Cultura e scienze
Spotify senza Lucio Battisti: prendiamola così, non possiamo farne un dramma
Mario Neri 05/09/2018
Puntuale come una collection gold a Natale, torna sui giornali la lite tra la vedova di Battisti e Mogol per lo sfruttamento online dei diritti musicali dei testi di Lucio. Perché è una polemica sciocca e insensata, oltre che offensiva nei confronti dell’artista (che non sono io, sono il suo fumista cit.)
Scendono in campo i pesi massimi nella querelle su Lucio Battisti che da anni vede contrapposti da una parte la vedova Maria Grazia Letizia Veronese e il figlio Luca, e dall’altra l’autore dei testi dei suoi primi quattordici album, Giulio Rapetti in arte Mogol. La materia del contendere, che da anni va avanti tra le due fazioni (il tribunale ha dato ragione a Mogol), è sempre la stessa: i soldi che l’autore dei testi vorrebbe ricavare dallo sfruttamento dei diritti d’autore delle canzoni “anche online”, ovvero rendendoli disponibili (a pagamento) anche su circuiti come quello di Spotify.
L’eredità musicale di Lucio Battisti
Oggi a occuparsi del problema economico che affligge il “povero” Mogol sono addirittura Milena Gabanelli sul Corriere della Sera e Repubblica, che intervista l’autore. Il Dataroom dell’ex conduttrice e autrice di Report riepiloga gli album pubblicati da Battisti su testi di Mogol dimenticandone due, ovvero Lucio Battisti Vol. 2 e Lucio Battisti vol. 4 e infilandoci invece Images che è una collection, visto che contiene le traduzioni in inglese di alcuni dei brani di maggior successo del duo. Vol. 2 contiene tre canzoni del primo album ed altre nove in versione stereo e per anni è stato pubblicato soltanto su musicassetta (e non su vinile: l’edizione in CD arriverà due decenni dopo); Vol. 4 è invece una raccolta di 45 giri che non erano usciti in versione a 33.
Poi l’infografica illustra i termini del contenzioso tra i soci della società Aquilone SRL (Veronese e Luca Battisti) e Giulio Rapetti per la Edizioni Musicali Acqua Azzurra SRL, che, come per quella dei Beatles, raccoglie tutto il catalogo di canzoni firmate da Battisti e Mogol tra il 1969 e il 1980. Nell’estate 2018 il tribunale, su ricorso di Mogol che percepisce solo il 9% di quei diritti, ha aperto allo sfruttamento “anche online” del catalogo. Il Corriere, nell’articolo firmato da Gabanelli e Gerevini, sostiene che “la gestione voluta dalla vedova ha sempre impedito l’utilizzo sul web del repertorio, ingabbiandolo nei vecchi supporti fisici. Quindi Battisti non esiste sulle piattaforme di streaming musicale come, per esempio, Spotify”. Il che è tecnicamente vero, ma non è per niente vero che questo tiene lontani “i giovani” dalla musica di Battisti.
Per conoscere la musica c’è bisogno di Spotify?
La verità è che questa decisione tiene lontano il 9% dalle tasche di Mogol (e da quelle degli altri eredi) mentre la discografia di Battisti è stata ristampata negli anni in decine di edizioni economiche che oggi permettono di acquistare un album di Battisti in una qualsiasi bancarella di CD al prezzo di 2, 3 o 5 euro. L’anno scorso, per un progetto al quale la vedova di Battisti si è opposta senza successo, è stata anche pubblicata una raccolta di brani rimasterizzati di altissima qualità dal titolo Masters in quattro compact disc. Ovviamente è possibile ascoltare online le rimasterizzazioni (su Youtube) così come è possibile scaricare sulle piattaforme di download illegale i file FLAC o di ancora più alta qualità di quei brani. Questo non è un invito a scaricarle, ma soltanto la dimostrazione che se “i giovani” (ma perché i giovani?) hanno l’impellente necessità di sentire le canzoni di Battisti su file possono tranquillamente farlo.
