L'Accademia della Crusca e il congiuntivo di Di Maio

di dipocheparole

Pubblicato il 2018-01-21

Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, ha rilasciato oggi un’intervista alla Stampa nella quale ha spiegato che le elezioni uccidono l’italiano e il campione è il MoVimento 5 Stelle. Particolarmente divertenti le sue osservazioni riguardo Luigi Di Maio: «Quegli strafalcioni meritano un discorso a parte. Perché usciti dalla bocca di un candidato premier dei Cinque …

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Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, ha rilasciato oggi un’intervista alla Stampa nella quale ha spiegato che le elezioni uccidono l’italiano e il campione è il MoVimento 5 Stelle. Particolarmente divertenti le sue osservazioni riguardo Luigi Di Maio:

«Quegli strafalcioni meritano un discorso a parte. Perché usciti dalla bocca di un candidato premier dei Cinque stelle diventano un manifesto». Cioè? «Vedete, dice Di Maio, io maltratto la lingua italiana esattamente come voi, non sono uno della Casta».
Non ci dica che l’ha fatto apposta…
«Non dico questo, ma una cosa così anche se lascia l’uso corretto dell’italiano agonizzante sotto la cornice azzurra di Facebook, alla fine porta voti. Peccato, comunque che certe espressioni non vengano pronunciate durante un dibattito, se non altro qualcuno si indignerebbe».

claudio marazzini accademia della crusca m5s
L’intervista a La Stampa di Claudio Marazzini

Il professor Marazzini spiega e sostiene una tesi un po’ complottista secondo la quale chi “sbaglia” congiuntivi ha una carta forte da giocare in chiave di antipolitica:

Ci sarà pure una lettura più raffinata di certe uscite….
«Di Maio insegna: dietro una comunicazione semplificata si avverte il profumo dell’antipolitica: l’uso impreciso dell’italiano è una carta forte da giocare, come ben spiegava Umberto Eco nella sua fenomenologia di Mike Bongiorno, che incarnava fortemente un senso di mediocrità diffusa».
Quindi?
«“L’uno vale uno” lanciato dai 5 stelle trova in questa sintassi elementare la sua perfetta realizzazione».

Per quel poco che vale, qui ci si permette di dissentire. Non è che l’ignoranza sia una carta forte da giocare: semplicemente, per l’elettorato il fatto che un candidato sia debole in italiano non sembra essere rilevante ai fini della fiducia nei confronti dello stesso. Il che è sbagliato, perché di solito chi parla male, pensa male.

Leggi sull’argomento: «Io non ho nulla da cui scusarsi se non si dovrebbero scusare quei radical chic»

 

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