Il Grande Sacco di Alitalia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-02-14

La storia dell’indagine che vede tra gli imputati Montezemolo, Laghi e Mustier. I soldi spesi in banchetti e catering mentre la compagnia falliva. E la saga di un’azienda che insegue un record: oggi ha due amministrazioni straordinarie aperte contemporaneamente

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«Oggi Roma è più pulita, oggi lo Stato suggella due anni di lavoro, oggi finalmente viene fuori lo scempio vero scoperto sulla più grande bancarotta di Stato. Ci ho messo il cuore, hanno tentato di fermarmi in tutti i modi al Ministero. Ma io avevo con me la GdF ed il dott. Martinazzo»: con questo post su Facebook Gaetano Intrieri un paio di giorni fa ha espresso tutta la sua soddisfazione per l’avviso di conclusione indagini sul crac di Alitalia.

La Grande Truffa di Alitalia

I reati contestati, a vario titolo, sono quelli di bancarotta fraudolenta aggravata, false comunicazioni sociali, ostacolo alle funzioni di vigilanza, falso in atto pubblico. Ventuno gli indagati: dirigenti, componenti del consiglio di amministrazione, commissari e consulenti che nel corso di quasi tre anni, dal 2014 al febbraio del 2017, si sono alternati alla guida della società. A rischiare il processo, gli ex ad Silvano Cassano, Luca Cordero di Montezemolo e Cramer Ball, l’ad di Etihad James Hogan, ma anche l’amministratore delegato di Unicredit, Jean Pierre Mustier, e la vice presidente di Confindustria Antonella Mansi perché passati dal consiglio di amministrazione di Alitalia. Tra gli indagati c’è Enrico Laghi a cui viene contestato, tra le altre cose, di aver raccontato il falso al ministero dello Sviluppo economico quando ha accettato l’incarico di commissario dell’azienda.

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Alitalia, le perdite (Il Sole 24 Ore, 7 gennaio 2020)

L’accusa più grave è quella che riguarda il falso in bilancio, perché secondo i magistrati manager e consiglieri di amministrazione che si sono avvicendati avrebbero fornito «falsamente dati di segno positivo difformi dal vero, consentendo il progressivo aumento dell’esposizione debitoria». In questa maniera, secondo i pm, «cagionavano o comunque concorrevano a cagionare il dissesto della società, anche aggravandolo». Nello specifico, la Guardia di Finanza ha individuato plusvalenze fittizie per 136 milioni e 700 mila euro nel 2015 e per 83 milioni nel 2016. In questa maniera hanno potuto attestare «falsamente di rispettare le previsioni del piano industriale 2015-2018». La vigilanza non è riuscita a intervenire in tempo perché alcuni di loro (Mustier, Laghi e Mansi) avrebbero raccontato bugie sulla effettiva situazione «economica patrimoniale o finanziaria della società» all’Enac, «occultando con mezzi fraudolenti fatti che avrebbero dovuto comunicare». Le accuse principali ai consigli di amministrazione che si sono succeduti tra il 2015 e il 2017, spiega oggi Repubblica, sono due.

.Nel 2015 avrebbero iscritto a bilancio per 21 milioni due coppie di “slot”, «i diritti di atterraggio e ripartenza sulla tratta Roma-Londra», scrivono i magistrati, che in realtà valevano molto di più. E questo il cda, secondo la magistratura, lo sapeva bene. In mano avevano un accordo con Etihad in cui si stabiliva che quegli slot valevano 60 di milioni e che sarebbero stati ceduti a Etihad. Da dove veniva fuori quella cifra? Da una perizia, scrivono i pm, «peraltro redatta da personale della stessa Alitalia» e che era, per la Procura, pacificamente concordata. A meno che il cda di Alitalia non fosse anche in grado di leggere nel futuro.

La cifra indicata nella perizia – 21 milioni – viene infatti contabilizzata a bilancio tre giorni prima del deposito della consulenza. Come facevano a conoscerla, si chiedono i magistrati? Certo è che per Alitalia è un grande affare. Qualche mese dopo, infatti, vendono gli slot a Etihad per 60 milioni e in queste maniera riescono a iscrivere a bilancio una plusvalenza da 39 che consente ai conti di essere più presentabili. In realtà, il grande affare lo fa Etihad che compra per 60 quello che, stando ai consulenti dei pm, valeva in quel momento 4-5 volte di più.