Ecco perché l’argomento “Poveri gggiovanidoggi privati di Battisti da quella cattivona della vedova“, che è sotteso in molti degli articoli che raccontano le vicende del catalogo di Battisti, è una sciocchezza. Grazia Letizia Veronese, tra l’altro, perde soldi (i diritti oggi fruttano circa 800mila euro l’anno) da questa sua posizione di diniego, e se lo fa è perché rispetta le volontà del marito e ritiene che lo sfruttamento commerciale della sua opera debba essere diverso da quello di altri che ogni Natale fanno pubblicare la stessa strenna di canzoni di mariti defunti cambiando la copertina e sperando che qualcuno a corto di idee per i regali ci caschi. Purtroppo il silenzio ostinato e sbagliato della Veronese e di Luca Battisti non aiuta a spiegare le tante ragioni che i due hanno nella questione.
L’intervista di Mogol su Battisti
A corredo di questo teatrino oggi Repubblica ospita un’intervista a Mogol in cui Rapetti si lascia andare ad affermazioni e giudizi non esattamente lusinghieri nei confronti dello stesso Battisti, della Veronese e della carriera successiva alla rottura con lui. Dopo aver detto che l’album che ama di più è “la parte musicale di Anima Latina, è un capolavoro assoluto che mi dà ancora i brividi” (ha ragionissima), Mogol sembra più dedito ad autoincensarsi che a parlare del duo che ha composto con uno dei più grandi musicisti italiani del secolo scorso. Ad esempio quando Carlo Moretti gli chiede del loro rapporto lui ne approfitta per ricordare che era già famoso prima di conoscere Lucio:
In 15 anni come si è evoluto il vostro rapporto?
«È rimasto sempre lo stesso, erano le canzoni a cambiare. Lucio era costante, tranquillo, sereno, studiava i più grandi, da Otis Redding a Frank Zappa. Nessuno aveva neanche la metà delle sue conoscenze musicali. Anch’io sono rimasto lo stesso, del resto i più grandi successi mondiali li ho fatti prima di conoscere Lucio. Hanno calcolato che nella mia carriera ho venduto 523 milioni di copie nel mondo».
Mogol conferma anche indirettamente che la loro rottura avvenne anche a causa di problemi di soldi:
Ha mai pensato di tornare a lavorare insieme?
«Mai. Prima di conoscere Lucio per quattro anni di fila ero stato votato come miglior autore. Avevo già molti successi, una mia canzone aveva vinto il Festival di Sanremo. Eppure avevo accettato di essere pagato meno di quanto veniva pagato lui. In seguito, proprio pensando al mio caso, la Siae corresse, ma più tardi lui non volle dividere a metà le edizioni. Avessi ceduto per tornare insieme non mi sarei rispettato e io tengo moltissimo all’autostima: l’ultima compagna di fronte alla morte. Se hai stima di te stesso hai almeno un compagno al tuo fianco».
Ma la risposta più agghiacciante è quella che Rapetti ritiene di dover riservare al periodo musicale successivo alla rottura con Battisti, che si compone di un album (E già) con testi scritti proprio dalla moglie (e che riservava giudizi interessanti sulla svolta artistica dopo Mogol: “Scrivi il tuo nome / Su qualcosa che vale / Mostra a te stesso / che non sei un vegetale“) e di ben cinque album composti con i testi del poeta Pasquale Panella, e che secondo Mogol sarebbero “nonsense”:
Infatti si è ritirato facendo solo dischi, quelli senza di lei. Che giudizio ne dà?
«Aveva cambiato il modo di lavorare, ora scriveva musica sui testi. Quando venne a trovarmi gli chiesi perché avesse scelto di scrivere la musica su testi nonsense. Mi rispose: “Avevo due strade, o scrivevo su testi in inglese o su testi nonsense”. Mi ha spiegato che non voleva si facessero paragoni con le canzoni che avevamo scritto noi».
La risposta che Battisti avrebbe dato a Mogol sembra piuttosto offensiva nei confronti del lavoro del poeta con Lucio (del quale sapeva di essere una spalla: “L’artista non sono io / sono il suo fumista”), autoincensatoria per Mogol e soprattutto insensata, visto che è una cosa che può pensare (semicit.) solo Mogol davanti a versi di senso indiscutibile:
Son le cose
che pensano ed hanno di te
sentimento. esse t’amano e non io
come assente rimpiangono te
Son le cose prolungano te
Di quei testi parlano libri e articoli, spiegandone il senso e il valore artistico. Liquidarli come nonsense è offensivo, ma “D’altronde (d’altro canto), a volte essere nemici facilita, piacersi è così inutile“, canterebbe Battisti su versi di Panella.