Si scrive autonomia regionale si legge spacca-Italia

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-02-12

Il governo si appresta a rivelare i contenuti dell’intesa con le tre regioni del Nord (Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia) che hanno chiesto l’Autonomia da Roma e dallo Stato Centrale. Ma se il governo del Popolo (italiano) dovesse accettare tutte le richieste dei Presidenti di Regione assisteremmo alla nascita di un’Italia divisa in due, tra ricchi e poveri

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«Io, da autonomista, non posso dirvi di fare l’autonomia. Spetta a voi decidere», così Matteo Salvini agli abruzzesi dopo la vittoria del centro destra alle regionali. Più o meno nelle stesse ore il Presidente del Veneto Luca Zaia lanciava un appello affinché «tutte le regioni, soprattutto dal Sud, chiedano l’Autonomia » e raccontava ai giornalisti che «c’è qualche Ministero che ha un po’ di ritrosie» sulla questione dell’Autonomia di Veneto e Lombardia.

Cosa chiedono le regioni che vogliono l’Autonomia

Anche il Presidente dell’Emilia-Romagna – l’altra regione del Nord che ha chiesto l’autonomia – Stefano Bonaccini, ha parlato «di forti resistenze in alcuni ministeri. Con alcuni è stato impossibile il confronto perché non si sono neanche presentati agli incontri». La scadenza del 15 febbraio, quando il governo dovrà presentare le sue proposte alle richieste delle Regioni è dietro l’angolo ma mancano ancora i pareri del Ministero dell’Economia. Un dettaglio non di poco conto visto che tra le richieste delle Regioni c’è proprio quella di poter trattenere più risorse sui territori limitando i trasferimenti allo Stato centrale. L’intesa, assicurano tutte le parti interessate dalla trattativa, ci sarà e così arriverà la tanto attesa e promessa autonomia regionale. Una promessa fatta in primis dalla Lega ma sostenuta – nel momento del referendum del 2017 – anche da MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico.

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L’Autonomia è in un certo senso la contropartita che la Lega chiede in cambio del Reddito di Cittadinanza, un provvedimento che i leghisti da sempre considerano di stampo assistenzialista e destinato per lo più alle regioni del Sud Italia. Se nel Mezzogiorno i soldi arriveranno con il RdC al Nord invece arriveranno (o meglio: rimarranno) grazie all’autonomia. Cosa significa però Autonomia? Cosa chiedono le Regioni?

La lista è lunga, Veneto e Lombardia hanno chiesto più poteri su tutte le 23 materie (entro i limiti esatti dell’articolo 117 della Costituzionee delle risorse per gestirle che possono essere tecnicamente trasferite dallo Stato alle Regioni; l’Emilia-Romagna solo per 15 di queste. Quanto vale il pacchetto in termini di soldi? Ventuno miliardi di euro. Roba da far impallidire lo stanziamento per il Reddito di Cittadinanza.

Così l’Autonomia diventerà la secessione delle regioni ricche

Tra le richieste di Lombardia e Veneto ci sono – ad esempio – il trasferimento dallo Stato alle Regioni della gestione delle infrastrutture autostradali e stradali in capo all’ANAS ma anche di aeroporti come Malpensa o il Marco Polo di Venezia. In questo modo sarebbero loro e non lo Stato gli enti concedenti. Non male per il governo del ministro Danilo Toninelli, quello che vuole “nazionalizzare” le autostrade (che sono già nazionalizzate ma date in concessioni ad enti concessionari appunto). Le competenze trasferite alle Regioni verranno ovviamente tolte proprio al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di Toninelli. Le Regioni del Nord però si vogliono prendere tutto. Stiamo parlando di patrimoni che sono sì all’interno di quelle Regioni ma che – al pari delle strade – sono stati pagati e mantenuti con i soldi di tutti i cittadini italiani che vi hanno contribuito con le tasse.

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Nella lista della spesa ci sono le opere d’arte: tesori come il Cenacolo di Leonardo a Milano, i palazzi sul Canal Grande a Venezia e tutti quei gioielli museali che attualmente fanno capo al governo statale e che con l’autonomia potrebbero passare a quelli regionali. Il Messaggero – che ha avuto modo di prendere visione delle bozze riservate dell’intesa – parla di  passaggi in cui viene richiesto il trasferimento delle competenze per la «valorizzazione dei beni culturali e ambientali, promozione e organizzazione  di attività culturali». Va da sé che maggiore è il numero di competenze trasferite maggiore sarà il numero di decimi di Irpef che le Regioni potranno chiedere allo Stato di mantenere sul territorio per poter finanziare la spesa derivante dalla gestione delle materie diventate oggetto di governo regionale. Non a caso, sempre nella bozza riservata, si legge che le Regioni chiedono «l’attribuzione delle relative risorse umane, finanziarie, e strumentali».

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Sempre sul Messaggero Gianfranco Viesti parla di una secessione dei ricchi che sancirà la fine del Servizio Sanitario Nazionale e la regionalizzazione della scuola pubblica. Perché tra le competenze richieste ci sono anche quelle. E se maggiori risorse rimarranno al Nord, ricco, sarà più difficile al Sud, povero, sostenerne i costi visto che dipenderanno in misura crescente dal gettito fiscale regionale. Ma la colpa della spaccatura dell’Italia non è certo solo di Lega e M5S, perché anche l’Emilia-Romagna a guida PD si è assestata sempre di più sulle posizioni autonomiste delle due regioni a trazione leghista. La questione è davvero geopolitica e territoriale e va oltre gli schieramenti. Rimane un unico ostacolo: la definizione dei costi. Qualche tempo fa il ministro per gli Affari regionali Erika Stefani ha dichiarato che «il trasferimento di ciascuna competenza alla Regione avverrà sulla base del suo costo storico e cioè di quanto ha speso finora lo Stato per gestirla in proprio, secondo una sorta di clausola di invarianza di bilancio». Ma la vera autonomia, quella sognata da Zaia, si avrebbe solo se ci si basasse sul costo standard che premia le regioni più virtuose in grado di risparmiare risorse e non sprecare.  Non a caso Zaia ha fatto subito sapere che «siamo disponibili a ragionare solo sui costi standard», ma per il momento il governo non sembra intenzionato a cedere, si vedrà in futuro, tra cinque anni. Potrebbe essere questo piccolo cavillo l’unico intoppo in grado di bloccare l’ingranaggio dello spacca-Italia.

 

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