Economia

Il direttore di Banca Etruria ammette: «Clienti forse non informati»

di dipocheparole

Pubblicato il 2015-12-13

L’inchiesta di Civitavecchia sulla morte di Luigino D’Angelo punta ad Arezzo

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L’inchiesta della procura di Civitavecchia sulla morte di Luigino D’Angelo punta ad Arezzo. Dopo le dichiarazioni rilasciate a Repubblica da un ex bancario di Banca Etruria, il Corriere oggi racconta la deposizione del direttore di filiale di Banca Etruria, il quale davanti ai magistrati ha ammesso di non sapere se i clienti fossero stati informati della rischiosità dell’investimento:

Le dichiarazioni più interessanti per gli inquirenti sarebbero proprio quelle del direttore della filiale, che ha confermato un dato emerso inizialmente, forse riferito dai familiari e dunque tutto da verificare. Che cioè, benché tenuti a farlo per legge, i vertici della filiale (ma solo di quella?) non avrebbero spiegato dettagli e rischi di quell’operazione. «Per quanto riguarda le azioni — ha spiegato — tutti sanno che si tratta di un investimento che può provocare perdite rispetto al capitale iniziale. Riguardo alle obbligazioni posso invece dire che non so se i clienti fossero stati effettivamente informati dei rischi che correvano». Quanto basta per avvalorare il sospetto che in realtà non solo i D’Angelo non furono informati, ma anzi sollecitati ad accettare le nuove condizioni.

obbligazioni subordinate arbitrato

Il riepilogo del Sole 24 Ore sulle obbligazioni subordinate (12 dicembre 2015)


 

Il direttore di Banca Etruria ha fornito dettagli, ripercorso retroscena e spiegato trucchi del mestiere sui quali far leva per la vendita di obbligazioni subordinate ingannevoli, a partire dal nome che evoca un titolo sicuro. È un primo indizio — dubbi del genere erano stati sollevati solo dalle associazioni dei consumatori — ma già sufficienti per far fare un salto di qualità alle indagini, portandole forse anche oltre i confini di Civitavecchia. Cambiano gli interrogativi, infatti. La questione ora diventa: il cliente che acquista è consapevole del rischio connesso all’investimento? Oppure, fidandosi di prospetti ingannevoli forniti dall’istituto di credito, gioca a un tavolo truccato? Ed è la direzione centrale della banca a imporre questo protocollo alquanto truffaldino? Un percorso del genere porterebbe gli investigatori ad Arezzo, sede centrale di Banca Etruria, la stessa sulla quale i magistrati di Roma hanno avviato verifiche un anno fa.

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