L’autista degli imprenditori di Bergamo che tornavano da Wuhan senza controlli
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2020-06-28
L’uomo è stato sentito dalla procura di Bergamo. E ha raccontato di aver portato a casa tantissime persone che arrivavano da zone a rischio senza controlli: «Ho iniziato ad accompagnare anche clienti Covid a Milano per fare esami»
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Paolo Berizzi racconta oggi su Repubblica la storia di un autista di Noleggio con conducente (NCC) chiamato solo con le iniziali M. C. che racconta il suo lavoro di febbraio e di marzo: i due mesi durante i quali la falce del virus, nella Wuhan italiana con epicentro la Val Seriana, ha colpito più duro. L’uomo è stato sentito dalla procura di Bergamo.
«Tra febbraio e marzo ho fatto 3mila e 700 chilometri. Ho preso imprenditori della Val Seriana di ritorno dalla Cina e li ho accompagnati dall’aeroporto a casa. Arrivavano a Orio al Serio, Linate, Malpensa. Quando, con il lockdown, gli aeroporti hanno chiuso, sono andato a recuperare i clienti in Svizzera — a Zurigo, o a Lugano per i jet privati — e a Nizza. Perché tanti clienti di rientro hanno dovuto volare su questi scali. Poi macchina fino a Bergamo». Si ferma un attimo. Aggiunge: «Mi chiedevo — visto che presto si è capito che il coronavirus girava nella Bergamasca ben prima del 21 febbraio e che le aziende della Val Seriana hanno rapporti stretti con la Cina — perché queste persone, che tornavano da Pechino, Shanghai, Wuhan, Shenzhen, non venissero messe in quarantena. La stessa domanda se la sono fatta anche i miei colleghi».
![ospedale di alzano focolaio coronavirus 2](https://static.nexilia.it/nextquotidiano/2020/04/ospedale-di-alzano-focolaio-coronavirus-2.jpg?imwidth=828&imdensity=1)
Il driver ha osservato e assistito alla strage orobica del Covid 19 (6mila morti, di cui 670 in città, ndr) da una prospettiva particolare: il suo posto di guida. «Non abbiamo mai smesso
di lavorare». Già. Perché dalla chiusura decisa dal governo e entrata in vigore il 10 marzo era esentato anche il trasporto pubblico non di linea, taxi e Ncc.
Lo stupore dell’autista — per come lo descrive ora — non era solo riferito ai mancati “filtri” su imprenditori e uomini d’affari di rientro dalle aree da dove il coronavirus è partito. «Ho visto tantissimi studenti, Erasmus e non, che atterravano a Orio al Serio, accolti dalle famiglie al completo. Mamme, papà, fratelli, nonni. Baci e abbracci e zero controlli». Siamo ancora a febbraio. «Ho fatto 3mila chilometri in un mese». Il 12 marzo il governo chiude 23 aeroporti italiani. Come cambia, a quel punto, il lavoro degli Ncc che caricano clienti per 90 centesimi a chilometro? «Nizza, Zurigo, Lugano. Molti si sono fatti venire a prendere lì. Anche al confine. Un’auto dall’aeroporto. Un’altra, la mia, dal confine. Hanno rivisto i piani di viaggio in base a divieti e chiusure». Quanto hanno contribuito questi “ritorni” non mappati — un combinato aereo-auto Ncc — a diffondere il virus a febbraio nelle valli bergamasche? E che succede quando i contagi impazzano?