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Banca Popolare di Bari, gli arresti domiciliari per Marco e Gianluca Jacobini
neXtQuotidiano 31/01/2020
Agli indagati sono contestati a vario titolo i reati di falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza. Interdizione per De Bustis
La Guardia di Finanza di Bari ha notificato un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di Marco e Gianluca Jacobini, padre e figlio, il primo ex presidente del Cda e amministratore di fatto della Banca Popolare di Bari e il secondo vice direttore generale e direttore generale di fatto dell’istituto di credito barese. Agli indagati sono contestati a vario titolo i reati di falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza.
Banca Popolare di Bari, gli arresti di Marco e Gianluca Jacobini
L’ex amministratore delegato della Banca Popolare di Bari Vincenzo De Bustis Figarola ha invece ricevuto l’interdizione ad esercitare per 12 mesi l’attività di dirigente di istituti bancari e di uffici direttivi di imprese. Ai domiciliari anche Elia Circelli, ex responsabile della funzione bilancio e amministrazione della direzione operations. Le misure cautelari sono state chieste dal procuratore aggiunto Roberto Rossi, all’esito delle indagini della guardia di finanza. L’istituto di credito con sede nel capoluogo pugliese è stato commissariato da Bankitalia il 13 dicembre, mentre il giorno dopo il governo ha varato un piano di salvataggio. Attualmente la banca è gestita dai commissari: Antonio Bladini e Enrico Ajello.
Nell’inchiesta sulla Banca Popolare di Bari sono indagate complessivamente nove persone. Oltre ai quattro destinatari delle misure cautelari – Marco e Gianluca Jacobini, Elia Circelli (tutti e tre agli arresti domiciliari) e Vincenzo De Bustis Figarola (interdetto per 12 mesi) – ci sono Luigi Jacobini, altro figlio di Marco Jacobini, vice direttore generale dell’istituto di credito; Giorgio Papa, amministratore delegato dal 2015 al 2018, prima di De Bustis Figarola; Roberto Pirola e Alberto Longo, presidenti del collegio sindacale della banca: il primo dal 2011 al 2018 e il secondo dal 2018 al commissariamento; e Giuseppe Marella, responsabile dell’Internal Audit della BpB dal 2013. Contestualmente alla notifica della misura, sono in corso 17 perquisizioni presso le abitazioni e gli uffici di Bari, Roma, Milano e Bergamo dei quattro destinatari della misura e di altri sei responsabili dell’Istituto di credito, di cui quattro indagati nello stesso procedimento. La Gdf sta perquisendo anche la direzione della Banca Popolare di Bari dove risultano alcune cassette di sicurezza nella disponibilità dell’ex presidente Marco Jacobini.
Le accuse dei PM a Jacobini
Secondo le accuse del pubblico ministero Marco e Gianluca Jacobini poche ore prima il commissariamento della banca avrebbero messo “in atto condotte di occultamento dei profitti illeciti” trasferendo dai loro conti correnti, cointestati alle rispettive mogli, somme per complessivi 5,6 milioni. Il trasferimento dei fondi sarebbe avvenuto il 12 e il 13 dicembre scorsi. BpB è stata commissariata dal governo il 13 dicembre. I commissari straordinari Enrico Ajello e Antonio Blandini, che il 13 dicembre hanno preso in mano la gestione dell’istituto di credito, hanno depositato il 18 dicembre in Procura note della “Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia”. Nelle note si evidenziano cinque segnalazioni di operazioni sospette del 12 e 13 dicembre, relative al trasferimento verso Banca Sella “di ingenti fondi detenuti presso la BpB” con decine di assegni circolari e bonifici intestati a familiari o a società a loro riconducibili, un’agenzia Allianz e la Società Agricola Masseria Donna Giulia srl. “Trattasi di operazioni poste in essere nella imminenza della formalizzazione del commissariamento (e tutt’ora in corso) – si legge negli atti – che dimostrano l’intenzione di sottrarre i profitti illeciti ad eventuali operazioni di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria”.
Negli atti si evidenzia, inoltre, che “i dirigenti, benché dimessisi o rimossi da precedenti incarichi di vertice presso la Banca Popolare di Bari a causa delle evidenti responsabilità emerse a loro carico, risultano tutti ricoprire, a vario titolo, numerose cariche o rappresentanze in diversi soggetti giuridici operanti nel settore bancario, assicurativo e dei servizi a sostegno delle imprese”. In particolare emerge il ruolo di procuratore della Allianz Spa ricoperto da Marco Jacobini, rappresentante legale anche di altre due banche fuse per incorporazione vent’anni fa nella BpB, e quelli di Gianluca Jacobini ed Elia Circelli nella Cassa di risparmio di Orvieto spa, banca appartenente al gruppo BpB. “Tale situazione – si legge nell’ordinanza – pone gli indagati non solo in condizione di poter potenzialmente reiterare i reati contestati, ma anche di poter eventualmente porre in essere condotte tese ad un inquinamento probatorio”.
Il compenso di 3 milioni di euro
Marco Jacobini nel 2018 avrebbe percepito redditi per oltre 3 milioni di euro da Banca Popolare di Bari, di cui era presidente e amministratore di fatto. Negli atti, con riferimento ai 3 milioni di euro percepiti dall’ex presidente, si parla di importo “smisurato soprattutto con riferimento alle funzioni svolte all’interno della Banca e se rapportato alla situazione di grave dissesto patrimoniale della banca”. Si ricorda anche che quel compenso è anche oggetto di una delle contestazioni di ostacolo alla vigilanza di Banca d’Italia, tuttavia non riconosciuta dal gip in quando “condotta meramente omissiva, non accompagnata da alcun mezzo di natura fraudolenta”.
