Come hanno preso gli elettori della Lega e del M5S l’ipotesi dell’appoggio esterno di Forza Italia

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-04-20

I pentastellati temono che un Salvini che non molla Berlusconi finirà per diventare un “burattino” nelle mani dell’odiato Caimano. Gli elettori del centrodestra non vogliono spaccare la coalizione e temono che la proposta dell’appoggio esterno sia un modo per allontanare la Lega da Forza Italia e per indebolire Salvini

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La trama dell’appassionante psicodramma politico della formazione del prossimo governo si arricchisce di un nuovo elemento: l’appoggio esterno. Ad aprire all’appoggio esterno di Forza Italia ad un eventuale governo targato Lega Nord e MoVimento 5 Stelle è stato ieri il pentastellato (e fedelissimo di Di Maio) Alfonso Bonafede che a Piazza Pulita ha detto che “non è un problema l’appoggio esterno di Berlusconi”. Silvio Berlusconi aveva invece detto ieri “l’appoggio esterno non esiste in natura”.

Bonafede apre all’appoggio esterno di FI ad un governo M5S-Lega

Improvvisamente quindi, nell’era dei contratti “alla tedesca” (un escamotage per evitare disperatamente che si possa parlare di inciucio), i voti di fiducia del “male assoluto” e di Forza Italia fanno comodo, anzi, non sono minimamente un problema. Il problema dell’appoggio esterno è – parafrasando Romanzo Criminale – che se c’è qualcuno che appoggia c’è anche qualcuno che spinge.

Per Bonafede c’è una bella differenza tra l’appoggio esterno di Verdini agli ultimi governi PD e un eventuale appoggio esterno di Forza Italia ad un governo a guida Luigi Di Maio. La differenza è nel fatto che ci sarà un contratto. Anzi, il famoso contratto “alla tedesca” che vincolerà in maniera indissolubile i contraenti.

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Chi conosce anche solo vagamente le cose della politica sa che di contratti del genere ne sono stati firmati tanti e che nessuno è mai stato considerato vincolante. Prima o poi bisognerà anche andare a fondo delle motivazioni circa l’ossessione dei pentastellati per i contratti. Fino ad ora tutti quelli partoriti dall’inventiva di Di Maio e dello Staff – quello “aiuta famiglie” che impegna tutte le forze politiche a varare leggi a favore della famiglia, contratto “anti voltagabbana” e quello di rinuncia alla proclamazionenon sono serviti a nulla.

L’appoggio esterno “innaturale”

Oggi a Omnibus su La7 la capogruppo dei pentastellati alla Camera, l’onorevole Giulia Grilli, ha però detto che l’eventuale appoggio esterno “non è necessario per avere la fiducia del Parlamento” perché un governo M5S-Lega avrebbe la maggioranza dei seggi. Ed è senz’altro vero, come è vero che per ora Salvini non si vuole allontanare da Fratelli d’Italia e Forza Italia. Perché Salvini è il leader (ma non troppo visto che non può fare tutto quello che vuole) del centrodestra solo fino a che c’è un centrodestra unito. Fuori dalla coalizione con Berlusconi e la Meloni invece i suoi voti valgono meno di quelli del MoVimento 5 Stelle con il rischio abbastanza prevedibile di essere messo in minoranza.

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D’altra parte il MoVimento 5 Stelle ha bisogno di andare al governo, e se l’alternativa è quella di imbarcare Berlusconi (senza concedere ministeri e poltrone a Forza Italia) allora il M5S farà buon viso a cattivo gioco accettando di sporcarsi le mani con i voti di quei cattivoni di Forza Italia.

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Non è detto però che la mossa faccia piacere all’elettorato. Né a quello di centrodestra, che rivendica il 37% delle politiche e che si vedrebbe così “commissariato” dal M5S e da Luigi Di Maio né a quello dei 5 Stelle, che forse non sono ancora pronti a sacrificare la loro “superiorità morale” e purezza in nome della realpolitik e per il bene del Paese (cosa che del resto ha fatto il PD durante la scorsa legislatura con i risultati che si sono visti poi alle urne).

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Curiosamente i timori degli elettori di entrambi gli schieramenti sono simili. Da una parte i 5 Stelle temono che se non riescono a “staccare” la Lega da Berlusconi e Forza Italia alla fine l’appoggio esterno del Caimano si possa rivelare fatale. Che garanzie ci sarebbero ad esempio che Salvini non faccia “quello che gli dice di fare Berlusconi”? In fondo i due governano assieme in regioni importanti come Veneto, Liguria e Lombardia nonché in diverse città.

L’appoggio esterno che nessuno vuole ma di cui tutti hanno bisogno

Difficile che Salvini butti a mare un’alleanza del genere, e allora cosa succederà? Qualcuno teme che Berlusconi, lasciato “alla finestra” finirà per rivestire il ruolo di burattinaio. Con Salvini a coprirgli le spalle qualora si dovessero votare leggi sul conflitto d’interessi o altri provvedimenti che vanno a toccare i molti interessi di Berlusconi. Non certo un buon viatico per il “governo del cambiamento” promesso dai pentastellati. L’appoggio esterno rischierebbe così di diventare un “concorso esterno” con il “mafioso” Berlusconi.

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Se per gli elettori del M5S quello dell’appoggio esterno è un “tranello” la musica non cambia quando si va a sbirciare nello schieramento opposto. Contratto o meno nessuno si fida della controparte ovvero di chi dovrebbe diventare l’alleato di governo.

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Gli italiani vogliono Matteo Salvini premier, è la parola d’ordine. Altri temono che un governo Lega-M5S con i leghisti in minoranza non reggerebbe a lungo e finirebbe per avvantaggiare la conquista del Nord da parte dei pentastellati. Lo spauracchio del governo tecnico, dei professoroni che fanno quello che dice l’Europa spaventa sia grillini che leghisti e forse questo è l’unico argomento forte per compattare i due elettorati (se non fosse che anche un governo tecnico ha bisogno di una maggioranza, che oggi non c’è).

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