo dopo quando fu liberato dagli Alleati. Lui che, con una dignità incrollabile, due anni più tardi, il 25 ottobre del 1945, ai funerali dei propri figli, nell’Italia ormai liberata grazie anche al sacrificio eroico della sua famiglia, pronunciò queste parole indimenticabili:

“Dopo un raccolto ne viene un altro, bisogna andare avanti. I miei figli hanno sempre saputo che c’era da morire per quello che facevano e l’hanno continuato a fare, come anche il sole fa l’arco suo e non si ferma davanti alla notte. Così lo sapevano i tanti partigiani morti, e non si sono fermati davanti alla morte. E ora essi sono con noi in questa terra di Emilia dove le viti si abbracciano alle tombe, dove un lume e un marmo è la semente di ogni campo, la luce di ogni strada.”

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Foto IPP/Paolo Pizzi 19/10/2019 Roma. Manifestazione dell’Orgoglio Italiano. Nella foto Silvio Berlusconi
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Ecco chi è stato Alcide Cervi, il patriarca dell’antifascismo emiliano e italiano, l’uomo di cui Berlusconi ignorava non solo la vita ma anche la morte. Oggi, nel giorno del 78esimo anniversario del massacro di questa eroica famiglia antifascista, torna alla mente questo aneddoto d’antan eppure drammaticamente attuale, se è vero che l’autore di questa imbarazzante gaffe è, ancora oggi, a distanza di oltre vent’anni, attraversati da scandali, processi e leggi ad personam, l’uomo indicato dalla destra come prossimo Presidente della Repubblica. Di più, un “patriota” (Meloni dixit). E, a risentirlo oggi, da quest’angolazione, in questo anniversario così importante, ecccola, in una sola scena, in un solo frammento di memoria, la differenza tra i patrioti, quelli grandi, quelli veri, e uno che dei patrioti neanche ricorda il nome.

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