I soldi spesi in banchetti e catering mentre Alitalia falliva

Ieri Repubblica ha raccontato i soldi spesi in banchetti e catering mentre Alitalia falliva: si davano 133.571 euro alla società «Relais le Jardin» quale fornitrice del catering «in occasione delle riunioni del consiglio di amministrazione». Altri 458mila euro si spendevano per quattro eventi aziendali inizialmente pagati da Etihad e«successivamente e indebitamente riaddebitati da quest’ultima a Alitalia Sai». Pur alle prese con problemi manageriali gravosi e una contabilità penosamente in rosso si volle dar seguito a una «cena di gala» alla Casina Valadier di Villa Borghese a Roma. Il costo? Ben 5.961 euro. Una circostanza contestata come bancarotta per distrazione nella chiusura delle indagini sul vettore di via della Magliana e sulla gestione Montezemolo-Colaninno. Racconta oggi Repubblica:

La procura di Civitavecchia e gli uomini del nucleo di Polizia economico-finanziaria della guardia di Finanza di Roma ricostruiscono così, in 26 pagine di avviso di conclusione delle indagini, la vera storia del crac Alitalia. I reati contestati, a vario titolo, sono quelli di bancarotta fraudolenta aggravata, false comunicazioni sociali, ostacolo alle funzioni di vigilanza, falso in atto pubblico. Ventuno gli indagati: dirigenti, componenti del consiglio di amministrazione, commissari e consulenti che nel corso di quasi tre anni, dal 2014 al febbraio del 2017, si sono alternati alla guida della società.

A rischiare il processo, gli ex ad Silvano Cassano, Luca Cordero di Montezemolo e Cramer Ball, l’ad di Etihad James Hogan. Ma anche l’amministratore delegato di Unicredit, Jean Pierre Mustier, e la vice presidente di Confindustria Antonella Mansi perché passati dal consiglio di amministrazione di Alitalia. Tra gli indagati c’è Enrico Laghi a cui viene contestato, tra le altre cose, di aver raccontato il falso al ministero dello Sviluppo economico quando ha accettato l’incarico di commissario dell’azienda. «Aveva detto – ricostruiscono i magistrati – di non aver prestato collaborazione ad Alitalia nei due anni antecedenti. E invece era stato loro consulente, emettendo un parere» sul prezzo delle azioni. Le accuse principali riguardano, però, i falsi in bilancio. Manager e consiglieri di amministrazione che si sono avvicendati avrebbero fornito «falsamente – si legge negli atti – dati di segno positivo difformi dal vero, consentendo il progressivo aumento dell’esposizione debitoria».

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In questa maniera, secondo i pm, «cagionavano o comunque concorrevano a cagionare il dissesto della società, anche aggravandolo». Nello specifico, la Finanza ha individuato plusvalenze fittizie per 136 milioni e 700 mila euro nel 2015 e per 83 milioni nel 2016. In questa maniera hanno potuto attestare «falsamente di rispettare le previsioni del piano industriale 2015-2018». La vigilanza non è riuscita a intervenire in tempo perché alcuni di loro (Mustier, Laghi e Mansi) avrebbero raccontato bugie sulla effettiva situazione «economica patrimoniale o finanziaria della società» all’Enac, «occultando con mezzi fraudolenti fatti che avrebbero dovuto comunicare».

Il pozzo senza fondo della compagnia

E oggi? Alitalia, racconta Sergio Rizzo su Repubblica, è l’unica compagnia al mondo ad avere due amministrazioni straordinarie contemporaneamente aperte:

La prima delle quali sta per compiere 12 anni, ed è una specie di assicurazione sulla a vita per intere categorie professionali. Fra gennaio e giugno 2019 se ne sono andati 946 mila euro per spese legali e consulenze, al ritmo di un paio di milioni l’anno. Ma dal 2008 si devono ancora chiudere 7 filiali delle 60 in giro per il mondo, in Paesi problematici come Libia, Nigeria e Venezuela. E i commissari dicono che serviranno ancora due anni almeno.

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Alitalia, Delta, Lufthansa: il confronto (Il Messaggero, 28 novembre 2019)

Poi la vendita degli immobili rimasti, ma che – a quanto pare – nessuno vuole se è vero che in quattro anni l’offerta minima è stata ridotta a quasi metà. Infine, il contenzioso: immenso. Ben 107 cause revocatorie, 34 per le somme pagate dopo l’insolvenza, quindi le pendenze con il personale. Così la data prevista per la “definizione dei contenziosi”, senza cui la prima amministrazione straordinaria non si può archiviare, viene definita dai commissari semplicemente: “Non stimabile”. Poi c’è la seconda amministrazione straordinaria, e sarà un nuovo film.

Auguri a tutti noi.`

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