Alitalia e le pause caffè da 900 euro

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-12-28

La conclusione delle indagini su Alitalia per i debiti dal 2015 al 2017 e dell’accusa di bancarotta fraudolenta nei confronti dei tre manager che hanno guidato l’azienda fino alla dichiarazione di insolvenza

article-post

Simone Di Meo su La Verità oggi racconta la conclusione delle indagini su Alitalia per i debiti dal 2015 al 2017 e dell’accusa di bancarotta fraudolenta nei confronti dei tre manager che hanno guidato l’azienda fino alla dichiarazione di insolvenza: si tratta di Silvano Cassano, Luca Cordero di Montezemolo e Mark Ball Cramer. Il lavoro inquirente, condotto dalla Procura di Civitavecchia (procuratore Andrea Vardaro e pm Allegra Migliorini e Mirko Piloni) e da quella di Roma (aggiunto Gustavo De Marinis) ha affondato il bisturi in particolare nella gestione araba della nostra compagnia di bandiera. Quella che faceva capo alla società emiratina Etihad che, nel 2015, entrò nel capitale sociale con il 4.9 per cento lasciando la maggioranza alla Cai-Midco di cui facevano parte istituti di credito come Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, Intesa San Paolo, e colossi imprenditoriali come Atlantia della famiglia Benetton.

Tra il 2015 e i primi due mesi del 2017, Alitalia accumulò qualcosa come 900 milioni di euro di debiti che portarono in negativo il patrimonio netto per 111 milioni di euro (stima al 28 febbraio 2017) spalancando le porte al default. Scelte scellerate di politica industriale, errori di valutazione del management e manovre di gestione poco chiare, a cui si aggiunge il sospetto di falsi contabili, hanno dissanguato la società. Che, proprio come l’orchestrina del Titanic che continuava a suonare mentre il transatlantico affondava, non si è accorta di nulla. E ha proseguito a bruciare una quantità incredibile di denaro. Sarebbe troppo facile sostenere che i debiti hanno letteralmente mangiato l’azienda se non fosse che i debiti sono stati fatti anche per mangiare in azienda.

Prova ne sono le fatture agli atti del procedimento emesse da Relais le Jardin, una delle ditte di catering più importanti di Roma con un portafoglio clienti che va dalla Banca d’Italia alla presidenza della Repubblica, che il nostro giornale ha potuto visionare. E che descrivono perfettamente l’atmosfera che regnava nel quartier generale della compagnia di bandiera uscita, da poco, dalla burrasca affrontata dai «capitani coraggiosi» che, nel 2014, avevano registrato una perdita secca di due miliardi di euro. Per una pausa caffè del Consiglio di amministrazione (16-17 maggio 2016) e un «light lunch» (una specie di spuntino) Alitalia pagò la bellezza di 1.537 euro. Per un «welcome coffee». in un famoso studio legale della Capitale. vennero sborsati invece 1900 euro.

alitalia spese

Per un pranzo leggero, la media era di circa 1.500 euro al giorno, almeno. D’altronde. il coffee break più economico costava non meno di 900 euro. Nulla però in confronto ai 72.000 euro che vennero spesi dall’azienda per il catering per l’evento del 18 maggio 2016 presso l’Auditorium Parco della Musica, a Roma. Solo per il cocktail pomeridiano furono necessari 25.00o euro a cui aggiungere una somma identica per «allestimento, materiali e servizio» e altri 3.800 euro peri «67 metri di barriera verde». Più frugale fu invece il pasto – lo stesso giorno – presso Io Spazio nazionale eventi: «solo» 27.000 euro. Di cui 20.000 per il ‘cocktail rinforzato».

Leggi anche: Lucia Azzolina: lo zero in matematica della candidata ministra dell’Istruzione

 

Potrebbe interessarti anche