Sentito il 17 dicembre 2019, il testimone Benedetto Maggi, vice responsabile della sezione crediti, ha spiegato “l’attuale potere di fatto della famiglia Jacobini: governava la banca con lo sguardo”. Stralci delle sue dichiarazioni sono riportati nell’ordinanza di arresti domiciliari notificata oggi a Marco e Gianluca Jacobini. “Appare evidente – si legge negli atti – che la struttura della banca è ancora sottoposta al controllo di fatto della famiglia Jacobini. Appare pertanto necessario e urgente impedire che tale potere illecito impedisca il risanamento della Banca con i devastanti effetti sull’economia meridionale. In particolare il potere di fatto della struttura imprenditoriale impedirebbe l’emersione dei dati contabili necessari per identificare le cifra necessarie per il risanamento della banca”.
La storia della Banca Popolare di Bari
Lo stesso De Bustis nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera qualche tempo fa aveva denunciato prestiti irregolari che avrebbero provocato perdite enormi, circa 800 milioni di euro negli ultimi quattro anni. Praticamente da quando lui aveva lasciato la banca che aveva già guidato dal 2011 all’inizio del 2015. Per questo era stata avviata un’azione di responsabilità contro l’ex direttore generale Luca Jacobini, figlio di Marco, presidente dell’istituto dal 1989 al 2019 e altri due top manager.
Nel disastro ha certamente pesato anche l’acquisizione di Banca Tercas nel 2013-2014, effettuata su impulso della Banca d’Italia. Il Corriere oggi riepiloga i termini di una vicenda complicata:
La banca venne capitalizzata per quasi 300 milioni dal Fitd prima di passare alla Bari, ma la Commissione Ue nel 2015 lo considerò aiuto di Stato. Quella decisione impedirà al Fitd di intervenire sulle successive crisi bancarie, tanto che per ovviare dovette inventarsi lo Schema Volontario, fino allo scorso aprile quando il tribunale Ue non ha dato ragione all’Italia. In ogni caso quei soldi non si sono rivelati sufficienti per coprire il buco di Tercas. Nel frattempo la Bari aveva chiesto ai soci oltre mezzo miliardo di euro tra aumento di capitale e bond subordinati. Le azioni, vendute a 9,5 euro, da mesi sono ferme a 2,38 euro. Ma in realtà valgono ormai quasi zero.
Banca Popolare di Bari, gli indagati
I magistrati avevano iscritto da tempo nel registro degli indagati Marco Jacobini, 73 anni, il padre padrone della banca, presidente del suo consiglio di amministrazione e amministratore di fatto e i suoi figli Gianluca, 42 anni, vicedirettore generale dal 2011 al 2015, quindi condirettore e direttore generale di fatto, e Luigi, 46 anni, dal 2011 vicedirettore generale. Ma anche Vincenzo De Bustis Figarola, 69 anni, già direttore generale ed amministratore delegato, banchiere preceduto dalla fama di essere un highlander uscito sempre illeso da storie complicate, in Banca 121, Mps e Deutsche Bank. Proprio quello che a il 18 luglio scorso, dopo la pubblicazione di un’inchiesta in due puntate di Repubblica sul suo gigante dai piedi di argilla, querelava il quotidiano lamentando la «palese falsità di notizie gravemente lesive della sua immagine» insieme alla diffida a «non reiterare le condotte diffamatorie» pena un risarcimento «per una somma non inferiore a 100 milioni di euro». Più o meno un decimo del buco che, ora, saranno chiamati a tamponare i contribuenti italiani per conto dei dieci indagati.
Carlo Bonini e Giuliano Foschini su Repubblica raccontano che dopo l’acquisizione di Tercas la banca si trova di fronte perdite per circa 250 milioni di euro che decide di occultare:
Tra febbraio e aprile di quell’anno, il Cda prima, l’assemblea dei soci poi, cucinano dunque il bilancio dell’anno precedente omettendo di svalutare gli avviamenti di alcune fusioni. Ci sono, tra le altre, la Nuova banca Mediterranea, la Popolare di Calabria e, appunto, Tercas. L’operazione di maquillage consente di occultare, facendole sparire, 270 milioni di perdite. La chiusura del bilancio 2015, non ha risolto i problemi. Anzi. Popolare sa che tra il valore reale delle azioni collocate l’anno prima e quello dichiarato, balla circa il 30 per cento. Il titolo, dunque, deve essere svalutato. Ma prima c’è da risolvere una questione. Molte di quelle azioni sono state vendute infatti a imprenditori esposti con la banca per cifre importanti.
È il gioco delle “operazioni baciate” che ha già messo in ginocchio le banche venete: ti concedo un prestito a patto che ne userai una parte per acquistare le mie azioni. Accade così che, il 18 marzo, nell’ultima asta utile prima dell’assemblea dei soci del 24 aprile che svaluterà il titolo, alcuni azionisti, diciamo i più “fortunati”, riescono a liberarsi delle azioni scavalcando l’ordine cronologico dei venditori. Da questo momento in poi, le azioni puntano dritte verso l’abisso. Nessuno riuscirà a venderle. Il loro valore si scioglierà come neve al sole, arrivando a poco più di 2 euro prima che le negoziazioni vengano sospese.
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